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Los Oceanos son Los Verdadores Continentes

Inizia la 80esima edizione della mostra del cinema di Venezia, e tra il ritorno di Liliana Cavani e il film d’apertura Comandante, una gemma da non perdere è nella sezione Giornate degli Autori con il film Los Oceanos son los Verdadores Continentes di Tommaso Santambrogio, regista italiano che aveva già presentato a Venezia nella settimana della critica il corto “L’Ultimo Spegne la Luce”, che questa volta ci porta non sul pianerottolo di una casa in cui i protagonisti hanno dimenticato le chiavi, ma a Cuba, nella piccola cittadina dell’entroterra di San Antonio De Los Baños, in tre storie di speranza, amore e dolore che attraversano tutte l’età.

Tre storie tra amore e separazione

Il film è costruito attorno a tre nuclei narrativi: un’anziana signora che vive da sola, una coppia di giovani amanti, e due piccoli amici che giocano assieme, rappresentando tre età distinte ma coinvolte nello stesso ambiente, dall’infanzia all’età adulta e infine alla vecchiaia, e che hanno come tema principale quello della separazione, che questa sia avvenuta nel passato, che sia in atto nel presente o che avverrà nel futuro.

Milagros (Milagros Llanes Martinez), è una signora anziana che passa le giornate pulendo la sua vecchia casa, ascoltando la radio e leggendo le lettere del marito, partito in Guerra per difendere l’indipendenza dell’Angola dal Sudafrica supportato dagli Stati Uniti, nelle ultime battute della guerra fredda.

I due giovani amanti, Alex (Alexander Diego) e Edith (Edith Ybarra Clara), entrambi artisti, attraversano le rovine della città arricchendole di immagini con la loro immaginazione mentre si scontrano con i problemi della vita adulta e la possibilità di Edith di presentare il suo spettacolo di burattini in Europa, che comporterebbe però separarsi dal compagno.

I due bambini, Frank (Frank Ernesto Lam) e Alain (Alain Alfonso Gonzalez), appassionati di baseball, passano il tempo a giocare e a sognare di essere campioni mondiali negli USA, ma i genitori di Frank (sullo sfondo non solo nell’azione ma spesso anche rispetto alla camera da presa) cercano di emigrare negli Stati Uniti, nonostante l’inaffidabilità e l’assenza del padre che lascia ogni responsabilità ricadere sulla madre.

E quello dell’immigrazione, sia negli Stati Uniti che in Europa, è uno dei temi principali di questo film e di questa terra nel mezzo del mare in cui si alternano sole e cicloni con altrettanta violenza. Se alla radio ne parlano come una piaga in aumento, per i protagonisti la possibilità di lasciare tutto e andare via è da un lato una scelta affascinante su cui sognare e costruire le basi di una vita migliore, dall’altra una strada verso l’ignoto e verso un mondo più veloce dei lenti ritmi di Cuba, in cui “tutto cambia per rimanere com’è”, parafrasando Giuseppe Tomasi di Lampedusa il cui libro “Il Gattopardo” viene regalato da Edith ad Alex.

Tra Neorealismo e Lav Diaz

Il film, che non nasconde la chiara ispirazione neorealista tanto che nei discorsi di Alex ed Edith, appassionati di cinema, vengono fatti esplicitamente riferimenti a Fellini e al neorealismo italiano (ma anche al regista e pittore cubano Landrian), ha il suo punto di forza nella elegante e ben curata fotografia in bianco e nero di Lorenzo Casadio Vannucci (di cui va fatta una menzione speciale per la resa dello spettacolo di burattini che rappresenta quasi un piccolo film nel film), valorizzata da lunghe inquadrature a camera fissa che attraverso la profondità di campo mostrano i protagonisti immersi nelle rovine cittadine e nella povertà e semplicità del contesto quotidiano di San Antonio De Los Baños.

Dalle tre storie, che rappresentano i sogni (e le illusioni) dell’infanzia, le difficoltà del mondo adulto e lo scontro con la realtà di tutti i giorni e il rimpianto e la nostalgia della vecchiaia, Santambrogio, che ha collaborato anche con registi del calibro di Werner Herzog e Lav Diaz, racconta la sua Cuba, che ha visto per la prima volta quando aveva 8 anni e in cui ha anche vissuto. Le tre storie sono raccontate alternandosi l’un l’altra e costruendo assieme il micro-ritratto di una comunità, tanto che le informazioni ascoltate alla radio da Milagros torneranno utili per comprendere meglio la storia di Alex ed Edith e così via, nascondendo una struttura complessa dietro la apparente semplicità narrativa, e riuscendo nel caso di Milagros attraverso le voci fuori campo della radio e delle lettere del marito a raccontare una storia toccante senza far mai parlare il personaggio protagonista, che nella sua solitudine si aggrappa ai ricordi.

La scelta delle inquadrature e la composizione dell’immagine denota anche una grande consapevolezza tecnica del regista italiano, che al suo primo lungometraggio realizza sicuramente uno dei film più interessanti di questa appena iniziata 80esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia.

Mario Monopoli per CineUni e per Darkside Cinema