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Cinema e psicanalisi: Lost Highway di David Lynch

In occasione della 92ª cerimonia dei Governors Awards, che ogni anno premia alcune delle personalità più importanti del mondo del cinema, il regista David Lynch ha ricevuto l’Oscar onorario alla carriera.
In questa analisi riscopriremo una delle sue pellicole forse meno note, ma in cui sono già presenti l’attenzione al surreale, il complicato rapporto tra fabula e intreccio e la dimensione onirica, che caratterizzano lo stile di Lynch. Stiamo parlando di Lost Highway, film del 1997 con Bill Pullman, Patricia Arquette, Balthazar Getty e Robert Loggia tra gli attori principali. Quello che stiamo per intraprendere è un viaggio nell’universo e nella mente di Lynch, ed è un percorso che attraverserà anche il campo della filosofia e della psicanalisi. 

Breve accenno all’intreccio del film 

Fred Madison (Bill Pullman), un musicista Jazz che vive con sua moglie Renee (Patricia Arquette), si alza e risponde al citofono. Una voce dice dall’altra parte: “Dick Laurent è morto”. Da quel momento in poi, la coppia riceve strane videocassette che riprendono i due mentre dormono, tuttavia la polizia non riesce a scoprire nulla. Fred inizia a dubitare della fedeltà della moglie Renee e, dopo poco, si ritrova in carcere accusato di uxoricidio anche se non riesce a ricordare nulla dell’accaduto.

Un giorno nella cella, al posto di Fred, compare Pete (Balthazar Getty) e da qui ci si addentra nella sua storia. Pete è un meccanico che si invaghisce di Alice (Patricia Arquette), compagna di un famoso boss della mafia, Mr. Eddie (Robert Loggia). Pete e Alice, temendo le conseguenze del loro gesto, decidono di scappare insieme e uccidere un amico, Andy, per derubarlo e rifarsi una vita.

Regia, temi e suoni

Questo thriller dalle tinte noir rappresenta una vera e propria fuga psichica senza inizio né fine: lo dicono le prime e ultime immagini del film che mostrano una strada immersa nella notte, illuminata solo dai fari di un’auto che viaggia senza sosta. Non esiste un punto di arrivo e tutto sembra destinato a ripetersi. Le atmosfere oniriche della storia sembrano mettere in secondo piano l’ottima interpretazione degli attori che diventano simboli nelle mani di Lynch: il piacere, l’erotismo, la violenza, l’ambiguità. Ciò che emerge con più forza, invece, è la destrutturazione della fabula, talmente potente da rendere il film un prodotto difficilmente comprensibile, in cui le “strade perdute” sono forse i tentativi che compie lo spettatore per orientarsi nella trama.

L’angoscia esistenziale viene trasmessa dal regista nella prima parte del film tramite una serie di inquadrature insolite degli ambienti interni: in diagonale, per comunicare un senso di oppressione. L’oscurità è dominante e le dissolvenze che separano le scene ci avvicinano sempre di più alla dimensione del sogno. I dialoghi rarefatti ne sono un esempio ancora più evidente. La seconda parte del film è invece caratterizzata da una fotografia più luminosa e alcune scene assumono toni scherzosi. In questo scenario delirante il suono riveste un ruolo fondamentale: è evocativo.

Come dimenticare una delle scene più intense del film, l’atto sessuale tra Pete e Alice accompagnato dal brano “Song to the siren” che si trasforma pian piano in un suono oscuro e disturbato? I brani che accompagnano il film sono quelli di Angelo Badalamenti, Trent Reznor, Marilyn Manson, Danny Lohner e anche di David Bowie e dei Rammstein. Tutto contribuisce a scardinare i punti di riferimento della storia e lo spettatore affronta un viaggio verso l’ignoto e l’inconscio. Ma quest’ ultimo merita un’analisi a parte.

