Chi è “il grande Gatsby”? È il protagonista del capolavoro di Fitzgerald, di cui l’ormai intramontabile Leonardo Di Caprio ha saputo interpretare magistralmente ogni tratto. L’attore è riuscito a mettere a nudo i molteplici volti di un personaggio controverso di cui si scoprono le caratteristiche scena dopo scena, tanto da poter permettere alla voce narrante di abbandonare lo spettatore lasciando che si descriva da solo. Gatsby è un personaggio poliedrico, un uomo complesso e con numerosi strati; il Gatsby magnate del mondo finanziario, il re della New York degli anni Venti; il Gatsby amico che ha a cuore le sorti del suo vicino di casa; il Gatsby timido e insicuro; il Gatsby innamorato e addirittura umile. Gatsby, che è antitesi di sé stesso, impegnato in una eterna lotta interiore a causa delle sue scelte passate, ma comunque eroe.
La pellicola è incentrata sul racconto edito durante la psicanalisi del vicino di casa Nick Carraway (Tobey Maguire), narratore onnisciente che svela, tramite l’intreccio, le sfaccettature del protagonista.
Carraway è il protettore di Gatsby, una sorta di angelo custode che lo guida nel suo terribile destino e ne conosce i segreti, dalle origini al successo.
Gatsby ha il denaro, il potere, la possibilità di organizzare feste sfarzose nella sua reggia e di godere di un riconoscimento sociale che va oltre ogni regola; un’unica cosa non possiede: l’amore.
O, almeno, non lo ha più.
Abituato ad ottenere tutto ciò che desidera, farà di tutto per riavere la sua Daisy (interpretata da Carey Mulligan), moglie di un altro uomo. Per lei sarà disposto a spogliarsi da ogni costruzione sociale e morale per tornare alla purezza e all’innocenza di un bambino; lo stesso bambino che aveva incontrato questa donna molti anni prima e che si era ripromesso di diventare adulto proprio con lo scopo di conquistarla. Un percorso difficile. Un percorso che porta al delirio.
Il regista, Baz Luhrmann, sapiente burattinaio nelle tecniche narrative, ci presenta il suo personaggio come un dio e, proprio per questo, non ce lo mostra immediatamente. Ce lo lascia idealizzare, lasciandoci intuire la vita e la personalità del suo protagonista. La suspance cresce e lo spettatore si costruisce un’immagine precisa, pur sapendo di confrontarsi con un carattere misterioso e la cui personalità viene presentata attraverso un anticlimax, un progredire in ordine decrescente di sentimenti, emozioni e tensione narrativa.
Ma non solo gli espedienti narrativi sono magistrali. Ottimi sono anche la scenografia, la fotografia, i costumi e il trucco, accorgimenti che danno un tocco fiabesco, magnifico, colorato alla vicenda. Una policromia e uno scintillare continui che rendono palpabili gli anni d’oro di New York, la sfrenatezza del boom economico, la Borsa in continua crescita: il panorama di una società convinta dell’eternità del sogno americano.
È evidente la critica al capitalismo, alle sue contraddizioni, nonché al materialismo che ha formato una società avida, ipocrita, priva di valori (che non siano quelli azionari) e individualista. E un amaro, conseguente, senso di solitudine.
Non all’altezza, invece, la scelta musicale , poco a che vedere coi tempi del film; rivisitazioni di canzoni attuali, di cui prediligiamo “Young and beautiful” di Lana Del Rey. Forse la scelta delle colonne sonore vuole farci apparire lo stesso film un prodotto contemporaneo, riuscendo a contraddistinguersi dalla solita trasposizione cinematografica di un capolavoro letterario.
Di certo riesce a segnare lo spettatore anche e soprattutto grazie all’interpretazione di Leonardo Di Caprio, attore poco dopo sul grande schermo con un personaggio straripante di altre forme di lusso e sfarzo (e soprattutto con ulteriori crisi economiche ) in “The Wolf of Wall Street”.
Jessica Noli