Lo scorso 4 gennaio è stata resa disponibile su Netflix “La vita bugiarda degli adulti” adattamento seriale del romanzo omonimo di Elena Ferrante, scrittrice napoletana dai cui romanzi sono state adattate altre trasposizioni su schermo, tra cui la fiction Rai “L’amica geniale” e il film “I giorni dell’abbandono”.
La trama, senza spoiler
Giovanna Trada (Giordana Marengo al suo debutto come attrice) è un’adolescente un po’ ribelle della Napoli benestante, cresciuta in una famiglia agiata e borghese con dei solidi ideali di sinistra, assieme al padre Andrea (un Alessandro Preziosi in grande spolvero), professore universitario di Storia e Filosofia, e la madre Nella (una bravissima Pina Turco), professoressa di liceo che arrotonda facendo la correttrice di bozze.
Un giorno Giovanna, dopo l’ennesima sfilza di cattivi voti a scuola, sente i genitori discutere e resta colpita dal parallelismo che il padre fa tra lei e sua zia Vittoria (una meravigliosa Valeria Golino finalmente libera di poter recitare nel suo dialetto d’origine), condannata ad una “damnatio memoriae” talmente forte da coprirne addirittura la faccia nelle fotografie.
Giovanna sente così il desiderio di incontrarla per conoscerla e per capire il motivo di tanto astio.
Vittoria abita in un contesto sociale che è totalmente l’opposto della Posillipo dove la famiglia Trada vive, in una periferia dove apparentemente manca tutto ma che scopriamo essere colma di umanità e solidarietà. L’incontro tra le due è un po’ burrascoso: Giovanna mal sopporta le critiche al padre ma qualcosa in lei cambia quando Vittoria le parla di un braccialetto che le avrebbe regalato alla nascita e che diventa il filo conduttore che andrà avanti per tutte e sei le puntate.
Man mano che si avanza viene svelata la vita di Giovanna, le amicizie, i primi amori e i dubbi che puntano tutti verso un unico desiderio: la libertà.
La magia di Napoli nello spazio e nel tempo
Anche se non è la protagonista principale, la città di Napoli fa da sfondo in maniera magistrale alla serie: Il Vesuvio si staglia imponente nelle scene ambientate nella zona benestante del capoluogo campano, in totale contrasto con il degrado visivo della periferia.
Altro elemento cardine è quello del tempo: ci viene raccontata la Napoli di inizio anni ’90, con i primi Centri Sociali, i gruppi che in quell’epoca stavano emergendo e le prime contraddizioni in seno ad una sinistra che stava mutando, da aggregante di fasce proletarie a culla di una borghesia che non vuole rinunciare comunque alle proprie origini e affolla le feste di partito .
La musica che cambia
Un altro elemento importantissimo all’interno della serie è la scelta della colonna sonora.
Una playlist di tutto rispetto che attinge da un repertorio anni ’70/’80: a partire da “La Canzuncella” degli Alunni Del Sole e “E mò E mò” di Peppino di Capri, fino ad arrivare a due gruppi fondamentali nella trasformazione culturale della Napoli degli anni ’90, ovvero i 99 Posse (che possiamo apprezzare in una meravigliosa versione live di “S’addà appiccià”) e i Planet Funk.
Menzione speciale anche per Zezi, gruppo operaio nonché uno dei primi gruppi combat folk in Italia.
Le Conclusioni
La vita bugiarda degli adulti è quindi davvero una serie potente e ambiziosa come l’ha definita Tinni Adreatta, la Vicepresidente di Netflix Italia: si tratta di una serie importante, cruda e a suo modo poetica, non per tutti – forse – ma che riesce a entusiasmare e a far capire cosa era l’Italia degli anni ’90.
Una Napoli che si mostra al pubblico più giovane ripercorrendo le tappe di quel cambiamento culturale che proprio in quegli anni è iniziato nella città partenopea.
Luigi Argenio