Il tempo della Terra non è il tempo della diplomazia internazionale.
Lo testimonia la Cop26: la contrattazione si è infatti protratta per 24 ore in più del previsto nella notte tra sabato e domenica. A Glasgow conferenze, speech e cene di gala contrastavano con il fiume di manifestanti e con la preoccupazione che non ci fosse la volontà di agire.
Entrambe le parti, attivisti e diplomatici, erano consapevoli che l’Accordo di Parigi e il Protocollo di Kyoto fossero imperativi, ma i Paesi riuniti partivano da presupposti e ideologie profondamente diverse.
Tra i partecipanti alla Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico – conosciuta appunto come Cop 26 – c’era anche l’Unione Europea, rappresentata prima dalla Presidente della Commissione von der Leyen, poi da Timmermans, vicepresidente con delega al Green Deal. Per 14 giorni, i riflettori sono stati puntati sui passi da compiere per scongiurare il disastro ambientale.
Ma cosa resta, per i cittadini europei, dopo queste due settimane di negoziati? L’annuncio di ulteriori investimenti e molti compromessi.
L’Unione Europea ha annunciato 1000 milioni di dollari a sostegno del Global Forest Finance Pledge, a protezione delle foreste, più l’adesione alla Just Energy Transition Partnership per supportare il Sud Africa nella decarbonizzazione. Insieme agli USA, L’UE si è fatta quindi promotrice del Global Methane Pledge, per tagliare del 30% le emissioni di metano entro il 2030, e c’è la EU-Catalyst Partnership per incentivare la digitalizzazione. Timmermans ha poi annunciato lo stanziamento di 100 milioni di euro a sostegno del Climate Adaptation Fund per i paesi che stanno già facendo i conti con gli effetti della crisi.
Stride il gioco al ribasso dell’accordo finale: la riduzione dell’uso dei combustibili fossili è prospettata “graduale” e, guardando alle premesse, i passi avanti per tenere vivo l’obiettivo del 1.5°C sono stati pochi.
Non resta dunque che continuare a fare pressione affinché non si adagi più su promesse aleatorie.