Proseguiamo la nostra rassegna cinematografica dedicata ai finalisti del Lux Film Prize, il premio assegnato dal Parlamento Europeo alle migliori pellicole realizzate in Europa. Dopo Cold case Hammarskjöld, è arrivato il momento di scoprire El Reino, il film di Rodrigo Sorogoyen. Questo thriller spagnolo è già stato premiato ai Goya Awards, vincendo in sette categorie (miglior regista, miglior attore protagonista, miglior attore non protagonista, miglior sceneggiatura originale, miglior montaggio, miglior colonna sonora, miglior sonoro).
La caduta di un regno
El Reino è la storia di un politico corrotto. Manuel López-Vidal (Antonio de la Torre) è vicesegretario regionale e sta per approdare alla politica nazionale. Con i suoi compagni di partito ha creato una rete di corruzione, favoritismi e benefici di ogni tipo, un vero e proprio regno. La vita di Manuel sembra immersa in un equilibrio perfetto, finché non viene coinvolto in uno scandalo che porta alla luce la verità sul suo operato politico. A quel punto viene abbandonato dai suoi compagni. Quel regno di corruzione cadrà inesorabilmente su di lui. E Manuel tenterà di tutto pur di salvarsi.
La corruzione raccontata in un thriller
Il film di Sorogoyen offre una riflessione importante sulla corruzione politica. Ma dobbiamo dimenticarci delle atmosfere tipiche dei film-denuncia, forti, drammatici e indignati. La bravura del regista sta nel raccontare la corruzione attraverso un film di genere, cioè il thriller. Il cinema spagnolo con Sorogoyen fa un passo avanti, perché riesce a narrare molte storie abbinando contesti politici attuali. Così, temi caldi della società possono essere portati sul grande schermo attraverso specifici generi cinematografici, come il thriller e l’horror. Non è un cinema d’impegno politico e sociale, e non è nemmeno il cinema spagnolo di Almodóvar, che forse conosciamo di più. Rodrigo Sorogoyen propone un cinema che fonda le sue radici nel genere e tiene conto di altri elementi: il piacere della visione e l’appetibilità del pubblico. Utilizza quindi un genere che potremmo definire “mainstream” per spiegare gli intrecci tra la politica e l’affarismo.
La corruzione viene vista come un processo naturale, dal punto di vista di Manuel. Si tratta di un modus operandi perfettamente integrato nella politica e nella vita privata. Ma nel momento in cui il protagonista della storia viene abbandonato dal regno che aveva costruito e in cui credeva fermamente, il film diventa sempre più adrenalinico. Anche l’interpretazione di Antonio de la Torre segue l’evoluzione della vicenda e risulta autentica, viscerale e intensa fino alla fine.
La giuria del Lux Film Prize del Parlamento Europeo:
Il regno è un thriller politico, che mette a nudo la corruzione che corrode il mondo della politica, scavando sotto la superficie per mostrare come il marcio si diffonda, quasi fosse un processo naturale, tra gli uomini e le donne convinti che determinati comportamenti siano perfettamente normali. Antonio de la Torre regala un’interpretazione esemplare nel ruolo di un uomo disperato, determinato a non pagare il prezzo della sua stessa vanità.
Movimento e tensione
Oltre ai temi e ai contenuti, El Reino va sicuramente ricordato anche per lo stile e il linguaggio cinematografico adottati. Infatti, si alternano piani sequenza virtuosistici a riprese effettuate con la macchina a mano. Le traiettorie delle inquadrature sono eleganti e non eccessivamente violente, anche quando seguono Manuel nei suoi spostamenti frenetici a piedi e in macchina. Questo film è movimento e tensione. Nemmeno le poche pause di Manuel insieme alla figlia riescono a rilassare lo spettatore. I misteriosi inseguimenti in macchina nella parte finale regalano poi un lieve tocco horror alla storia.
Guardando il film è difficile dimenticarsi dei tanti casi di corruzione politica a cui abbiamo assistito fino ad oggi. Questa volta, però, abbiamo l’occasione di vivere la vicenda dal punto di vista del politico corrotto di turno e di scoprire, insieme a lui, fin dove possono arrivare la superbia e l’orgoglio umano. L’unica consolazione sta nel fatto che il film abbia una fine precisa e così anche la fuga del nostro Manuel. Tutto è nelle mani del regista. La fine di certe realtà, invece, dipende ancora da noi.
Silvia Taracchini