Il 10 Ottobre del 1969 faceva la sua comparsa sugli scaffali dei negozi di dischi uno degli album più importanti del rock: In The Court Of The Crimson King (An Observation By King Crimson). Già a partire dalla copertina disegnata per l’occasione da Barry Godber, divenuta ormai più che iconica, non poteva passare inosservato: l’uomo schizoide del ventunesimo secolo è ancora lì, col suo sguardo inquieto, a sollecitare la nostra attenzione su tutta la follia che caratterizza la nostra epoca.
Si, perché l’album partorito dalla compagine di musicisti guidata da Robert Fripp e dai testi di Peter Sinfield altro non è che una monumentale opera sulla follia della nostra società: l’opulenza consumistica, l’assurdità delle guerre, la svalutazione della figura dell’artista
“Politician funeral pyre, Innocents raped with napalm fire […]. Death seed blind man’s greed, Poets’ starving children bleed, Nothing he’s got he really needs, 21st century schizoid man.”
Questo sarà il disco che detterà gli stilemi di ciò che da lì in poi verrà definito rock progressivo, portando quella che era stata una naturale “estensione” del formato canzone, operata già dalla psichedelia in modo istintivo durante gli anni immediatamente antecedenti, a livelli più strutturati e razionali e integrandola ad elementi presi dalla musica classica e dal jazz. Detterà inoltre una strada seguita da molti altri negli anni ‘70, anche se gli stessi King Crimson, nelle loro continue rivoluzioni di formazione e di stile viaggeranno sempre due passi avanti dei concorrenti senza mai voltare lo sguardo indietro. Si parte dalla già citata 21st century Schizoid Man che sfoggia un riff duro quasi hard rock, sulla quale si innesta la voce fortemente distorta di Greg Lake (futuro Emerson Lake & Palmer) e prosegue su pirotecniche progressioni strumentali. Il rapporto di Fripp con il riff “duro”, pur immerso nei contesti più vari, rappresenterà un marchio di fabbrica dei nostri e troverà in album successivi come “Lark’s Tongues In Aspic e Red” la sua massima espressione.
La realtà che i King Crimson ci hanno descritto fino ad ora è una realtà cupa e frenetica ed il bisogno di tranquillità e riflessione trova spazio nel brano successivo: I talk to the wind. Un pezzo intimo, la cui atmosfera rilassata è ben sottolineata dal flauto di Ian McDonald. La riflessione però è amara e malinconica giacché le parole non trovano nessun interlocutore, se non il vento.
Se la disillusione di I talk to the wind era mesta, quella espressa in Epitaph è ancora più profonda e marcata. Il brano possiede un andamento epico e solenne, con le parti di archi (suonati con uno strumento allora di recente invenzione: il Mellotron) studiate per riempire e svuotare spazi sonori ed emotivi in un’altalena dinamica ricca di emozione.
Moonchild ci trasporta invece lontano, in un mondo fiabesco e immaginifico dove forse è possibile trovare un po’ di pace. Il brano sfuma in una lunga coda bizzarra e sperimentale dal tono quasi dadaista – denominata “The Illusion” – che ben si addice ad accentuare il nostro estraniamento dalla realtà.
Il viaggio giunge quindi al suo capitolo finale e arriviamo proprio alla corte del Re Cremisi, dove “Le vedove piangono mentre l’orchestra suona, e i guardiani della città chiudono le serrande sopra ai sogni.” Il Re Cremesi è un monarca al quale non possiamo fare altro che sottometterci, che regna e gestisce tutta la follia e la confusione del mondo in cui viviamo. La sua corte è il nostro mondo impazzito.
L’epica del lavoro di Fripp e soci si rivela al livello delle grandi opere d’arte in cui convive felicemente la bellezza della forma (negli splendidi intarsi musicali) con un aspetto che manca sempre di più negli anni recenti: la capacità di creare un linguaggio musicale che abbia molteplici livelli di lettura. Proprio per questo, a 50 anni di distanza, nell’epoca della velocità della comunicazione, dello streaming, e dei tweet, fermare un attimo il mondo e riscoprire In The Court Of The Crimson King non può che portare un beneficio assoluto alle orecchie e alla mente.
Lunga vita al Re Cremisi!