Online delivery: la Commissione Europea a tutela dei lavoratori

I nuovi obiettivi dell’UE per migliorare le condizioni del lavoro sulle piattaforme digitali

Ogni giorno, migliaia di cittadini europei utilizzano servizi di online delivery offerti dalle piattaforme digitali, da Deliveroo, a Just Eat a Uber. E ogni giorno, migliaia di cittadini europei lavorano attraverso le stesse piattaforme per offrire questi servizi.

Con esattezza, le persone che nell’UE lavorano attraverso piattaforme digitali sono più di 28 milioni ed entro il 2025, il loro numero dovrebbe raggiungere i 43 milioni. 

Tuttavia, circa il 55% delle persone che lavorano tramite piattaforme guadagna meno del salario orario minimo netto del Paese in cui lavorano. In media, questi professionisti  trascorrono 8,9 ore a settimana svolgendo attività non retribuite, come per esempio la ricerca di attività e l’attesa di incarichi, contro le 12,6 ore di attività retribuite.

Ad oggi, con la definizione “persona che lavora tramite piattaforma digitale”, si identificano tutti i lavoratori le cui mansioni sono organizzate tramite piattaforma, senza distinzione sul loro status lavorativo legale, ovvero lavoratore, lavoratore autonomo o qualsiasi status di terza categoria.

Se pensate che oltre il 90% delle piattaforme di lavoro digitali nell’UE classifica queste persone come “lavoratori autonomi”, ciò vuol dire che dei 28 milioni di persone stimate, 5,5 milioni potrebbero essere attualmente classificate erroneamente. 

Di conseguenza, a questi lavoratori non correttamente riconosciuti vengono negati i diritti sociali e lavorativi che deriverebbero da uno status occupazionale. Come per esempio il diritto a un salario minimo o il riconoscimento di ferie, malattia e infortuni.

Insomma, si tratta di vero e proprio caporalato 2.0

Come è possibile garantire, quindi, condizioni di lavoro e termini di contratto trasparenti e giusti senza limitare però la crescita del lavoro sulle piattaforme digitali nell’UE?

Il 9 dicembre, la Commissione Europea ha discusso proprio di questo, proponendo nuove misure per regolamentare meglio il lavoro sulle piattaforme digitali.

La proposta direttiva si pone tre obiettivi principali:

  • determinare correttamente lo stato occupazionale;
  • migliorare la trasparenza nell’uso degli algoritmi da parte delle piattaforme;
  • aumentare la trasparenza, la tracciabilità e l’applicazione dei termini e delle condizioni dei contratti a seconda del Paese in cui viene sottoscritto.

Per determinare lo status occupazionale dei lavoratori, la proposta direttiva della Commissione fornisce un elenco di criteri di controllo per determinare se la piattaforma è un “datore di lavoro”. Se la piattaforma soddisfa almeno due di questi criteri, si presume legalmente che sia un datore di lavoro. In questo caso, le persone identificate come “dipendenti” godrebbero di diritto a un salario minimo (ove esiste), alla contrattazione collettiva, all’orario di lavoro e alla tutela della salute, il diritto a ferie retribuite o un migliore accesso alla protezione contro gli infortuni sul lavoro, la disoccupazione e le indennità di malattia, nonché le pensioni di vecchiaia contributive.

Allo stesso tempo, le persone classificate come reali lavoratori autonomi otterranno maggiore chiarezza su termini e condizioni di contratto, in modo da comprendere meglio i meccanismi alla base dell’assegnazione degli incarichi. Ciò dovrebbe migliorare la sicurezza e la prevedibilità del loro reddito.

Il secondo obiettivo è stabilire un nuovo insieme di diritti per le persone soggette a gestione algoritmica nel lavoro della piattaforma, tra cui il monitoraggio umano sul rispetto delle condizioni di lavoro e il diritto di impugnare le decisioni automatizzate. Questi nuovi diritti saranno concessi sia ai lavoratori che ai veri lavoratori autonomi.

Il terzo obiettivo è creare maggiore trasparenza sulle piattaforme, imponendo l’obbligo di dichiarare il lavoro alle autorità nazionali e chiedendo alle piattaforme di mettere a disposizione le informazioni chiave sulle loro attività e sulle persone che vi lavorano. Molto spesso infatti le autorità nazionali hanno difficoltà ad accedere ai dati sulle piattaforme e alle persone che vi lavorano. Ciò è ancora più difficile quando le piattaforme operano in più Stati membri, il che rende poco chiaro dove viene svolto il lavoro sulla piattaforma e da chi.

La Commissione, inoltre, invita gli Stati membri, le parti sociali e tutti gli attori interessati a presentare misure concrete per migliorare le condizioni di lavoro nelle piattaforme. Il suo scopo è sfruttare i vantaggi della trasformazione digitale e proteggere l’economia sociale di mercato europea.

Qui trovi anche il podcast a cura di Elena Noventa!