-W. Hartnell: “Wind and tide wait for no man”
-V. Lambert: “Time and space, Bill”
(An Adventure in Space & Time, 2013)
Ci sono diversi tipi di fantascienza (dal cyberpunk al retrofuturismo) e questo può variare l’approccio del pubblico verso di esso.
Doctor Who non è uno sci-fi digeribile da tutti. Si basa su un modello di serie tv di vecchio stampo, episodi a trama verticale, budget non molto alto e soprattutto è una produzione britannica, con i loro ritmi e british humour lontani dagli standard americani. Ma nonostante tutti i difetti che si possano elencare, ha dato vita ad un fandom accanito, facendo breccia nei cuori delle persone e non senza qualche lacrima. Inoltre, si tratta di una serie entrata nel guinness dei primati: ad oggi, ben 56 anni dalla messa in onda del primo episodio, il 23 novembre 1963. Molti nominano Star Trek come serie tv sci-fi più longeva, ma è partita 3 anni dopo e a differenza di Doctor Who, è composta da diverse serie ambientate nello stesso universo. Perciò, partiamo dall’inizio, shall we?
Serie classica (1963-1989, 1996)
Sfatiamo subito un falso mito italiano. No, la serie classica non è perduta o introvabile: negli anni ‘80 la BBC iniziò un’operazione di riciclo delle bobine e per questo solo alcune delle storie con i primi due Dottori sono andate perdute, ma tutto il resto c’è eccome. Con “Serie Classica” si indicano le stagioni che vanno dalla prima puntata fino all’interruzione nel 1989, incluso il film per la tv del 1989 con l’8° Dottore (Paul McGann) che era un pilot per far ripartire la serie. A differenza della serie contemporanea, gli episodi erano divisi in “archi narrativi” che andavano dalle 4, alle 6 o più puntate. Ideata dal magnate della tv inglese Sydney Newman e prodotta da Verity Lambert, inizialmente Doctor Who era stata pensata come una serie educativa, sfruttando i viaggi nel tempo per poter far appassionare i bambini alla storia (“Marco Polo” è una tra le storie perdute più celebri, riadattata in diversi format). Però non dovevano esserci mostri pupazzosi o robot che rimandassero ai b-movie di fantascienza. Fortuna volle che il secondo arco narrativo, dedicato agli storici Dalek, ebbe un successo di pubblico enorme e questo spinse i piani alti a cambiare le carte in tavola concentrandosi di più su storie con i mostri, pur non abbandonando quelle a sfondo storico. Contrariamente alla Serie Contemporanea, il Dottore era visto come un mentore, piuttosto che un protagonista assoluto. Un’alchimia che con il 12° Dottore (Peter Capaldi) è stata ripresa nella sua stagione finale nel 2017, in cui faceva da professore alla giovane Bill Potts (Pearl Mackie). Più volte ci sono state macrostorie speciali in cui più Dottori si sono incontrati, in cui i vecchi interpreti hanno rivestito ancora una volta i panni dei rispettivi Dottori. “The Three Doctors” e “The Five Doctors” sono i più ambiziosi e amati dal pubblico, mentre “The Two Doctors” con solo il 6° (Colin Baker) e il 2° Dottore (Patrick Troughton) è più dimenticato per via del calo di qualità della serie: la cancellazione di Doctor Who è stata voluta pochi anni dopo dal nuovo direttore della BBC, il quale disprezzava la serie (oltre agli ascolti sempre più in calo). Nonostante il tentativo di rilancio fallito con il film per la TV nel 1996, Doctor Who ha proseguito con una serie di romanzi e con gli audio-drammi prodotti dalla Big Finish, dove gli attori storici sono tornati nei rispettivi ruoli. Così, anche l’8° Dottore ha avuto un posto nei cuori degli appassionati grazie a questi format che continuano ancora oggi, con i Dottori classici protagonisti di nuove avventure.
Serie Contemporanea (2005-)
Solo nel 2005 la serie rivide la luce, con Christopher Eccleston come 9° Dottore. Nuovi volti, nuovi ritmi, episodi a trama verticale che si riallacciano nei finali di stagione sono le nuove caratteristiche. Era un salto nel buio, tant’è che hanno filmato la scena della rigenerazione nel finale della 1°stagione in caso di mancato successo (oltre a delle divergenze tra Eccleston e la produzione). Invece l’accoglienza è stata molto calorosa e il boom è avvenuto con la 10° incarnazione, interpretata da David Tennant, che ancora oggi è spesso considerato come il miglior Dottore insieme a tutte le stagioni sotto lo showrunner Russell T. Davies. Quest’ultimo ha ceduto il posto a Steven Moffat nel 2010, che ha apportato diversi cambi di stile, di marketing e nuovi Dottori (Matt Smith e Peter Capaldi), oltre all’onere del 50° anniversario della serie. Negli anni Doctor Who si è evoluto, diventando una montagna russa di emozioni e intrattenimento, sperimentando talvolta con strutture narrative diverse (la 6° stagione è un enorme puzzle-movie) e possiamo anche dire che qualche lacrima è scesa. È difficile che una serie simile possa tenere insieme così tanti elementi e trovare comunque un motore per proseguire, ma quel motore ha un nome che è sempre stato sinonimo di Doctor Who e che dobbiamo sempre tenere a mente: cambiamento.
Giulio Bruschini