David Bowie: quando l’arte si fa musica, teatro, personalità

La performance di un artista difficilmente può essere ridotta alla dimensione di un concerto. Si tratta di spettacolo, di dinamiche costantemente intersecate da elementi come i costumi, le luci, la scenografia, ma caratterizzate soprattutto dal carisma e dalla presenza scenica di un frontman.

Nella definizione di un immaginario del teatro musicale è impossibile non celebrare il contributo di un personaggio che, nel tempo, si è fatto attore e interprete di sé stesso, portando la musica a dialogare con le altre arti in un modo sempre nuovo ed estremamente personale: David Bowie.

Starman" di David Bowie, un uomo dello spazio ci salverà da questa realtà

Il primo mese dell’anno è carico di ricorrenze che riguardano il grande nome del glam e dell’art rock, nato l’8 gennaio 1947 e morto il 10 gennaio 2016. Ripercorrendo alcune delle tappe fondamentali delle sue continue evoluzioni artistiche, stilistiche e personali, è possibile rendere omaggio alla sua spinta verso l’allargamento dei confini della musica, contaminata e arricchita da molteplici realtà.

Il 13 gennaio del 1972, a Londra, si tiene la prima del nuovo film di Stanley Kubric, Arancia Meccanica, da cui un giovane e affascinato Bowie attinge per rielaborare la tuta bianca di Alex e della sua gang, rendendola elemento caratteristico (oltre ai capelli rosso fuoco) della sua trasformazione in Ziggy Stardust. Al gusto per il drammatico e al fascino dell’alieno, il performer aggiunge anche un’influenza squisitamente giapponese derivante dal trucco utilizzato nel teatro kabuki.

Il 14 gennaio del 1966 David Jones cambia il suo nome il David Bowie (per evitare confusione con Davy Jones dei Monkees), operando una scelta con la probabile consapevolezza di aver intrapreso un percorso che lo avrebbe destinato ad essere ricordato, ma di certo non ancora conscio di quanto la portata rivoluzionaria della sua attività avrebbe reso impossibile confonderlo con chiunque altro. Lo stesso giorno, 11 anni dopo, la pubblicazione dell’album “Low” avrebbe segnato l’inizio della celebre Trilogia Berlinese e la nascita di un nuovo alterego, distante dal clamore dell’ispirazione al glam rock e portatore, invece, di un’atmosfera aristocratica e misteriosa. Il suo aspetto androgino e le sue maschere di forte impatto mettono in discussione ogni rigida visione delle questioni di genere e portano un approccio del tutto inedito al concetto stesso di identità.

Immagine, musica, parola: con David Bowie i linguaggi artistici si interrogano a vicenda, realizzando proposte e soluzioni sempre vive e capaci di reinventarsi. Dall’uomo sulla luna alla morte di Ziggy Stardust, dall’incarnazione del Duca Bianco al gusto per l’occulto, il suo percorso è vario e imprevedibile, in grado di creare un’estetica diversa per ogni album, spaziando tra stili e sonorità, ridefinendo i canoni di un artista che vive nella musica, nel teatro, nella letteratura, e che si fa arte stessa.

Testo di Martina Gimeli

Grafica di Chiara di Bernardo