40 anni di Remain in Light dei Talking Heads

Le A rovesciate e i volti tribali dei Talking Heads effiggiati sulla copertina di Remain in Light dall’artista ungherese Tibor Kalman, dopo 40 anni mantengono intatto il loro mistero. L’album, uscito nell’ottobre del 1980, è forse l’espressione più visionaria della band statunitense. Per ritrarre la bassista Tina Weymouth, il batterista Chris Frantz, Jerry Harrison e David Byrne, tutti ricoperti da una gigantesca maschera rossa, che all’epoca doveva apparire come qualcosa di inusuale e difficile da realizzare con strumenti digitali, si fece ricorso a uno dei primi esperimenti di computer grafica, per cui si resero necessarie addirittura le ricerche condotte dal MIT di Boston. Fu lo stesso Byrne ad ammettere, nel 1995, che quellesembravano maschere africane realizzate da un bambino al computer. Con il senno del poi non possiamo dargli torto, anche se a ben guardare l’enigma della copertina è la porta perfetta per un mondo colorato e sperimentale.

Il quarto album dei Talking Heads segna le distanze dal precedente “Fear of music” anche per il disegno del lato A dell’LP (tutto nero nel disco del ‘79) e sul piano musicale è probabilmente il disco della band che ha inciso di più sulla strada che si stava aprendo. In quello stesso periodo Byrne era a lavoro su un altro album fondamentale, “My life in the bush of ghosts”, insieme a Brian Eno. Il produttore, che già aveva colloborato alle prove precedenti del gruppo, fiuta il potenziale di quelle intuizioni sonore accennate, le arricchisce e complica ulteriormente, infondendo la decisiva svolta all’album.

I brani ci portano all’interno di una caleidoscopica giungla metropolitana: il funk bianco arriva a diventare tutt’uno con i ritmi africani, rivelando la sua potente energia. Il rock che non è mai stato un monolite, ma che aveva avuto fino ad allora una identità precisa, è ora un organismo nel quale convivono le influenze più diverse: la new wave, l’elettronica, la dance music e il sound di New York sono alcune delle direzioni grazie a cui la musica scopre un diverso lato della sua anima.

“Remain in light” continua a splendere di luce, in un mondo ancora profondamente immerso nel caos.

Eulalia Cambria