I CORTOMETRAGGI DEL JFF: IL GIAPPONE TRA MUSICA E MAGIA
Si sa, il Giappone è terra di incanti, magie e leggende. Ma è anche un luogo frenetico e incredibilmente tecnologicamente avanzato. Tradizione e innovazione si sposano in un ambiente in cui ci si interessa di famiglia, di solitudine, di sfumature e di punti di vista. Tra i corti del Jff tre sono quelli più rappresentativi dell’incontro tra vecchie magie e attuali quotidianità.
THE GIRL FROM THE OTHER SIDE
Corto ispirato alla nota serie di manga omonima, The Girl From the Other Side racconta un incontro singolare tra una bimba candida (nel carattere e nelle vesti) e un demone che si rende conto di quanto la piccola sia lontana da casa, casualmente catapultata in un mondo dove tutto ciò che è puro si trasforma in oscuro e malefico. Il demone teme che la ragazza venga a contatto con qualche essere e che al tocco lei possa trasformarsi in qualcosa di malvagio. Cerca dunque di proteggerla, anche da se stesso, non potendola mai nemmeno sfiorare.
La musica accompagna le immagini, le parole non sono necessarie. Osserviamo il demone prendersi cura della bambina senza mai poterla toccare perché ne guasterebbe la purezza e l’incanto. Tutto quello che vorrebbe fare il demone è solo poterla abbracciare. I piccoli gesti di accudimento senza alcun contatto diretto rendono il corto commovente e straziante, anche nei momenti di massima condivisione, quelli più belli e più intensi. Bene e Male sono uniti ma distanziati, lontani ma molto vicini. Un prodotto filmico meraviglioso, soprattutto in questo periodo, in cui l’assenza di abbracci è una costante problematica quotidiana, anche “in questo mondo”.
DRAWER HOBS
Drawer Hobs è un simpatico cortometraggio in cui una giovane donna si ritrova a condividere la propria casa con sei piccoli bimbi che vivono da secoli nella cassettiera “di famiglia”. La madre della protagonista le invia il mobile senza avvisarla, provocandole qualche turbamento. Inizialmente indesiderato e subito sistemato a fatica in un piccolo monolocale, il mobile nasconde i magici ragazzini che sono verosimiglianti a piccoli folletti tuttofare. La ragazza scoprirà a poco a poco che ognuno dei bambini ha in realtà una sua funzione di crescita per lei.
Kise Kazuchika racconta il passaggio all’età adulta di una ragazza sola, lontana dalla sua città natale per lavoro, sempre di corsa e quasi incapace di trovare il tempo per prendersi adeguatamente cura di se stessa. Improvvisamente, con l’arrivo della cassettiera, la ragazza si ritrova sostenuta dalla forza di un ambiente familiare del tutto nuovo ma che porta con sé l’appartenenza al suo albero genealogico. I bimbi hanno aiutato sua madre e sua nonna prima di lei, rendendo quindi il loro aiuto una vera e propria forma di insegnamento. La loro presenza è straordinariamente in bilico tra realtà e magia, quasi evocata e probabilmente non davvero reale. I bambini che la aiutano nelle faccende domestiche e le insegnano le ricette di famiglia sembrano un modo per farla lavorare meno; in realtà sono il metodo giusto per rievocare in lei le vecchie impostazioni familiari, fungendo da sostituti del rapporto materno di crescita che vivrebbe se fosse ancora nella sua casa, ormai lontana. Un cortometraggio che sembra leggero e banale finchè non se ne scopre il reale significato.
TOKYO MARBLE CHOCOLATE
I punti di vista nelle relazioni sono sempre un dramma. Sempre. Tranne nei film. Nei film possono essere commedia, tragedia, horror o fantastici. Ed è cos’ che possono essere usati per raccontare la stessa storia, d’amore o di rottura che sia.
Tokyo Marble Chocolate racconta un malinteso che nasce frequentemente in amore, dovuto alla solita vecchia causa: l’assenza di comunicazione.
Due ragazzi sono fidanzati ma non riescono a sentirsi sereni con loro stessi. Lui è impacciato e timido e non riesce a comunicare il suo amore. Lei invece non riesce ad accettare quello che prova, tanto da vivere molto male la palese distanza del partner, rendendosi conto di sorridere troppe volte senza essere ricambiata… ignara del fatto che il motivo sia la timidezza del ragazzo.
Il corto si divide in due parti: nella prima seguiamo per 48 ore intere lui, i suoi tentativi di prepararsi a una dichiarazione d’amore e i guai che lo mettono in condizioni di pericolo. Soltanto dopo i titoli di coda conosciamo la storia della ragazza e seguiamo le stesse due giornate dal suo punto di vista: mentre si prepara a lasciare l’amato, incapace di spiegare i tormenti che la affliggono, affronta una serie di difficoltà grazie alle quali si rende conto del senso dell’abbandono che prova. Non vi svelerò il finale (e nemmeno se è lo stesso per entrambi) perché merita una attenta visione. Un piacevole prodotto cinematografico, nonostante molte situazioni siano forzate e poco verosimili, palesemente necessarie per poter incastrare tutte le componenti di entrambe le storie alla perfezione; è il caso della presenza del piccolo asino combina guai, potente animale magico perché caratterizzato da astuzia e imprevedibilità.
Il tocco di classe? La musica rap finale! È vero rap giapponese. Una vera scoperta. La visione della musica giapponese sotto un altro punto di vista, è proprio il caso di dirlo!