
Circa un mese fa, io e un amico ci siamo ritrovati a parlare del più e del meno nel mentre di una pausa durante una sessione di studio e l’altra. Eravamo nella mia cucina, seduti attorno al tavolo, annoiati un po’ dalla vita, e all’improvviso mi mostrò il video di un evento che si sarebbe svolto di lì a breve; il 29 maggio, al porto antico di Genova, sotto la Tendostruttura della Fiera: l’Elrow festival.
L’Elrow è una compagnia spagnola che organizza eventi di musica dance ed elettronica, ed è specializzata nella Techno e nella House music. Almeno così dice Wikipedia perché, onestamente, non ne avevo mai sentito parlare; non sono precisamente quel tipo di persona che insegue i festival Techno in lungo e in largo per la durata dell’intera estate o la tipica ravettara con la frangetta, però la faccenda mi aveva incuriosita. Rimasi abbagliata dalle decorazioni delle strutture degli scorsi eventi e dalla musica che pompava cattiveria da tutte le casse, così decidemmo di organizzare un bel gruppone di gente per andare tutti insieme a sfasciarci di Technomusic e gin tonic. Pagammo 50 euro solo per l’entrata; dopo l’incazzatura iniziale, perché ci sembrava un costo esorbitante per una sola giornata, chinammo la testa e sborsammo i soldi in ogni caso. Eravamo rimasti chiusi in casa per troppo tempo, senza poter partecipare a concerti e assembramenti collettivi; ergo, ci sembrò ragionevole pagare una cifra così alta. Dopo qualche giorno, i nostri biglietti furono prenotati.

Il giorno stesso dell’evento decidemmo di pranzare tutti assieme. Mangiammo trofie scotte al pesto senza sale e bevemmo del cattivo vino bianco da undici gradi e qualche birra calda. Nel mentre stavamo cercando di riprenderci dal giorno prima dato che avevamo avuto la geniale idea di andare al mare a Punta Chiappa; una località ligure dove per arrivarci bisogna percorrere un sentiero di tremila scalini in salita prima di raggiungere la meta. Inutile dire che eravamo fisicamente distrutti e ustionati dal sole, ma sempre con la voglia di far festa. Dopo qualche caffè ci incamminammo verso l’Elrow. Durante la camminata ci fermammo per bere qualcosa al bar, giusto per caricarci un pochino prima dello sfacello totale.
Ci accorgemmo che tanti ragazzi avevano avuto la nostra idea; infatti, un bel gruppo di ragazzetti si era fermato a bere per lo stesso motivo dato che stavamo andando tutti nella stessa direzione. Dopo aver finito le nostre bevande e aver preso un bel po’ di vento arrivammo sotto il tendone aperto del festival. Il paesaggio faunistico si mostrò devastante. Partendo dalle decorazioni mi trovai abbastanza delusa: onestamente speravo in qualcosa di più scenografico dati i video che mi aveva mostrato inizialmente il mio amico. Ma insomma, eravamo lì per un altro motivo. C’era già qualche ragazzetto sotto effetto di pastiglie che aveva iniziato a ballare nervosamente già dall’apertura dell’evento, ma tutto il contesto si rivelò abbastanza esilarante. Ragazzine vestite come se fossero uscite dalla serie di Euphoria, riempite di brillantini e abiti succinti; alcune avevano seguito il tema della serata cioè Il Capodanno cinese, altre avevano deciso di strafare col trucco e l’illuminante.

Da amante dei glitter, dell’illuminante e dei brillantini avevano tutta la mia invidia. La musica usciva dagli altoparlanti come razzi a propulsione e le code agli stand di birra, alcolici e cibo erano infinite. Arrivammo al tendone quasi alle 17:00 e passammo metà del resto del pomeriggio a fare la fila per cambiare i soldi in Token: gettoni che ci sarebbero serviti per le consumazioni. Dopo quasi un’ora e mezza avevamo la nostra merce di scambio e iniziammo ovviamente a bere.
A dire la verità ricordo veramente molto poco. Dopo svariati vuoti di memoria mi viene ancora in mente quel pavimento sudicio pieno di bicchieri di plastica, sudore e liquidi di non specificata provenienza. Di sicuro non era peggio delle strade di Zurigo dopo la Street Parade nel lontano 2014, quando ero ancora minorenne e uno sconosciuto mi aveva chiesto il telefono per farsi tre raglie di cocaina, ma c’eravamo vicino. So solo che mi è salito un colpo al cuore quando si sono fatte le 21:00 e mancavano tre ore alla fine di quel disagio esistenziale, e che una ragazza che sembrava madre Teresa mi ha molestata per chiedermi se volessi dell’MDMA. Ero probabilmente al mio quinto gin tonic e alla millesima pisciata nei bagni chimici, dove mi sento fortunata a non essermi ancora ammalata di qualche sconosciuta malattia venerea.
Ad un certo punto eravamo tutti presi dalla musica e io ballavo con gli occhiali da sole per riuscire a chiudere gli occhi ed isolarmi da tutta quella calca di adolescenti. È stata una miscela di benessere e di infinite scomodità, ma nessuno di noi era abbastanza stanco per avere voglia di andarsene. Ma, come le più belle cose, la serata giunse alla sua fine. Dopo sei ore, e anche più, di delirio decidemmo che era arrivata l’ora di levare le tende. Trovammo la nostra salvezza in una focacceria notturna che ci ha gentilmente sfamati, anche se non so come siamo sopravvissuti ad una dieta di soli alcolici dato che l’ultima volta che avevamo mangiato era l’una di pomeriggio. Ci ingozzammo di focacce genovesi e ci reidratammo bevendo, finalmente, dell’acqua. Dopo poco, quella canaglia del mio amico ci raggiunse. Si trovò davanti le nostre facce tumefatte dalla stanchezza e uno scenario raccapricciante, ma tutto sorridente e gongolante ci chiese:
<< Figo raga! Lo rifacciamo l’anno prossimo? >>.
Assolutamente sì.
Testo e foto di Ludovica Sanseverino