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Fleabag, oltre la quarta parete.

Prima puntata della prima stagione. Ventisei minuti. In questi, una battuta in particolare: “ho il terribile sospetto di essere una donna avida, pervertita, egoista, apatica, cinica, depravata, moralmente fallita che non merita di definirsi femminista”.

Ok, non fa per me questo concentrato di nichilismo. Chissà perché il primo impulso è stato quello di pensare che fosse un progetto sull’annientamento di sé stessi, in questo macabro contenitore chiamato capitalismo, in cui le relazioni, i sentimenti personali sono sempre dettati all’uso e al consumo. Essere monadi. Ebbene, nulla di più sbagliato.

Finalmente il teatro esce dalla comfort zone del palco

Ideata e scritta da Phoebe Waller-Bridge, Fleabag nasce da un’opera teatrale, con un debutto a Edimburgo nel 2013 e grazie al successo ricevuto viene prodotta dalla Two Brothers Pictures, per il canale BBC Three, assieme ad Amazon. Trasmessa per la prima volta nel 2016, l’episodio pilota viene diretto da Tim Kirkby, per tutti gli altri la firma registica sarà di Harry Bradbeer. La serie è composta da due sole stagioni (2016/2019) di sei puntate l’una.

Fleabag è la storia di una donna senza nome o per lo meno identificabile con il titolo della serie stessa (“sacco di pulci” N.d.A), sulla trentina di anni, che sopravvive alla vita, cercando di far pace con una serie di vuoti talvolta incolmabili, ovvero la perdita della migliore amica e della madre, accompagnata da un padre assente e da un pessimo rapporto con la sorella.

Certo, non è un riassunto esaustivo della trama ma è il punto di partenza per comprendere perché possa, di primo impatto, destare quella sensazione di cinico e distante che potrebbe risultare spiazzante. 

Fleabag è un personaggio umano

Forse, siamo stati sempre abituati a personaggi che in qualche modo fossero familiari o per lo meno giustificabili. Di serie con protagoniste donne, soprattutto negli ultimi anni ce ne  sono state tante ma spesso fuori dal reale, come l’élite in “Girls” o i cliché in “Emily in Paris”. Proprio perché spiazzante meriterebbe un posto nella walk of fame tra le migliori della storia (The Sopranos rimarrà, ad imperitura memoria, la migliore mai scritta e non potrebbe esserci nulla di comparabile). 

Non troviamo alcun riempitivo ma solo narrativa.

I dialoghi sono tra il sarcastico e l’ineludibile, la protagonista ci porta letteralmente con sé nel quotidiano tra relazioni inutili fatte quasi solo di sesso compensativo (nota fondamentale: la classe di questa serie è che il sesso è totalmente esplicito ma senza alcun nudo) e lei è spesso bugiarda, afflitta e, soprattutto, alla ricerca di clemenza ma non certo dello spettatore, bensì del personaggio per sé.

Il successo è solo la punta dell’iceberg di un prodotto ben costruito

Ebbene, qual è il segreto? Letteralmente nessuno. La normalità, la spiazzante veridicità della protagonista, senza alcun edulcorante sociale. Phoebe Waller-Bridge, penna fine ed attrice eccelsa, rompe la quarta parete costantemente, raccontando la storia non per lo spettatore passivo, come magari poteva fare Carrie Bradshaw nelle prime puntate di Sex and City, ma all’auditorio attivo. Si ha spesso la sensazione che si possa suggerirle di fare o no qualcosa per il flusso di coscienza aperto.

Il successo di questa serie è comprovato da numerosi riconoscimenti (oltre ad essere stata citata da Obama come una delle sue preferite) ricevendo quattro Emmy Awards (miglior serie commedia, miglior attrice protagonista in una serie commedia, miglior regia per una serie commedia e miglior sceneggiatura per una serie commedia) e due Golden Globe (miglior serie commedia o musical e miglior attrice protagonista in una serie commedia o musical).

Perché guardarlo? La vera domanda è perché no. Devastante, al limite del conscio, Fleabag è chiunque di noi, in un momento in cui si è al punto di non riuscire a riconoscersi e riconoscere il limite. Fleabag è un capolavoro ed è la serie più brillante degli ultimi anni come non si vedeva dalla prima stagione di Sex and city (con tutti i limiti che oggi riconosciamo a quel prodotto).

Marta Finiti Loddi