Un film difficile da digerire. Ai ragazzi che compongono la giuria Generator +18 della 49esima edizione del Giffoni Film Festival è stato chiesto di assistere alla visione di un film che racconta una storia pesante, non userò mezzi termini per dirvelo. La storia parla di una grande donna: perché anche se la giovane protagonista ha da poco 18 anni, la sua vita non è quella di una comune teenager.
Il film, a tratti lento, meritava il tempo che si è preso. Uno sviluppo rilassato, al fine di poter comprendere ed elaborare le immagini e i silenzi del film, che risulta quasi come un’esigenza per lo spettatore. Sarebbe stato molto difficile elaborare le immagini e le emozioni del film senza quei momenti apparentemente vuoti e quei silenzi in realtà necessari. Quel silenzio, che è di per se assenza di suono, ci dona la sensazione di mancanza che traspira da ogni scena del lungometraggio e ci fa capire un po’ meglio i sentimenti della giovane donna. Quanto doveva essere silenziosa la casa di Youngju dopo la morte dei genitori?
Altrettanto silenziosa deve essere stata la casa di Cha Sung-duk, regista del film. C’è infatti una cosa che la accomuna alla protagonista del suo film, entrambe hanno perso i genitori in età adolescenziale per un incidente d’auto. La forza che troviamo in Youngju è la stessa che abbiamo visto negli occhi e nella serenità della giovanissima regista che, come potrete sentire nel nostro podcast, ci parla dell’evento con grande forza e altrettanta dolcezza.
Non vi nascondo che mi ci siano volute un paio di ore per dire “sì, questo film mi è proprio piaciuto”, ma ora, dopo parecchie riflessioni, vi invito a guardarlo accettando le sue pause e i suoi silenzi, e vi chiedo per favore: cercate di capirli, ne varrà la pena!
Samira Haouachi