“Ci son cascato di nuovo” direbbe il cantante meno politically correct dello scorso Sanremo. Ebbene sì, la Disney c’è cascata di nuovo. Dopo le modifiche effettuate alla storia di Lilli e Vagabondo per il live action e l’acceso dibattito su Mulan, la Disney torna a far parlare di sé. Sembrerebbe quasi una tecnica ben studiata, ormai. Nel mirino stavolta ci sono Peter Pan, Dumbo e gli Aristogatti. Sono stati limitati dall’azienda, sconsigliandone la visione per i più piccini.
Il motivo? Ce lo spiega la Disney stessa:
“Questo programma include rappresentazioni negative e/o denigra popolazione e culture – si legge nel disclaimer dei film – Questi stereotipi erano sbagliati allora e lo sono ancora. Piuttosto che rimuovere questo contenuto, vogliamo riconoscerne l’impatto dannoso, imparare da esso e stimolare il dibattito per creare insieme un futuro più inclusivo“.
Ma a quali elementi “sbagliati” si riferisce la Disney?
Ve lo proponiamo con un gioco! Cosa hanno in comune dei nativi americani, dei corvi neri canterini e un gatto siamese musicista? È semplice: sono offensivi. Incredibile, vero?
Eppure a quanto pare rimandano a degli stereotipi ideologicamente relativi a determinate caratteristiche di specifiche razze. In poche parole? Non si deve chiamare “pellerossa” un nativo americano come succede in Peter Pan, non si può alludere agli schiavi afroamericani che cantano le loro sventure come accade per i corvi di Dumbo e sembrerebbe proprio che un gatto siamese con gli occhi a mandorla che si permette di suonare il pianoforte con delle bacchette, nominando “il gong di Hong Kong”, sia molto offensivo. Anche se nella stessa comitiva di gatti c’è un chiaro riferimento a Louis Armstrong e la palese caricatura di John Lennon (che, all’epoca ancora in vita, non si è offeso affatto).
In un mondo in cui tutto è discutibile ma non tutto è legittimo, tre grandi classici Disney con cui sono cresciute tante generazioni vengono messi in discussione, vietati ai minori di 7 anni e bollati come contenuti con “rappresentazioni negative”.
Ci si chiede quanto manchi alle multe sulle barzellette che iniziano con “un americano, un tedesco e un italiano” o con quali elementi sarà possibile ancora raccontare storie, senza pensare che, per esempio, le sirene siano rappresentazioni negative delle donne ammaliatrici o che la goffa ignoranza di alcuni pirati offenda gli uomini che partono per mare.
Mi chiedo se anche io, a sei anni, incantata davanti alla mia bella videocassetta vista mille volte, non sia stata colpevole di zoofilia, dato che ero follemente innamorata della burbera Bestia che doveva migliorarsi per diventare un bel principe.
Tutto ormai sembra scandalizzare la massa e impaurire le aziende, sempre e comunque in onore del buon politically correct. Il modello di riferimento e lo stereotipo sono ormai elementi confondibili ed interscambiabili. Qual è l’errore? Non aver fatto caso in passato all’utilizzo di precise impostazioni troppo standardizzate o esagerare adesso con la censura?
Voi cosa ne pensate? Fareste vedere ai vostri nipotini o alle vostre cuginette questi film di animazione oppure anche secondo voi c’era da riconoscerne “l’impatto dannoso”?
Ai posteri l’ardua sentenza (Mai come in questo caso vi fu frase stereotipata più affine di questa).
Giovanna Delvino