Sì bellissimi Tarkovskij, Bela Tarr e Lav Diaz, però tutti, dal cinefilo più hardcore all’appassionato dell’ultima ora, abbiamo quei film cucciolosi che ci scaldano il cuore, quelli che sappiamo a memoria e che ogni volta che guardiamo riescono a consolarci e metterci di buon umore: sto parlando dei comfort movies e oggi ho scelto di parlare di Definitely, Maybe.
Non essendo in grado di scegliere un singolo film nella filmografia di Wes Anderson o di Éric Rohmer, nella rubrica di questo mese ho optato per Definitely, Maybe di Adam Brooks perché è un film sicuramente mainstream, ma allo stesso tempo non così famoso, e che ha su di me un fascino quasi inspiegabile.
Definitely, Maybe, o anche How I Met Your Mother in 112 minuti al posto di 4160
Definitely, Maybe sulla carta è una generica commedia romantica americana. La piccola Maya (Abigail Breslin) chiede al padre Will (Ryan Reynolds) di raccontarle la storia di come ha conosciuto sua madre, da cui sta divorziando. Will, inizialmente controvoglia, decide invece di raccontarle la storia delle tre relazioni più importanti della sua vita, senza rivelare i veri nomi delle tre donne, sfidando la piccola a riconoscere la madre nel suo racconto. La madre di Maya potrebbe quindi essere “Emily Jones” (Elizabeth Banks), la ragazza di Will al college, “April Hoffman” (Isla Fisher), che Will ha conosciuto lavorando come volontario per la campagna per l’elezione di Bill Clinton, o “Summer Hartley” (Rachel Weisz), amica di Emily al college e che Will rincontrerà anni dopo, quando aprirà una società di consulenza per campagne elettorali.
La trama di partenza sembra insomma la classica storia sentita mille volte e su cui una serie come How I Met Your Mother ci ha tirato avanti per ben nove stagioni. Che cosa rende Definitely, Maybe diverso, o comunque più interessante, di molte altre generiche commedie romantiche americane?
Definitely, Maybe, o anche un viaggio nostalgico e disilluso nell’America degli anni ’90
Enormi telefoni cellulari, le elezioni di Bill Clinton e il successivo scandalo Lewinsky sullo sfondo, i Nirvana, il grunge e New York. Definitely, Maybe, il cui titolo stesso d’altronde sembra riprendere un album degli Oasis, una delle band più caratteristiche degli anni ’90, è un piccolo viaggio nel tempo in un’America piena di speranze, di vita e di novità. Speranze che vengono via via deluse, portando Will dall’essere un giovane volontario nello staff della campagna presidenziale di Clinton che crede nella politica e nella possibilità di cambiare il mondo, a un uomo stanco e disilluso che risponde con sarcasmo e ironia ai falsi miti che lo avevano acceso in passato.
Definitely, Maybe riesce insomma a fare respirare quell’aria degli anni ’90, con riferimenti culturali, musicali e storici, ma anche con quella sensazione del tempo che passa e che non torna più indietro, creando uno sfondo dolceamaro e malinconico a tutta la storia.
Definitely, Maybe, o anche come costruire personaggi originali costruiti su stereotipi di genere
Nonostante, come si sia già detto, a livello di trama il film non è nulla di particolarmente innovativo, Will e le tre donne attorno a cui ruota il suo racconto alla figlia Maya, sono personaggi che nella loro semplicità risultano ben scritti e affascinanti, e con delle ottime scelte di cast.
“Emily“, “April” e “Summer” non sono solo caratterizzate dal diverso colore dei capelli, ma sono effettivamente dei personaggi con caratteri, storie e vite diverse, che Will incrocia in particolari momenti della sua vita, per poi magari non vederle per anni e tornare all’improvviso, ma in maniera che non appare mai forzata. Che sia la ricerca di April di una particolare copia di Jane Eyre, la relazione di Summer con un anziano professore o il modo in cui Emily accarezza la testa di Will, con pochi gesti il film riesce a raccontare tre personaggi e tre relazioni che non sono solo tre stereotipi prevedibili, ma tre storie originali nella loro semplicità.
Definitely, Maybe o anche un comfort movie dal fascino inaspettato
Accompagnato dalla colonna sonora di Clint Mansell (Requiem for a Dream, Mass Effect), Definitely Maybe è un film che non fa nulla di troppo particolare ma fa tutto giusto. La regia di Adam Brooks, tipicamente Hollywoodiana, riesce nonostante i salti temporali e i livelli narrativi sovrapposti ad essere sempre chiara, e il film scorre tra battute sarcastiche, momenti dolci, fallimenti, citazioni ai Nirvana e disillusione, ma Will, April, Summer ed Emily rimangono sempre comunque un po’ con te.
Mario Monopoli