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Raccontare l’UE in radio: perché Europhonica mi fa sperare in un futuro migliore

di Nicola Pifferi

Disclaimer: è raro che io mi lasci andare a sentimentalismi sul mio lavoro. È raro che mi emozioni tanto a parlarne. È ancora più raro che io scriva un pezzo in prima persona. Ma c’è sempre una prima volta.

Per chi non lo sapesse (se non lo sapete siete degli eroi che riescono ad isolarsi quando chiacchiero), dal 2016 collaboro con Europhonica, il programma radio internazionale sull’Unione Europea prodotto dalle radio universitarie RadUni. Da quando ho iniziato a scrivere per la versione italiana (prima), a condurre e gestire (poi) il format, la situazione europea è cambiata parecchio. Se avete dubbi non è diventata più rosea.

Nell’ultima puntata di questa stagione, assieme a Caterina Moser e Sonia Curzel ho ripercorso le tappe dell’ultimo anno: non ne è uscito un quadro incoraggiante.

Io non riesco a rimanere a guardare: sento di dovere fare qualcosa. E il mio modo di fare qualcosa per contribuire a un futuro migliore è parlare, scrivere, raccontare l’Unione in cui viviamo tutti i giorni e in cui credo tantissimo. Europhonica mi permette di fare proprio questo. Di venire a Strasburgo ogni mese, di parlare con i parlamentari europei e di scoprire dove le notizie nascono, dove i dibattiti possono fare la differenza.

Da qualche mese raccontarlo solo in radio non mi sembrava abbastanza. Dopo le elezioni italiane ho capito che ho un obbligo morale di parlare con i miei coetanei, di dare loro i fatti affinché si possano fare un’idea dell’Unione personale, non influenzata da chi ha bisogno del loro voto. Così è venuta l’idea, anche ispirata dagli esperimenti di Deutsche Welle, di usare Instagram, il social network più in crescita tra i millennials.

Sul profilo Instagram di Europhonica abbiamo raccontato le notizie più importanti degli ultimi mesi, utilizzando per ogni notizia quattro stories. Un esercizio di sintesi non da poco che però ha la sua importanza. Oggi a Strasburgo abbiamo raccontato l’esperienza di Europhonica ai partecipanti dello European Youth Event in un workshop matto: 35 ragazzi di almeno 10 nazionalità diverse e 150 minuti per scrivere e registrare tre notizie per la radio. Sempre negli stessi 150 minuti abbiamo anche preparato le Instagram stories per queste tre notizie.

E niente, è stato bellissimo. Un ragazzo alla fine del workshop è venuto a ringraziarmi per quello che facciamo ogni settimana: mi è un po’ scesa la lacrima.

Se volete scoprire qualcosa di più sul workshop fatto a Strasburgo guardate il sito europhonica.eu/eye18.