L’automotive europeo alla prova dei dazi

Nei primi mesi del 2025 l’automotive europeo ha subito un forte declino nelle vendite degli autoveicoli in tutti gli stati membri: a mo’ di esempio, a febbraio sono state 966.300 le unità vendute, con un calo del -3% rispetto all’anno precedente. Vuoi per la crisi energetica, vuoi per l’avvento dell’elettrico e dei colossi internazionali – oltre che per le difficoltà economiche in cui versano le case automobilistiche del Vecchio Continente – si può dire che il panorama europeo non stia andando “in quinta”!

Ma quali sono le cause che, negli ultimi anni, hanno fatto vacillare le vendite delle quatto ruote?  Le ragioni di questo scenario hanno origini ben lontane: nel 2019, infatti, la Commissione Europea ha adottato il “New European Green Deal”, un progetto ambizioso tanto quanto avveniristico per l’epoca. L’obiettivo era quello di rendere l’Unione Europea il primo continente al mondo “climaticamente neutro” entro il 2050 ma – spoiler! – non stiamo andando bene, anche se questa è un’altra storia…

Se da un lato il progetto sembrava rappresentare un’opportunità di rinnovo e di cambiamento per le case automobilistiche europee, dall’altro questo piano è stato considerato come una delle cause principali del “disastro” che ha travolto il settore. Complici anche il covid e la pandemia, che hanno ridimensionato fortemente le priorità climatiche, economiche ed ambientali dell’Unione Europea, l’automotive Ue tradizionalmente legata ai combustibili fossili si è trovata impreparata al cambiamento.

L’effetto della crisi sui licenziamenti 

Il tasso di occupazione, in questo momento, rappresenta una vera grana per le case automobilistiche europee. Se nel 2023 l’occupazione in questo settore contava 13 milioni di lavoratori e un 7% del totale del Pil europeo, un anno e mezzo dopo la situazione è stata stravolta. Assistiamo infatti a molte chiusure e licenziamenti anche tra i marchi che una volta erano il simbolo della produzione europea, da Audi a Volkswagen, solo per citarne alcuni. Il marchio dai quattro cerchi, già pesantemente colpito dallo scandalo dei diesel truccati del 2015, è sul piede di guerra con i sindacati tedeschi che non accettano più le condizioni imposte ai lavoratori. Stessa cosa per il marchio di Wolfsburg, reduce da una serie di chiusure in vari stabilimenti in giro per l’Europa.

Uscendo dai confini tedeschi, la situazione non cambia: caso emblematico è quello del gruppo Stellantis, impegnato in un lungo braccio di ferro con il governo italiano al fine di scongiurare ridimensionamenti e chiusure negli stabilimenti di Mirafiori e Pomigliano d’Arco.

Un rimedio istituzionale

Nel febbraio 2024 viene adottata la Dichiarazione di Anversa, che ha come obiettivo quello di raggiungere la neutralità climatica nel vecchio continente entro il 2040. Per far sì che questo accada, sono previsti una serie di obiettivi, tra cui il potenziamento delle infrastrutture di rete e di ricarica, rendere l’Unione Europea un buon fornitore di energia su scala globale e semplificare il comparto dell’innovazione.Nel 2025, poi, sono state adottate altre misure per provare a tamponare l’emergenza produttiva e per risanare l’automotive Ue, tra cui la più rilevante è il Piano d’azione sul futuro del settore automobilistico europeo. Adottato nel mese di marzo, il piano prevede punta su mobilità pulita, sostegno ai lavoratori e investimenti in innovazione e digitalizzazione, al fine di rendere più competitivo l’intero comparto rispetto ai competitors asiatici e americani.

L’automotive Ue tra America e Cina

Geograficamente, l’Unione Europea si trova tra due pionieri dell’automotive moderno: la Cina e gli Stati Uniti. Se il primo detiene ormai una buona fetta di mercato grazie alla consolidata presenza di marchi come Geely (ex Volvo), BYD e MG, le vendite del marchio Tesla di proprietà di Elon Musk stanno attraversando un momento negativo, segnando addirittura un -49% nelle vendite nei primi mesi del 2025.

Le cose, poi, non sono di certo migliorate – e forse non miglioreranno – sotto la presidenza di Donald Trump. Fin dalla sua rielezione il tycoon ha affermato la sua intenzione di dichiarare guerra commerciale alle auto europee prodotte ed importate negli Stati Uniti. La conferma è arrivata pochi giorni fa, mercoledì 2 aprile, quando sono stati resi noti i settori d’importazione che saranno soggetti a dazi d’ingresso negli USA: tra questi anche l’automotive, che subirà una tassazione del 25%. Dobbiamo dircelo, il quadro che si presenta non è dei più rosei: con l’Europa impegnata nella “guerra dei dazi, il processo di decarbonizzazione sarà inevitabilmente ancora lungo.

A cura di Lorenzo Onisto