È difficile rendere fedelmente un capolavoro come il Don Chisciotte della Mancia. Tra le tante trasposizioni prodotte nei decenni, abbiamo scelto l’ultima, L’uomo che uccise don Chisciotte (The man who killed don Quixote), di Terry Gilliam, uscito nelle sale nel 2018.
L’ “ingenioso hidalgo” di Cervantes è un elogio alla follia. Chi avrà la pazienza e il tempo di leggere l’intero romanzo (entrambe le parti del romanzo) apprezzerà senza dubbio le caratteristiche di don Chisciotte in tutte le sue declinazioni e sfumature che Gilliam ha cercato di riprodurre. Il regista si dimostra grande conoscitore dell’opera e la rivisita in chiave contemporanea, servendosi di essa, come in una sorta di metaletteratura, per trarne le ambientazioni cavalleresche.
La narrazione immaginaria di cavalieri, dame e attori
Ritroviamo, perciò, gli emblematici mulini che diventano giganti, le aperte campagne, i castelli, i locus amoenus in cui vivono le bellissime ninfe, le locande di un “luogo della Mancia” che stavolta ha un nome: Los Sueños. La maggior parte dei personaggi di questo mondo un po’ immaginario un po’ ricostruito, fatto di cavalieri, duchi, dame, “mori”, pastori, prigionieri e zingari, vengono riproposti abbastanza fedelmente. Altri, come il produttore, il regista e gli attori, vengono inventati di sana pianta: trascendono la narrazione originale perché stanno cercando di farne uno spot a imitazione di un film già girato. Tra tutti, è opportuno menzionare la strepitosa interpretazione di Jonathan Pryce, già visto ne Il Trono di Spade, un vecchio calzolaio che davvero ricorda don Chisciotte così come nell’opera originale: un hidalgo (il rango meno elevato tra i cavalieri) amante della letteratura medievale cavalleresca di Lancillotto, Ginevra e Re Artù, che decide di vagare per il mondo e riportarvi la giustizia.
Il nuovo Sancho
Sancho, il suo fedele scudiero, è Toby (Adam Driver), il regista americano che cerca di trarre ispirazione dal Chisciotte nel girare lo spot pubblicitario. Toby non è Sancho, è un regista che a seguito di circostanze particolari e fortuite si ritrova su un mulo a vagare con quel calzolaio che anni prima aveva assunto, il quale crede veramente di esser Don Chisciotte. Una cosa in comune con Sancho, Toby ce l’ha: è la maturazione che acquisirà nel corso della vicenda, che insegnerà a entrambi il rispetto per il loro caro padrone e cavaliere. Toby, che affronterà circostanze insolite e fuori dagli schemi, imparerà a pensare come don Chisciotte e ci rivelerà una sensibilità in lui latente. In un mix tra realtà e finzione, personaggi mascherati e luoghi incantati, la dama che i due andranno a liberare non sarà Dulcinea del Toboso ma la bella Angelica (Joana Ribeiro), la figlia di un locandiere scappata di casa per inseguire il sogno madrileno.
La pazzia, le immagini e la musica
Cosa ci lascia L’Uomo che uccise Don Chisciotte? Sicuramente, quell’eterno e irrisolto tema della pazzia, il dubbio se chi sembra pazzo sia veramente tale. Chi potrà uccidere Don Chisciotte sarà solamente chi lo ha creato, nessun altro. Ma era pazzo, Don Chisciotte? O semplicemente cercava nuove avventure per fuggire da una realtà che non gli andava a genio? La questione è aperta, l’interpretazione liberissima.La scenografia, stupenda, ci mostra una Spagna profonda, la Spagna delle processioni della Semana Santa delle aldeas, dei campi aridi e incontaminati, con castelli, antiche chiese e ruderi disseminati qua e là. Il tutto accompagnato dalle musiche di Roque Baños, che vale senz’altro la pena ascoltare e riascoltare, magari come accompagnamento alla lettura del testo originale.
Jessica Noli