Da Firenze i cittadini europei chiedono un’Unione più democratica

A Massimiliano piacerebbe un’Europa in cui i suoi figli possano crescere più consapevoli dei propri diritti. “Ci hanno detto che stiamo dando vita a qualcosa di nuovo e penso di averne sotto gli occhi la testimonianza – dichiara Giuseppe – Stiamo portando un forte contributo allo sviluppo dell’Unione Europea”. 

 

Sabato e domenica scorsi siamo stati all’Istituto Universitario Europeo di Fiesole, vicino Firenze, per seguire i lavori della terza sessione del panel dei cittadini europei nell’ambito della Conferenza sul Futuro dell’Europa. 138 persone, più altre 62 collegate da remoto a causa della condizione epidemiologica nel loro paese, hanno costruito, discusso, scritto e votato una serie di raccomandazioni sulla sicurezza in Europa, la tutela dello stato di diritto e della democrazia, i valori e i diritti europei. 

 

Avviata ufficialmente il 9 Maggio, la Conferenza sul Futuro dell’Europa prevede infatti quattro panel di cittadini che, a turno, elaborano una serie di raccomandazioni: queste verranno poi discusse durante una sessione plenaria del Parlamento Europeo, e, infine, sottoposte ad un Comitato Esecutivo. A conti fatti, a causa dell’incertezza legata alla pandemia, quello di Firenze è il primo dei quattro panel di cittadini a svolgersi in presenza. 

 

Un processo lungo, un esperimento di consultazione dal basso che per la prima volta esce dalla cosiddetta “bolla delle istituzioni europee” e incontra le persone nelle città. Il presidente dell’Istituto Universitario Europeo, Renaud Dehousse, ha affermato: “Stiamo soprattutto ascoltando. È molto interessante quello che si sta sviluppando, soprattutto vediamo che i giovani hanno una visione della democrazia diversa da quella dei loro genitori o nonni. Sono consapevoli dell’importanza del cambiamento climatico, della parità di genere… E per noi è importante che l’Europa del futuro abbia questa impronta”.

Tre giorni per proporre delle linee guida trasversali

 

Ma a Firenze non ci sono solo i giovani. I cittadini europei sono stati scelti grazie all’aiuto di un team di consulenti così da rappresentare l’Unione Europea in tutte le sue sfaccettature – geografiche, etniche, ma anche socioeconomiche, di età e genere. 


Tra venerdì e sabato, si lavora a piccoli gruppi: si parte dal materiale raccolto sulla piattaforma digitale e da una serie di lezioni tenute da esperti, poi si condivide la propria esperienza e si riflette sul significato di ogni singolo termine. 


Si vota, l’ultimo giorno, tutti insieme. Ogni persona ha a disposizione un tablet per esprimere la propria preferenza e i testi delle raccomandazioni vengono letti due volte da parte dei presentatori. A tutti sono state consegnate anche delle cuffie, per favorire la traduzione simultanea, più una trascrizione in lingua delle stesse raccomandazioni. 


In proposito Dehousse specifica che il processo è stato volutamente pensato su più passaggi: trattandosi di un esperimento di democrazia diretta, c’è bisogno che emergano delle linee guida chiare e trasversali e questo richiede tempo.

 

A chi prova a mettere in dubbio che tutta questa organizzazione possa effettivamente avere un riscontro pratico nella creazione dell’Europa del futuro, il politologo francese Olivier Roy risponde: “Solitamente i politici tendono a prendere decisioni senza curarsi dell’effettiva ricaduta sulla vita delle persone, ma ho l’impressione che questa volta i cittadini non siano disposti a stare in silenzio”. 

Gli argomenti trattati vanno dalla cyber security al senso di sicurezza che il cittadino europeo ha diritto di provare sempre, in qualsiasi stato si trovi, fino alla regolamentazione delle big tech.

Parola ai Rappresentanti dei Cittadini

Racconta Martina a microfoni di Europhonica: “È un momento molto intenso. Prima che iniziasse quest’avventura, non sapevo bene cosa aspettarmi. Ma il panel è stato organizzato in modo tale da andare dal generale allo specifico: tutti noi del gruppo abbiamo esperienze e idee diverse, però abbiamo anche un punto in comune, che è l’essere chiamati a dare forma all’Europa del futuro. Una volta capito questo, il resto è come venuto da sé”. 

Samuele, altro ragazzo giovanissimo, è parte di un gruppo che lavora su un tema altrettanto delicato: regolamentare di più la condivisione dei dati tramite app. “Fortuna o sfortuna che ti abbiano coinvolto in questa esperienza?” gli chiediamo durante una pausa dai lavori. Sorride. “Fortuna. Immagino un’Europa dalla mentalità più aperta. Io stesso sento che, dopo questa esperienza, ho ampliato la mia conoscenza sull’Europa. Per i giovani c’è spazio, ma ce lo dobbiamo prendere”.

Chiara è, invece, parte di un gruppo che riflette sulle ingerenze nell’ambito dell’informazione: “I mass media devono riuscire a far conoscere i processi decisionali dell’UE in maniera chiara, così può diminuire la sfiducia nei confronti loro e dell’Europa stessa. Le informazioni ci sono, ma da una parte molte cose sull’Europa sono difficili da spiegare, dall’altra i cittadini non sono stimolati ad andare a cercarsi le risposte da soli”.

Addirittura, nel gruppo di Giuseppe si lavora per proporre una sorta di garante della veridicità delle informazioni, per combattere la diffusione delle fake news negli stati membri e promuovere, così, un’informazione più trasparente. 

Di 42 raccomandazioni votate domenica mattina, solo 3 non hanno visto il parere favorevole del 70% dei votanti. Queste fanno riferimento all’inclusione delle minoranze nel processo decisionale da parte delle istituzioni nazionali (ONG e corpi di polizia in primis), all’istituzione di un’agenzia per il monitoraggio dei media a livello europeo e all’organizzazione di un organismo permanente rappresentante che si faccia portavoce delle istanze dei cittadini europei e contribuisca a colmare il gap informativo sui processi decisionali. 


Sul pacchetto delle 39 passate, invece, sono già all’opera gli “ambasciatori” dei cittadini, in vista dell’appuntamento di Gennaio 2022. Tra questi, c’è anche Martina: “La mia aspettativa è che questo lavoro abbia presto un riscontro pratico: se l’Europa vuole davvero mettersi in ascolto dei cittadini, questo (il materiale che abbiamo raccolto, ndr) è il punto da cui partire”.

 


Erika Branca e Gloria Beltrami