Non hai la più pallida idea chi sia Lidia Poët, hai aperto Netflix, te la sei trovata davanti e ti ha incuriosito perchè sembra la versione più per adulti di Enola Holmes? Potrebbe essere la serie per te.
Distribuita a partire dal 15 febbraio 2023, “La legge di Lidia Poët” è una serie investigativa in costume, diretta da Matteo Rovere e Letizia Lamartire, (molto) liberamente ispirata alla storia vera di Lidia Poët, la prima donna a entrare nell’Ordine degli avvocati in Italia.
È Matilda De Angelis ad interpretare la protagonista, una Poët giovane, emancipata e dal carattere forte che, grazie anche al sostegno del fratello Enrico (Pier Luigi Pasino), è determinata a far valere i propri diritti con tutti i mezzi di cui dispone, interfacciandosi con un ambiente che non dissimula la propria ostilità nei suoi confronti, in quanto donna.
Storia di un pretesto narrativo
Non si tratta di una serie biografica, come più volte ribadito nelle interviste da registi e attori. Gli elementi ripresi dalla vita reale di questa figura straordinaria sono alquanto limitati e/o stravolti, in quanto tenuti in considerazione più come un “pretesto”, utile al fine di realizzare un prodotto d’intrattenimento in cui affrontare il tema dell’emancipazione femminile.
Le puntate si articolano in una trama orizzontale, che racconta in maniera discutibilmente accurata la vita quotidiana e le vicissitudini affrontate dalla Poët, nel tentativo di arrivare finalmente a poter praticare la professione a cui ha dedicato la sua vita, e in una trama verticale che invece tratta le indagini sui singoli casi, fittizi e autoconclusivi, sulla scia della tipica detective story.
Probabilmente (e purtroppo) il materiale d’origine è stato ritenuto inadatto a costituire da solo un soggetto capace di sostenere l’interesse del pubblico. Nonostante il periodo storico di riferimento, tutto è stato estremamente modernizzato, a partire dalle musiche e dal linguaggio particolarmente colorito, ma anche nei modi di fare o nei costumi, cosa che dal trailer emerge chiaramente fin da subito.
Alcune considerazioni
La serie è costellata di battute che rendono evidente l’intento di risvegliare un determinato tipo di sensazioni nel suo pubblico; sono diversi i personaggi che deridono l’ambizione della Poët, che le ripetono che in quanto donna vale meno di un uomo e che la sua è pura presunzione, nel credere di trovarsi al di sopra di quello che dovrebbe essere il suo unico ruolo nella società, ovvero di moglie e, all’occorrenza, madre.
Sono frasi che si sentono tuttora, che fanno rodere il fegato e lasciano l’amaro in bocca, ma è proprio da queste che può anche nascere una riflessione.
Viene da chiedersi se fosse realmente così necessario trasporre proprio questa storia, se poi l’intento era quello di stravolgerla al punto da renderla quasi oltraggiosa agli occhi dei parenti ancora in vita.
Davvero il modo giusto di trattare questo tipo di argomento è quello di selezionare un’eroina per la sua rilevanza storica e poi deformare a piacimento la sua verità, perché appaia più appetibile ed esteticamente soddisfacente?
È realmente così difficile raccontare la storia di una donna che ha lottato una vita intera per ciò in cui credeva, senza sessualizzazione di sorta, spesso confusa con emancipazione e girl power?
Per non parlare dell’aggiunta allo script di un passato tragico, a mo’ di ciliegina sulla torta nella sua vita, già di per sé pullulante di ingiustizie, per quello spice in più che solo una donna sofferente può dare.
Per concludere
Potrebbe decisamente non essere la serie migliore da guardare per qualcuno che già conosce l’argomento, poiché si corre il rischio che si manifesti qualche effetto collaterale, come il desiderio impellente di puntualizzare tutte le inesattezze storiche.
Tuttavia se sei in cerca di un intrattenimento leggero, senza impegno e magari ti piacciono le serie in costume un po’ alla Sherlock Holmes ma tutte italiane, questa fa per te; magari ti farà nascere il desiderio di sapere di più sulla vera Lidia Poët.
Aurora Casaregola