Il supporto dell’UE alla Repubblica di Moldova
“L’Unione Europea esprime la sua piena solidarietà alla Moldova”, ha affermato Charles Michel, in visita il 4 maggio a Chisinau. Ha poi proseguito, rivolgendosi alla Presidente della Repubblica di Moldova, Maia Sandu, eletta nel 2020: “È nostro dovere aiutare e supportare il vostro Paese, aumentare il nostro contributo alla vostra stabilità, sicurezza, sovranità e integrità territoriale. Quest’anno abbiamo in programma di incrementare in modo significativo il nostro sostegno, fornendo alle forze armate moldave ulteriori equipaggiamenti militari.”.
Il supporto dell’UE riguarda, oltre agli aiuti militari, anche la lotta alla disinformazione e agli attacchi informatici. Il motivo? Il timore di un allargamento dell’offensiva russa alla Moldova.
Dal 24 febbraio questo piccolo Paese, confinante con l’Ucraina, si è ritrovato nelle condizioni di dover accogliere 450 mila profughi ucraini, un numero enorme se rapportato alla popolazione moldava, composta da appena 3.500.000 abitanti. L’UE ha stanziato 13 milioni di euro in programmi umanitari e altri 15 per la gestione dei flussi migratori. Infine, da marzo, è attiva nel Paese anche una missione di Frontex, l’agenzia dell’UE dedicata al controllo delle frontiere.
Il 3 marzo scorso la Moldova aveva presentato la domanda di adesione all’UE. A giugno dovrebbe essere pronto il parere della Commissione al riguardo, come confermato dal commissario UE per il Vicinato e l’allargamento Olivér Varhelyi.
Nelle scorse settimane, però, sono state registrate alcune esplosioni nella regione moldava della Transnistria: gli obiettivi erano un edificio del governo locale a Tiraspol (la capitale), due antenne radio e una struttura militare.
La Transnistria perché è importante?
La Transnistria (che etimologicamente significa “oltre il fiume Dnestr/Nistro”), chiamata ufficialmente Repubblica Moldava di Pridnienstrov, è giuridicamente una regione moldava, ma di fatto è uno Stato indipendente, non riconosciuto da nessuno dei Paesi membri dell’ONU.
La regione, prima parte della Repubblica Socialista Sovietica di Moldavia, dichiarò la sua indipendenza il 2 settembre 1990. Qui erano concentrate la maggior parte delle industrie della Moldova, mentre la restante parte del Paese era prevalentemente agricola. Inoltre, il 90% dell’energia elettrica dell’intera Repubblica di Moldova proveniva dalla Transnistria.
Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, una parte dell’esercito russo rimase nella città di Tiraspol, dove si trovava un importante arsenale e un deposito di munizioni che era essenziale salvaguardare.
La perestrojka e la questione linguistica
Le radici del conflitto nel territorio moldavo risalgono agli anni ‘80, quelli della perestrojka, quando emerse un forte nazionalismo moldavo, indisposto a dialogare con le minoranze russe e ucraine che fino ad allora avevano avuto una forte influenza nella politica locale. Inoltre, in quegli anni, il governo moldavo si mostrava interessato ad un percorso di unificazione con la Romania.
La questione linguistica ebbe un ruolo centrale nel conflitto che nacque tra i moldavi e le minoranze presenti nella regione. Negli anni di passaggio che portarono alla nascita della Repubblica di Moldova furono varate diverse leggi che introdussero l’alfabeto latino per la scrittura moldava (durante il regime sovietico era stato imposto l’uso dell’alfabeto cirillico) ed eliminarono il russo dalle lingue ufficiali.
Queste scelte nette di allontanamento da Mosca provocarono molte proteste nella parte orientale del paese, soprattutto nella regione della Transnistria e della Gagauzia, dove il russo era la lingua parlata dalla maggioranza della popolazione. Nello specifico secondo il censimento tenutosi nel 1989, la regione della Transnistria era composta per il 40% da moldavi, dal 58% da russi e ucraini e dal 2% da bulgari.
Il 24 agosto 1991 la neonata Repubblica di Moldova dichiarò la sua indipendenza dalla ormai dissolta Unione Sovietica, includendo nel suo territorio anche quello della Transnistria, la quale però, il giorno successivo, affermò di essere indipendente dallo stato appena costituitosi.
Il conflitto tra Moldova e Transnistria
La guerra tra la Repubblica della Moldova e della Transnistria iniziò il primo marzo 1992. L’esercito moldavo, pur con l’aiuto di alcuni volontari rumeni, all’epoca era molto debole e fu sconfitto in pochi mesi. L’altra fazione invece, composta da civili russi e ucraini, ebbe l’appoggio delle forze della quattordicesima armata russa, le quali erano rimaste a Tiraspol, nonostante il parlamento moldavo avesse intimato al Cremlino di ritirarle. Un accordo di cessate il fuoco fu stipulato nel luglio del 1992, dopo la perdita di oltre 700 vite umane.
Da allora la Moldova non ha mai potuto esercitare un effettivo controllo o un’influenza sulle autorità della regione vicino al fiume Dnestr. È stata istituita una zona di sicurezza tra i due territori, sotto il controllo di una Forza di pace congiunta (formata da militari russi, moldavi e transnistriani).
Il Cremlino ha sempre sostenuto la Repubblica Moldava di Transnistria, pur non avendola ancora riconosciuta, come invece ha fatto recentemente con le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk.
Gli USA e l’UE hanno invece sempre appoggiato il governo moldavo e applicato delle misure restrittive contro il governo dello stato secessionista.
Nel territorio della Transnistria si respira tuttora l’aria del socialismo sovietico: un’enorme statua di Lenin si erge davanti al palazzo del governo. La bandiera ufficiale, rosso-verde-rosso, presenta una falce, un martello e una stella rossa contornata di giallo.
“Missione di mantenimento della pace”
La presenza dell’esercito russo nella regione secessionista, circa 1500 uomini, è giustificata dal Cremlino come “missione di mantenimento della pace”. Dal 2016 una legge entrata in vigore in Transnistria punisce con la reclusione coloro che criticano, anche per mezzo dei mass media, tale missione. Mosca, poi, può contare sull’appoggio dei soldati transnistriani, che si stima possano essere oggi tra le 4500 e le 7500 unità.
Ma i soldati russi non possono raggiungere la regione, in quanto sia il governo ucraino che quello moldavo bloccano l’accesso alle forze militari russe e la Transnistria non ha accesso al mar Nero. Per questo, oggi, c’è chi suppone che tra le ambizioni di Putin ci sia quella di conquistare tutta l’Ucraina meridionale, per poi ricongiungersi alla Moldavia, occupandola.
Come interpretare le esplosioni in Transnistria?
Le esplosioni che si stanno registrando dalla fine di aprile 2022 nella repubblica secessionista sono state definite dal governo transnistriano come “attacchi terroristici”. Al contrario il governo ucraino sostiene che questi ultimi sono stati compiuti dalle stesse forze filorusse per creare un pretesto per una possibile invasione dell’Ucraina da ovest, data la vicinanza di Odessa, la più grande città portuale ucraina.
La preoccupazione di molti è che la Moldova possa diventare il prossimo obiettivo militare della Russia, tanto volenterosa di tutelare la popolazione russofona, da decidere di invadere un altro Stato sovrano e indipendente.
Non ci sono dati che possano far pensare che la popolazione russofona in Moldova sia discriminata, ma non è più una novità il fatto che Putin usi pretesti folli.
Scritto da Nadiya Antentyk