27 anni fa usciva nei cinema di tutto il mondo Il giorno della marmotta (o Ricomincio da capo), pellicola dall’innovativo concept che avrebbe dato inizio a una serie di film sci-fi “copia” basati sui medesimi loop temporali.
Non sono pochi infatti i film che riprendono l’idea del “giorno che si ripete”: About time, Predestination, 50 volte il primo bacio, Auguri per la tua morte, o il più recente La mappa delle piccole cose perfette.
E siamo onesti: se la prima “ripresa” di questo concept poteva risultare simpatica, la seconda un tollerabile omaggio, la terza era ormai già diventata un noioso e prevedibile clichè.
Alla luce di queste non troppo lusinghiere premesse su questi tipi di film, so già che vi starete chiedendo: E allora perchè guardare Palm Springs?
Non il solito time loop movie.
Semplice: perchè Palm Springs – vivi come se non ci fosse un domani, grazie soprattutto alla brillante regia di Max Barbakow, è un film che non stanca affatto ma bensì ci tiene incollati allo schermo reinventandosi senza mai arrancare per un totale di 90 minuti.
Nonostante la trama semplice e superficiale, che vede i due protagonisti incontrarsi al matrimonio della sorella di lei, piacersi e a causa di un “malinteso”, rimanere bloccati in un loop temporale che vede il continuo ripetersi di una giornata apparentemente perfetta, in Palm Springs c’è spazio per tutto. Si passa infatti dall’umorismo nonsense all’ontologia, fino ad approdare al sentimentalismo sincero: è una vera e propria ode al “panta rei” e al “carpe diem“, che ti fa riflettere sull’importanza del “qui ed ora“, forse anche più di quanto ti aspetteresti o vorresti.
Comfort Zone Vs Rivoluzione
A dare credibilità alla storia sono soprattutto i dialoghi ben scritti: finalmente ci allontaniamo da tutte quelle battute stucchevoli, trite e ritrite, tipiche delle commedie sentimentali. Qui infatti, dove è la disillusione a farla da padrona, indispensabile è stata la bravura degli attori protagonisti Andy Samberg (Brooklyn Nine – Nine) e Cristin Milioti (How I met your mother), nell’interpretare rispettivamente Nyles depresso e rassegnato alla volontà del fato, e Sarah disincantata ma allo stesso tempo tenace a voler cambiare il corso degli eventi.
In conclusione si può dire che Palm Springs in maniera fresca e leggera obbliga lo spettatore a porsi una domanda che potrebbe riguardare ognuno di noi: è meglio rischiare con la prospettiva di fallire o adagiarsi per sempre in una comfort zone cedendo alla paura del “e se…”?
Diletta La Marca