CineSpecial – Lawrence d’Arabia

Storico, Gran Bretagna, 1962, 212’

Il film è una rappresentazione hollywoodiana di uno dei personaggi che hanno fatto la storia del comunemente definito “Medio Oriente”: Thomas Edward Lawrence, interpretato da Peter O’Toole. Un personaggio controverso, un giovane ufficiale inglese mediatore ante litteram che, servendosi della sua cultura e della conoscenza approfondita del Corano, ha contribuito alla formazione dell’ideologia – controversa – più profonda della pretesa di accomunare tanti popoli diversi tra loro: l’arabismo.

Vincitrice di ben 7 premi Oscar – miglior film, regia, fotografia, scenografia, montaggio, sonoro e colonna sonora – la pellicola inglese del 1962 è diretta da David Lean.

Durante la prima guerra mondiale, esattamente nel 1917, vengono stipulati gli accordi Sykes-Picot, accordi del tutto informali che riguardano la spartizione del Medio Oriente in due grandi zone di influenza da parte degli imperi coloniali di Francia e Gran Bretagna. L’impero ottomano, alleato della Triplice Alleanza (Germania, Impero Austro-Ungarico e Bulgaria), sta combattendo contro la Triplice Intesa, quindi contro l’Inghilterra imperialista che ha già stabilito dei protettorati in gran parte delle province ottomane. Gli inglesi, da parte loro, cercano di fomentare un panarabismo nascente e Lawrence, il protagonista, darà il suo grande contributo, incitando alla ribellione delle forze di guerriglia arabe.

Il preambolo è necessario e spero non noioso: è fondamentale per comprendere il significato della pellicola e tutto ciò che racchiude in sé, altrimenti risulterebbe difficile capire la complessità del protagonista e dei personaggi che gli gravitano attorno.

La bellissima fotografia di Freddie Young ha meritato il premio Oscar così come l’ altrettanto accattivante scenografia di John Box, John Stoll e Dario Simoni, anch’essa vincitrice dell’ambita statuetta dorata. Il film è una sequenza di immagini rese indimenticabili anche grazie alla musica ispiratrice di Maurice Jarre.

Eppure la bellezza non è tutto. Il paesaggio, monolitico e completamente statico, è rappresentato come una realtà stereotipata: è la rielaborazione di un punto di vista eurocentrico. E questa è una prima induzione che possiamo trarre dall’“europeismo ingenuo”, a ripresa della formula dell’islamista Maxime Rodinson. Un mondo bellissimo, mitico, epico ma senza storia, immutato e immutabile.

Lawrence, da buon protagonista di una grande sceneggiatura hollywoodiana, è dotato di superiorità morale e intellettuale; è un eroe, una figura carismatica colta, saggia, impavida e, allo stesso tempo, umana. Un ottimo mediatore che saprà convincere e condurre una manciata di soldati arabi verso Aqaba, la celebre roccaforte marittima ottomana sul mar Nero, e a Damasco. Attraverserà il deserto, vincerà molteplici battaglie, sarà il condottiero dei “popoli di Allah”.

Lawrence, che verrà rinominato “Orens” dalle popolazioni locali, è un mito, un messia, un condottiero verso la “libertà”. Il prototipo dell’ “uomo bianco”, biondo con gli occhi azzurri,è un aspetto relativo alle reali fattezze del personaggio storico; il vero artificio che lo contraddistingue dagli altri personaggi è la scelta dell’abbigliamento, dato dall’utilizzo dell’indumento tipico bianco, il thawb, che rimembra la figura di un angelo. Il tutto contribuisce a formare la descrizione perfetta di una figura caritatevole e pietosa per gli “amici arabi”.

Una figura così angelica e celestiale si contrappone al suo perfetto antagonista; è un noto topos della rappresentazione cinematografica che si basa sulla polarizzazione “noi”-“loro”. il “noi” si basa sul punto di vista eurocentrico che abbiamo appena descritto; il “loro” è lo stereotipato personaggio “arabo” senza alcun tipo di caratterizzazione.

Gli inglesi vengono raffigurati come personaggi articolati e complessi, mentre gli arabi appaiono statici, senza passato, senza cultura, proprio come lo stesso paesaggio che li circonda: sono personaggi rozzi, barbari, disumani e selvaggi che vengono infantilizzati e resi ingenui. Il fatto stesso che la loro percezione di “Oriens” sia vicina all’idea di messia, ci riporta all’immaginario collettivo dell’arabo superstizioso e molto tradizionalista, che va in contrasto con la modernità inglese. Mentre il mondo inglese è associato alla virilità, il mondo arabo ci appare completamente appiattito e possiede, nella generalità totale, i tratti con cui generalmente è definito dal mondo occidentale.

Insomma, un protagonista inglese complesso è messo a confronto con un popolo senza tempo e senza civiltà.

Interpretazione, la mia, che ha delle basi linguistiche evinte dalle denominazioni dei dialoghi: gli arabi sono “beduini”, “ladri di pecore”, “avidi, barbari e crudeli”, che “non conoscono la potenza delle armi moderne”, “servi”, “popolo piccolo e sciocco”, “bestie”. A questo si aggiunge tutta una ridicolizzazione dell’abbigliamento, degli usi e dei costumi, in cui il saccheggio “è usanza”.

Anche gli altri personaggi sono stereotipati, come i turchi, dediti alla violenza e alla sodomia, violenti con Lawrence perchè bianco di pelle – anche se sarebbe potuto essere tranquillamente un Circasso – e disertore, frustato sotto lo sguardo soddisfatto del generale.

Viene fatta un’unica eccezione per quanto riguarda la rappresentazione degli arabi: l’emiro Faysal, il saggio che “ripensa ai perduti giardini di Cordoba”, è un personaggio di spessore che rispecchia, a grandi linee, le caratteristiche di Lawrence, senza mai, però, oscurarne la presenza.

In conclusione, il personaggio di Lawrence è l’eroe mediatore tra la cultura pragmatica inglese e quella cerimoniosa araba. Alcune delle sue parole, ben pensate, rivelano la reale critica al colonialismo inglese del regista, dieci anni prima della decostruzione di un cosiddetto “Oriente” ad opera di Edward Said. Riporto una battuta particolarmente interessante: “Ha detto tutto senza aver detto niente. Questa è politica!”.

Jessica Noli