1994, tre ragazzini e un giuramento solenne: quello di non lavorare, mai.
Questo è il filo conduttore del film Sempre meglio che lavorare diretto da Luca Vecchi e uscito al cinema il 21 gennaio 2016. I protagonisti della storia sono Luca Vecchi, Luigi Di Capua e Matteo Corradini, in arte i The Pills, il trio di youtubers che ha portato su grande schermo un film leggero e frizzante, dalla comicità sottilissima.
I tre amici sconfiggono l’attanagliante passare del tempo seduti attorno a un tavolo a fumare canne e bere caffè, in un appartamento a Roma. Il loro incubo più grande? Mettere la sveglia alle 7.30 e avere responsabilità. A trent’anni, vedono i loro coetanei incredibilmente affranti per un futuro diverso da quello che si aspettavano. Loro non lo sono affatto, perché hanno la stessa voglia di spaccare il mondo di quando erano piccoli: nessuna. Eppure, nel loro piccolo universo in bianco e nero, senza che succeda nulla, può succedere tutto. Ed effettivamente, appena immersi nel loro mondo (4 mura, un tavolo e una cucina) siamo circondati da scene in bianco e nero, il marchio di fabbrica del trio romano.
Il film cerca di proporre qualcosa di nuovo, ma forse di già visto. Il percorso per la realizzazione del prodotto cinematografico inizia dalla creazione di un canale YouTube con la pubblicazione di brevi video, lungometraggi e una web serie, per poi concludersi nelle sale cinematografiche con quello che molti hanno definito uno sketch allungato.
In realtà, come ammettono i The Pills durante un’intervista su BadTaste.it, le scene sono un incrocio tra uno sketch comico (come quelli del loro canale social) e un film vero e proprio, con una narrazione quasi inesistente che però mantiene una sua dignità. Lo stile è riformato e molto personale, aggiungerei bizzarro. È un tipo di comicità che piace o non piace, con un linguaggio ben diverso da un classico linguaggio cinematografico.
Persino i protagonisti non sono dei veri e propri attori: sullo schermo viene rappresentata la loro personalità a 360 gradi, niente di diverso da come sono nella loro quotidianità. In poche parole, guardando come si comportano in pubblico nella vita reale, ci si rende conto che i The Pills sono questo, senza ma e senza se: completamente asettici e indifferenti a tutti i problemi che circondano o che potrebbero circondare la loro vita.
Luca, Luigi e Matteo sono tre giovani con caratteri diversi, legati dall’invincibile lotta contro il mondo del lavoro, l’oscuro mondo dei grandi dal quale hanno preso le distanze e continueranno a farlo. Luca è quello un po’ più maturo e sensibile; Luigi è il classico donnaiolo, quello che fa sempre colpo sulle pischelle e dal carattere tosto; Matteo è l’anticonformista della situazione, sua è sempre l’ultima parola. Preso da una crisi di mezza età (se così possiamo definirla) e trascinato da una ragazza conosciuta a una festa, Luca comincia a fare piccoli lavoretti part-time senza riuscire più a smettere.
Il lavoro viene rappresentato come una droga dalla quale non riesce a disintossicarsi. Nobilitare l’animo? No, assolutamente: il lavoro lo fa sballare. Prova anche a farsi assumere dai “bangla”, (gergo romano che definisce il tipico negozio alimentare condotto da extracomunitari, ndr), finché gli amici non lo riportano poi di nuovo sulla giusta via della nullafacenza.
Alcuni temi vengono affrontati con una comicità peculiare. Geniale è, ad esempio, l’espediente dei bambini con la barba che appaiono in alcune scene, che sono delle mini-rappresentazioni del trio; i bambini provano a tenere discorsi da grandi e sono, devo ammettere, anche molto bravi e naturali nella recitazione.
Di impatto è senza dubbio la piccola, ma non per questo insignificante, parte di Giancarlo Esposito, noto attore statunitense conosciuto sicuramente per la parte del villain nella serie Breaking Bad. Giancarlo nel film dei The Pills, recita nella parte del boss dei “bangla”, scelta che sembra azzardata all’apparenza, ma che riesce istintivamente a strapparci un sorriso.
Tutto sommato, The Pills sempre meglio che lavorare, è un’opera prima piacevole alla vista, che resta fedele allo stile sinistro di tre ragazzi romani che il mondo non lo vogliono proprio cambiare, ma che nel loro piccolo riescono a fare la loro parte per distinguersi dalla massa. Se il loro obiettivo è quello di essere pagati per non lavorare, ci stanno riuscendo alla grande.
Miriam Russo