Il remake in ambito cinematografico è, esattamente come dice il termine, il rifacimento di un film già esistente. Possono cambiare alcuni dettagli per rendere la storia più adatta al contesto sociale e storico in cui si inserisce, ma la sostanza, cioè la trama rimane la stessa. E in alcuni casi particolari nulla viene modificato. Ciò che resta da capire, quando ci imbattiamo in un remake, è che cosa ha saputo dare in più il regista rispetto al film originale e se ha aggiunto valore e spessore alla storia. Tralasciando per un attimo le difficoltà dovute al Covid, che ha messo in ginocchio l’industria cinematografica, è però sempre più evidente (osservando i guadagni economici di alcune pellicole) che i remake siano i prodotti più apprezzati di questo settore. Tra i classici della Disney e i rifacimenti di alcuni cult, gli ultimi anni sono stati una continua proliferazione di remake, al punto che viene da chiedersi: i registi hanno finito le idee?
Il primo è stato Georges Méliès, che con il suo La partita a carte nel lontano 1896 ha dato vita al genere del remake, rifacendo un corto dei fratelli Lumière. Da allora il cinema è evoluto, ma quest’opera di “copiatura” si è conservata intatta. Alcune volte è stata un successo, superando di gran lunga la prova del confronto, altre è rimasta fedele e rispettosa dell’originale, altre ancora, purtroppo, si è rivelata un fallimento.
Il remake…perchè?
Davanti alla tv o allo schermo del pc, inebetiti dopo trenta minuti di zapping o aver visionato l’intero catalogo di Netflix, tutti noi ci siamo imbattuti almeno una volta in un remake. Magari per sbaglio, perchè pensavamo fosse il film originale, oppure per curiosità: in ogni caso gli abbiamo dato una chance. E siamo rimasti delusi, chiedendoci dopo quasi due ore di visione: perchè?
Alcuni film che potrebbero suscitare questa reazione sono: Psycho di Gus Van Sant, che non è riuscito nell’ardua impresa di realizzare una pellicola anche lontanamente paragonabile al capolavoro di Alfred Hitchcock; City of Angels di Brad Silberling, con Nicolas Cage e l’adorabile Meg Ryan, che ha ripreso l’idea de Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders rendendolo però banale e inutilmente sentimentale; Oldboy di Spike Lee che, pur essendo crudo e violento, non ha nulla a che vedere con l’originale film coreano.
Esiste poi una certa tendenza moderna a voler riproporre a tutti i costi film horror del passato, forse perché gli effetti speciali sempre più sofisticati consentono di ricreare con maggior facilità i nostri peggiori incubi. Tuttavia, è bene ricordare che l’orrore non nasce solo da colonne sonore imponenti o da mostri che compaiono all’improvviso, ma da sensazioni, turbamenti e sussurri impercettibili che rimangono nella nostra mente anche molto dopo la visione del film. Un esempio, tra tutti, è The Wicker Man. Il primo film del 1973 ricreava perfettamente l’ambiente inquietante e malsano di una piccola comunità su un’isola britannica, fra riti pagani e strane sparizioni. Il remake, del 2006, che ha come protagonista Nicolas Cage, pur tentando di attualizzare la storia, non trasmette le stesse inquietudini e risulta superficiale.
…perchè sì!
Ma se ci soffermassimo su questi sfortunati remake, che non hanno saputo reggere il paragone con i film originali, perderemmo alcune perle del cinema.
Che ne sarebbe stato di Johnny Depp e degli Oompa Loompa se Tim Burton nel 2005 non avesse deciso di realizzare il remake de La fabbrica di cioccolato? Un film che è entrato immediatamente nell’immaginario collettivo. Stesso discorso per The departed di Martin Scorsese, che ha ottenuto ben quattro Oscar. Pochi sanno che si tratta, in realtà, del remake di un film cinese. E la storia di Piccole donne, dal romanzo di Louisa May Alcott, è stata raccontata da innumerevoli remake cinematografici. Ma l’ultimo, in particolare, diretto da Greta Gerwig, ha dato un tocco originale alle giovani protagoniste trasmettendo valori e ideali che forse nemmeno la scrittrice stessa aveva in mente, eppure il film è risultato autentico e moderno. Si è rivolto alle donne della nostra generazione senza sconvolgere la trama originale.
Nel cinema italiano potremmo citarne due che hanno avuto uno straordinario successo: Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese e Pinocchio di Matteo Garrone.
Infine, un ultimo esempio che potrebbe riabilitare totalmente la reputazione dei remake è A star is born. Questo film nel tempo è stato rifatto molte volte. Uno dei remake più famosi risale al 1976 e ha per protagonista Barbra Streisand. Come superare questa prova importante? Con il talento della coppia Bradley Cooper-Lady Gaga che ha saputo riportare sullo schermo un classico, rendendolo contemporaneo. Ancora oggi la canzone Shallow, che ha vinto l’Oscar, emoziona come se la ascoltassimo per la prima volta.
Il futuro del cinema
Ascoltando l’ennesimo annuncio di un remake viene da domandarsi quale potrebbe essere il futuro del cinema. Siamo destinati a rivedere gli stessi film? Sarà vero che alcuni capolavori sono e rimarranno intoccabili? Il remake non è sempre la scelta di un regista che ha poche idee, ma il desiderio di riscoprire una storia che ha ancora tanto da raccontarci e insegnarci. Per ogni remake dettato da esigenze puramente commerciali, esiste almeno un film originale, che è nato da una nuova idea, magari distribuito da una casa produttrice indipendente e che forse non otterrà subito il successo sperato. Il remake non è di per sé la morte del cinema, come molti sostengono. Può essere la seconda possibilità per conoscere una storia dimenticata o sottovalutata, che ha saputo attendere pazientemente l’arrivo di un nuovo regista.
Silvia Taracchini