L’altro: il dualismo e la psicanalisi

La dimensione dell’altro emerge nella seconda parte di Lost highway, in cui  tutti i personaggi diventano altri rispetto a sé: si sdoppiano in figure speculari e opposte. Innanzitutto, Fred appare quasi incapace e impotente di fronte alla vita, non è in grado di agire e lascia scalfire il suo orgoglio dagli altri. Trasformandosi in Pete, il giovane meccanico che si ritrova inspiegabilmente nella sua cella, diventa ciò che non riesce ad essere.

Pete è un altro ideale: fa un lavoro manuale per il quale riceve numerosi riconoscimenti, è giovane e non ha relazioni o particolari vincoli e può permettersi di soddisfare qualsiasi impulso o desiderio; Pete intrattiene una relazione sessuale con Alice, Fred non può fare lo stesso con la moglie Renee e, nella coppia, è proprio lui la persona più debole che viene ferita e tradita. Nella vicenda che riguarda Pete, invece, tutto si svolge in modo opposto: Pete è l’amante e Mr. Eddie il compagno tradito. 

Renee/Alice

Renee/Alice è il personaggio chiave attorno a cui ruota tutta la vicenda. Renee è la moglie traditrice bloccata in un ruolo che deve essere punito, mentre Alice rappresenta l’oggetto del desiderio di Pete ed è un possesso simbolico per Mr. Eddie che la esibisce come un trofeo. Inoltre, se Renee poteva ricordare la protagonista di un film noir con capelli neri e abiti scuri, Alice è invece la classica bellezza appariscente, bionda e con un abbigliamento decisamente provocante. Le inquadrature che la ritraggono nella seconda parte del film la rendono una vera e propria femme fatale: quando parla al telefono con Pete le sue labbra vengono incorniciate da un’ombra scura rendendola sensuale e misteriosa. 

Dick Laurent/Mr. Eddie

Dick Laurent/Mr. Eddie è un personaggio la cui influenza viene totalmente arginata nella seconda parte del film. Pete diventa l’amante della sua compagna e il gangster, pur minacciandolo più volte, non fa nulla per impedirglielo. È piuttosto vecchio e, nei confronti del ragazzo, Mr. Eddie ha quasi un atteggiamento paterno e protettivo. Tuttavia, nel momento in cui Pete si trasforma di nuovo in Fred, Mr. Eddie diventa Dick Laurent, e vengono mostrati i suoi lati più oscuri, ovvero le orge e i film porno violenti a cui partecipava anche Renee. 

Psicanalisi: una chiave interpretativa

L’altra chiave interpretativa viene fornita dalla psicanalisi, perché Lost Highway è un film in cui i vincoli causali e spazio-temporali vengono meno e lo spettatore, attraverso la propria immaginazione, può supporre e completare ciò che ha visto utilizzando così lo stesso metodo interpretativo impiegato dalla psicanalisi.

Addentrandoci nella storia, è facile individuare la suddivisione tra Io, Es e Super Io e le dimensioni del conscio e dell’inconscio che si alternano senza sosta, creando il ritmo del film. L’Io è rappresentato da Fred, che tenta di mettere ordine nella sua psiche, l’Es è il personaggio misterioso di aspetto pallido e inquietante che compare nei punti più rilevanti della storia ed è la violenza nella mente di Fred; infine, il Super Io è Mr.Eddie/Dick Laurent, protettivo e spietato al tempo stesso. In una scena lo vediamo minacciare violentemente un autista che ha tentato di superarlo. Il fatto che sottolinei con un’insensata foga l’importanza del codice stradale rappresenta i limiti dell’Io posti dalla natura, dalla realtà esterna, dalla società, dalla legge e da tutto ciò che limita l’Io nella sua interazione con gli impulsi più nascosti.

Lost highway è dunque un film che difficilmente si dimentica perché il tema del dualismo è affrontato in modo innovativo rispetto alla tradizione, ed emerge con forza l’identità di Lynch come regista. Siamo di fronte ad un cinema che si allontana dalla razionalità, che distrugge la trama, gli ambienti e i personaggi e porta alla luce ciò che normalmente resta nascosto nella propria mente. L’illusione di poterlo comprendere fino in fondo è ciò che permette di districarsi tra sogno e realtà.

Silvia Taracchini