O come riprendere a suonare live alla grande in tempi di Covid.
Ne abbiamo visti di tutti i tipi durante il lockdown: alla finestra, nelle live su Instagram e Facebook, repliche su YouTube, fino quasi a scordarci come fossero quelli “veri”. Parlo ovviamente dei concerti live, probabilmente la cosa che è mancata di più a noi appassionati di musica in questi mesi.
Estate è sinonimo di musica e di festival. Quasi nessuno, però, avrebbe immaginato, qualche mese fa, che saremmo riusciti a goderci le emozioni della musica live anche quest’anno. Ve ne avevamo parlato anche qui.
Ci ho pensato bene prima di decidere di tornare a sentire la musica dal vivo. Pensavo non mi sarei mai decisa, ma scegliere il concerto del mio “grande ritorno” è stato facile. Sabato 8 agosto a Galzignano Terme hanno suonato Rareș, Post Nebbia, Jesse the Faccio e Colombre.
Aspettavo di andare ad un concerto di Colombre (nome d’arte di Giovanni Imparato) da quando è uscito il suo primo disco da solista nel 2017, Pulviscolo. Si può dire che è uno dei miei artisti preferiti, ma questo non bastava a convincermi. Ci sono voluti una location meravigliosa, ossia l’Anfiteatro del Venda (vorrei scrivere qualcosa a riguardo, ma l’immagine parla da sé), e alcuni tra i più interessanti artisti della scena musicale veneta.
Dopo il dj set a cura di SVGO ha aperto la serata Rareș. Si è fatto notare l’estate scorsa sui palchi di diversi festival e ad inizio anno è uscito il suo disco d’esordio, Curriculum Vitae. Con voce profonda e chitarra ci ha dato il benvenuto migliore che potessimo chiedere, tra un tramonto pazzesco e la malinconia dei suoi pezzi. Ha soli 22 anni, ma se continua così andrà lontano e io glielo auguro davvero di cuore.
Subito dopo il tramonto è il turno dei Post Nebbia, freschi di un feat con Dutch Nazari, voce e musica di riferimento per la scena padovana. Dopo aver sentito suonare tutta la band ho capito il perché di questa collaborazione. Vi consiglio caldamente di aggiungere la loro discografia alla vostra playlist di Spotify, non ve ne pentirete.
A serata inoltrata sale sul palco Jesse the Faccio. Un mix di energia, cantautorato italiano, indie americano e cappello con visiera (quando dice che non lo toglie mai, fidatevi). Ci ha coinvolti tutti tra risate, battiti di mani, luci e accendini per illuminare la collina. Congratulazioni anche alla sua band, ciliegina sulla torta di un progetto musicale già ben consolidato.
Dopo piacevolissime ore di attesa sale sul palco Colombre. Portare in tour il disco nuovo, Corallo, uscito a marzo, solo con voce, chitarra e archi è la scelta migliore che potesse fare. Non solo gli archi hanno rafforzato gli arrangiamenti musicali, ma fatto da vera e propria guida emozionale a noi del pubblico. Le colline del Venda e la luna rossa all’orizzonte hanno reso quell’ora intera di voce melliflua e archi sublimi senza molti dubbi la cosa migliore di tutto quest’anno. Ad un tratto l’unica cosa che rimbombava era il silenzio del pubblico, tutti assorti in quest’esperienza quasi paranormale ed il canto delle cicale.
Non sono mancati di certo i momenti esilaranti, che hanno reso “normale” una serata che di normale aveva ben poco. Colombre che atterra di schiena mentre si dimena con la chitarra e come se niente fosse continua a suonare. Un timidissimo feat. con Rareș sulle note di Anche tu Cambierai. Tutti e quattro gli artisti sul palco a intonare le ultime parole di Dimmi Tu.
Ovviamente sono di parte, ma vorrei aggiungere un’ultima cosa. Il Colombre di Buzzati (ecco spiegato il suo nome d’arte) è “un pesce di enormi dimensioni, spaventoso a vedersi […]. Qualcuno perfino sostiene che non esiste”. Queste parole si leggono all’interno del booklet di Pulviscolo, prese direttamente dal racconto dello scrittore italiano. Io posso assicurarvi che questo Colombre esiste e si fa sentire. C’è però un’altra espressione che Buzzati usa per definire il suo mostro, ossia “estremamente raro”. Ed estremamente raro è anche il talento di Giovanni, che con una semplicità disarmante è capace di descrivere e musicare emozioni profonde.
Andatelo a sentire in concerto, poi non fatemi dire “ve l’avevo detto” (anzi sì, vi prego).
Diana Russo