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Uno sguardo sui corti in gara all’Annecy Festival

Si è da poco concluso il Festival internazionale del film di animazione di Annecy, la prima a rendere disponibile l’intero evento online per via del Covid-19.
Questa situazione, se da una parte ha impedito agli spettatori di godersi un Festival dal vivo (ma anche di visitare una bella cittadina come Annecy), dall’altra ha permesso ai film in gara di avere un’accessibilità al pubblico molto maggiore. Finora ci siamo concentrati sui lungometraggi in gara, tuttavia la maggior parte delle pellicole presentate all’Annecy Festival sono cortometraggi. Quest’ultimi sono talmente diversi tra loro che fare una considerazione d’insieme è impossibile.

Per questo nell’articolo vengono elencati e descritti alcuni dei corti che abbiamo visto durante il festival.

  • Homeless home
    Vincitore del jury awards, realizzato da Alberto Vázquez, è un corto di un quarto d’ora che tiene incollati allo schermo. La storia ha per protagonisti streghe e creature demoniache costrette a vivere in una sorta di limbo mentre cercando in qualche modo di riscattarsi dalle proprie origini. I personaggi sono raffigurati come ombre ma i tratti dei volti sono tratteggiati lo stretto necessario per distinguere bene le loro emozioni. Oltre alla trama e al lavoro di disegno, ciò che ci aiuta a immedesimarci nella storia è anche l’ottima scelta delle voci per interpretare i vari personaggi.
    Peccato solo per il finale, che poteva essere un po’ più chiaro e prendere una posizione più netta. 
  • The Town
    In questo caso il cortometraggio sfiora i trenta minuti. The Town è ambientato in una Cina futuristica e distopica, nella quale, per essere accettati all’interno della società, occorre riuscire a ottenere il makeover, consistente in un’operazione che crea lo stampo di una maschera sul viso delle persone.
    Sicuramente l’argomento degli ultimi della società è un classico, così come lo è il disegno di The Town (realizzato in tecnica 2D), tuttavia il corto non-così-corto si fa seguire decisamente bene.
    La stessa cosa devono averla pensata i giurati del Festival, che hanno premiato il regista, Yifan Biao, con il “Jean-Luc Xiberras” award for a first film.
  • Hot Flash
    Hot Flash non ha ricevuto alcun riconoscimento dalla giura, tuttavia il film canadese diretto da Thea Hollatz, è un corto che tratta con un certo umorismo, benché in uno o due tratti sia un po’ ripetitivo, dei problemi che insorgono con la menopausa. Nonostante sia senza pretese Hot Flash offre dieci minuti di visione che non sono per nulla sprecati.
  • Genius Loci
    Se si controllassero gli archivi di Cineuni probabilmente emergerebbe che, tra tutti, i miei articoli e podcasts sono quelli con la maggior presenza di frasi come “non si capisce bene” e “non è chiaro”. Mi ripeterò, ma di Genius Loci, produzione francese di Adrien Merigeau, si capisce poco per davvero. La storia ritrae una donna che vaga per una città (ma non è da escludere che alcune parti del corto siano ambientate nella mente della protagonista), facendo vari incontri. Molto probabilmente Genius Loci è progettato per essere soggetto a ogni tipo di interpretazione. Interpretazione che evidentemente i giurati ad Annecy devono aver trovato se hanno assegnato il Jury Disctinction a questo corto.
    I disegni sono molto intriganti, grazie all’interessante scelta dei colori usata e soprattutto al fatto che personaggi e oggetti mutano forma man mano che si muovono. Questo contribuisce a dare un senso di mistero al cortometraggio: peccato che anche la trama della storia rimanga un mistero.
  • Carrousel
    L’ultimo (di solito si dice non per importanza, ma non è questo il caso) dei cortometraggi recensiti in questo articolo. Carrousel parla di una donna che si chiude in sé stessa fino al punto di ferire gli altri. Stavolta il corto non si può accusare di scarsa chiarezza (anche se leggere la tag-line prima della visione aiuta non poco la comprensione della storia) né di avere un tema poco interessante.
    Il problema di Carrousel è che non ha niente che incuriosisca: il disegno a matita è troppo semplice per attirare l’interesse dello spettatore e la scelta stilistica di usare capelli strappati per costruire un guscio attorno alla protagonista, nonostante non sia completamente fallace, ha un che di scialbo.
    Ultima nota negativa di Carrousel è che ci sono i personaggi-piccione, che per chi non ha seguito il Festival, sono figure con la testa di piccione che “recitano” in diverse opere in gara ad Annecy; sia in diversi cortometraggi ma anche nell’indimenticabile (nel bene ma soprattutto nel male) Kill it and leave this town

Amida Agalliu