Quali altre sanzioni hanno (quasi) varato i leader degli Stati membri contro Mosca
Nella notte tra lunedì 30 e martedì 31 maggio, il Consiglio europeo, riunito in seduta straordinaria a Bruxelles, sembrava aver finalmente adottato, un mese dopo il suo annuncio, il sesto pacchetto di sanzioni economiche contro la Russia che non cede sul fronte ucraino.
L’accordo quasi raggiunto dai leader dei Paesi membri dell’Unione avrebbe reso possibile definire le ultime sanzioni, la più rilevante delle quali riguarda il blocco delle importazioni di petrolio da Mosca.
Questo punto aveva di molto rallentato la decisione sulle ulteriori sanzioni da impiegare: una lentezza che potrebbe essere interpretata come il primo momento di disunità all’interno dell’Unione nella gestione delle sanzioni.
In una fase ormai avanzata della guerra in Ucraina, infatti, ci si avvicina al momento di adottare delle misure ancora più stringenti, come quelle sul gas che non arrivano.
In questo momento si determina uno “scontro” quasi fisiologico e difficilmente superabile tra le diverse esigenze energetiche dei vari paesi che fanno parte dell’Unione.
Perché è necessario trovare una quadra?
Per adottare questa decisione è necessario che ci sia all’interno del Consiglio europeo l’unanimità, cioè il parere favorevole di tutti i Paesi membri.
La Repubblica Ceca e la Bulgaria avevano chiesto più tempo e più garanzie, soprattutto considerato che Sofia è già stata oggetto del blocco del gas russo.
Ma il mancato raggiungimento dell’unanimità è stato in realtà causato principalmente dall’opposizione dell’Ungheria.
Perché l’Ungheria fa da bastian contrario?
Budapest, infatti, dipende molto dal petrolio russo, motivo per il quale ha osteggiato una sanzione europea che ne determinasse il blocco delle forniture.
Il compromesso oggetto delle trattative “notturne” prevede che il blocco sarà attivo da fine anno e riguardi solamente il petrolio russo importato nell’Unione europea via mare, cioè circa due terzi delle importazioni, esentando quello che arriva via oleodotto.
Sembrava potesse essere questa la soluzione che avrebbe reso possibile il raggiungimento dell’unanimità necessaria ad adottare il pacchetto di sanzioni. L’Ungheria, infatti, ricevendo il petrolio russo tramite oleodotto, potrebbe proseguire con le importazioni godendo di una sorta di esenzione.
Così Orbán potrebbe dormire notti serene, perché riceverebbe petrolio anche dagli altri Stati membri. Forse non il migliore compromesso possibile per l’Unione, ma sicuramente necessario per poter andare avanti.
Il vincitore è, infatti, Orbán, che su Facebook ha dichiarato: “Rapporto di vittoria da Bruxelles. Il padre è un uomo, la madre è una donna, e la benzina è 480”.
Perché proprio 480? È il prezzo massimo che le automobili immatricolate in Ungheria pagano per acquistare il carburante. Questo tetto, invece, non si applica per le auto degli altri Stati membri, che devono quindi pagare il prezzo pieno.
Non solo petrolio…
Il nuovo pacchetto di sanzioni approvato dal Consiglio europeo prevede anche l’esclusione di Sberbank, la principale banca russa, e di altre tre banche dal sistema di pagamenti internazionali SWIFT, ed anche di una banca bielorussa.
È stato inoltre deciso il divieto per tre emittenti televisive controllate dal governo russo di trasmettere nell’Unione Europea e sono state emesse nuove sanzioni contro un centinaio di funzionari militari e oligarchi russi.
Per di più è stato aggiunto nella black list – la lista che comprende le personalità da sanzionare per il loro appoggio all’invasione russa – il patriarca ortodosso Kirill, ma proprio questo aspetto rischia di far saltare il tavolo delle trattative.
Non è mancato nemmeno il divieto di fornitura da parte delle compagnie europee di una serie di servizi alle aziende russe.
Il Consiglio europeo ha ribadito il totale supporto all’Ucraina dal punto di vista militare, umanitario ed economico, dall’accoglienza dei profughi alla ricostruzione del Paese.
…ma anche politica ed energia
A livello politico il Consiglio europeo ha precisato che a giugno tornerà sulla questione della domanda di adesione nell’Unione Europea avanzata dall’Ucraina, dalla Moldavia e dalla Georgia. Ha ribadito inoltre la sua ferma condanna alla illegale appropriazione dei prodotti agricoli e al blocco della esportazione ucraina di questi da parte russa (ne abbiamo parlato qui, ndR). Il Consiglio europeo ha affermato ulteriormente la necessità di rafforzare l’ambito della sicurezza europea così come la relazione UE-NATO.
Infine, dal punto di vista energetico, si conferma l’urgenza di accelerare sullo sfruttamento delle rinnovabili, sul rafforzamento delle infrastrutture per l’uso del gas come di quelle già esistenti per l’impiego del gas liquefatto, e richiama il Consiglio per esaminare il prima possibile la proposta della Commissione, battezzata “REPowerEU”.
Se con il petrolio l’Unione affronta il primo grosso ostacolo che fa vacillare la sua unità, cosa succederà quando non sarà più possibile indugiare sul gas?
Approfondimento a cura di Chiara Vilardo