Regia di Basil Dearden, USA 1966, 134’
Nel film Khartoum ritroviamo quelle tematiche, in linea rappresentativa, che abbiamo già visto in Lawrence D’Arabia: la dicotomia noi-loro, quella categorizzazione di un noi eurocentrico e un loro “inferiore”, abbinata all’orientalismo eccessivo che raffigura un “Oriente” sottosviluppato nettamente diverso dall’Occidente sviluppato.
Anche questo film vi è una rappresentazione stereotipata dell’altro, una rappresentazione che occorre decostruire per comprendere la storia, già di per sè mai lineare.
Khartoum appare nelle sale circa vent’anni dopo il termine dei mandati in Africa e in Oriente, mentre l’impero coloniale inglese durerà ben oltre, fino al 1962. Possiamo, quindi, affermare che il film appare quattro anni dopo la fine degli imperi, di tutti gli imperi coloniali della storia, e non dobbiamo dunque sorprenderci se ancora è viva la visione dell’”africano selvaggio”. Khartoum, in sostanza, non si discosta poi tanto dalla visione odierna dell’Islam.
Khartoum racconta la storia della rivolta mahdista del 1884, che vede scontrarsi i rappresentanti delle due fazioni di quello che viene comunemente ed erroneamente definito “accordo anglo-egiziano” : l’Egitto, che è protettorato inglese dal 1882, e la popolazione del Sudan, che è guidata dal Mahdi (interpretato da un magistrale Laurence Olivier), il leader carismatico di una confraternita sufista (il sufismo è un orientamento dell’Islam mistico ed esoterico, ndr). Ma che ruolo ha l’Egitto “alleato” in questa storia? E’ fondamentale o è un elemento di background?
In linea con la rappresentazione dicotomica, ci vengono presentati senza sorprese sia protagonisti che gli antagonisti: il Mahdi sudanese, rozzo, selvaggio e superstizioso, e il Gordon Pasha inglese (Charlton Heston), il classico salvatore, portatore di civiltà e libertà, ambizioso e grande ammiratore del Sudan, che a suo tempo aveva pacificato. “il salvatore” non resiste alla tentazione ed accetta la missione di salvare i suoi alleati e compatrioti a Khartum, città minacciata dalle truppe ribelli, esaltate dal Mahdi e pronte alla strage.
Particolarmente interessante è il personaggio del Mahdi, l’uomo illuminato che utilizza un linguaggio islamico e che, secondo una lettura partigiana – nostra – viene reso a fondamentalista e integralista islamico.
Un tema di interesse attuale che viene più volte ripreso nel film è la religione, una religione portata agli estremi che diventa causa perenne di conflitto, una religione appiattita di un popolo monolitico e a-storicizzato, ignorante e incivile. Una popolo di fanatici, dunque? Islam e fanatismo diventano un’equazione e spesso si fa riferimento a una categoria di “maomettani” (un errore della traduzione in quanto non ci sono, e non possono esserci dei “maomettani” dell’Islam). Quindi, oltre alla costruzione dell’analogia cristiano-islamico, in Khartoum l’Islam viene costruito in quella forma stereotipata che dopo duecento anni mantiene gli stessi tratti, senza distinzioni e senza rispetto per il diverso, fornendoci una chiave di lettura pervasiva di fenomeni sociali per cui qualunque cosa – di selvaggio o sbagliato o contro natura – faccia la popolazione, la fa perché è islamica.
Un film dalla narraziona forte – Karthoum – i cui significati, però, ritornano sempre declinati in chiave negativa e con ottica tipica occidentale, simile a quella odierna. Infatti, quando emerge il tema dell’immigrazione, questa viene accentuata nella sfumatura che conosciamo e che, già cinquant’anni prima, utilizzava gli stessi richiami che fino a ieri (o fino a stamattina), abbiamo letto nel quotidiano: invasioni, orde, ingiustizie. Molto interessante il termine “orde”, uno dei pochi vocaboli dall’etimologia turca – ordu, in turco – che significa “esercito”, quindi rafforza lo stereotipo di un’immigrazione che “ci assale”, che “va combattuta.”.In conclusione, anche Khartoum si rivela una rappresentazione del tutto funzionale di un Islam negativo frutto di una visione anglocentrica, un Islam esotico e analizzato come qualcosa a sé stante, sicuramente diverso dalle altre religioni. In aggiunta, la Gran Bretagna che rispetta l’Egitto è un altro falso storico che ci fa capire quanto sia relativa la categorizzazione noi-loro, cercando di far risultare l’Occidente il “buono” della narrazione.
Jessica Noli