Enter the clones of Bruce: i cloni di Bruce Lee nel Documentario di David Gregory

Quanti film ha fatto Bruce Lee? Decine sicuramente, forse anche centinaia, una quantità difficile da definire. Così probabilmente pensano in molti. In realtà, senza contare i film in cui collabora come coreografo e action director o gli esordi da giovanissimo, i film per cui Bruce Lee è entrato nell’immaginario collettivo diventando una star delle arti marziali in tutto il mondo, oltre alla serie americana di Green Hornet in cui interpreta il mascherato Kato, sono solo 4: Il Furore della Cina Colpisce Ancora (The Big Boss, 1971), Dalla Cina con Furore (The Chinese Connection, 1972), L’Urlo di Chen Terrorizza Anche l’Occidente (Way of the Dragon, 1972) e I 3 dell’Operazione Drago (Enter The Dragon, 1973), che uscirà dopo la morte del leggendario attore hongkonghese, avvenuta il 20 luglio 1973.

Perché allora tutti hanno la sensazione o il falso ricordo che in realtà Bruce Lee abbia fatto mille film diversi? Forse è una questione di pareidolia. Enter the Clones of Bruce, film documentario di David Gregory proiettato alla 26esima edizione del Far East Film Festival di Udine, racconta la storia incredibile della Bruceploitation attraverso interviste ai protagonisti, ad esperti e ad un lavoro di archivio impressionante in grado di associare testimonianze a immagini storiche con precisione e profondità, con un lavoro di montaggio di alto livello. 

Enter the Clones of Bruce: il fenomeno della Bruceploitation

Bruce Le, Bruce Li, Bruce Leung, Bruce Lo, Dragon Lee, sono solo alcuni dei nomi che a seguito della morte di Bruce Lee hanno sostituito la compianta star in numerose opere che non solo riprendevano lo stile dei suoi film ma cercavano di imitarlo perfino nelle fattezze e nello stile di combattimento. I protagonisti, intervistati in occasione del documentario, erano esperti di arti marziali, alcuni coreani, altri birmani, altri ancora taiwanesi, che interpretavano delle versioni alternative di Bruce Lee in numerosi film a basso budget che giocavano con l’estetica del successo di Bruce aggiungendo col tempo una componente comica/trash che si è evoluta in maniera diversa a seconda delle interpretazioni dei vari cloni.

Da film come Goodbye Bruce Lee (un finto ultimo film d’addio di Bruce Lee) e Exit The Dragon, Enter the Tiger, fino a opere come The Dragon Lives Again (in cui Bruce Lee all’inferno, aiutato da Braccio di Ferro, si scontra contro Dracula, James Bond, il Padrino e Clint Eastwood), è difficile non ridere di fronte ai titoli folli, alle locandine dallo stile ambiguo, alla fantasia nei nomi degli alias di Bruce Lee, alla continua creazione di nuovi personaggi e attori (a un certo punto così autoconsapevole da fare un film con diversi cloni dal nome The Clones of Bruce Lee). 

Enter the Clones of Bruce: le testimonianze dei cloni e il racconto di un’industria che non esiste più

Allo stesso tempo al vedere questi personaggi leggendari come Bruce Li, Bruce Le, Bruce Leung e Dragon Lee ormai 70enni intervistati e condividere i ricordi di quegli anni e la storia delle grandi case di produzioni hongkonghesi ormai chiuse e i giganteschi set abbandonati, è impossibile non provare una sensazione di dolcezza e nostalgia verso quel mondo ormai scomparso. Un mondo che dietro all’imitazione (spesso trash) nascondeva storie di persone comuni con una vita tutto fuorché normale, ma che allo stesso tempo nel loro ruolo avevano delle grandi capacità a livello coreografico, dato che dovevano imparare circa 100 e più colpi a inquadratura, mentre nel cinema action attuale, con molti più stacchi di montaggio rispetto all’epoca, l’azione è molto più segmentata e artificiosa.

Tra gli ultimi attori della Bruceploitation c’è anche Jackie Chan, che nel tempo è riuscito a ritagliarsi la propria immagine e identità diventando il personaggio contrario di Bruce Lee: umile piuttosto che sbruffone, imbranato piuttosto che infallibile, divertente piuttosto che seducente. 

Enter the Clones of Bruce: un pezzo di storia del cinema dimenticato da riscoprire

La storia della Bruceploitation e dell’entrata della Cina e di Hong Kong nelle sale cinematografiche americane ed europee rimane però di un fascino incredibile e il lavoro di studio e di rielaborazione di David Gregory, raccontata con un ritmo accattivante, dinamico e divertente, riesce a restituire un’opera che per gli appassionati del genere, ma anche per chi è incuriosito dall’immagine di Bruce Lee e della sua penetrazione nella cultura popolare, è un film assolutamente da recuperare e da seguire con attenzione per segnarsi numerosi titoli a metà tra trash, omaggio e imitazione di cui molti meritano la pena di essere recuperati. 

Mario Monopoli