Si conclude un anno difficile per tutti. E sicuramente il settore musicale (che ovviamente comprende anche concerti live) è tra quelli che più ne hanno sofferto. Nonostante il periodo non sia stato uno dei migliori, sono usciti tanti dischi meritevoli che vi abbiamo raccontato qui e che potete inoltre ascoltare nella playlist contenuta su Spotify.
Eccoli.
The Avalanches – We will always love you
Uscito negli ultimi giorni del 2020 e per questo destinato a rimanere fuori quasi da tutte le classifiche di fine anno, “We will always love you”, capitolo terzo della band australiana The Avelanches, è una galassia di suoni e di colori che apre a sorpresa uno squarcio luminoso in questo ultimo periodo dell’anno. L’album è concepito come un concept spaziale ispirato all’astronomo Carl Sagan e al celebre Golden Record lanciato all’interno della sonda Voyager in direzione di orbite interstellari con messaggi provenienti dalla terra. Un lavoro lungo e denso che contiene un incastro di sample e di collaborazioni (MGMT, Blood Orange, Tricky), ma con momenti leggeri che variano dall’hip hop alla disco music.
EULALIA CAMBRIA
Muzz – Red Western Sky
Quello dei MUZZ è un trio formato dal cantante Paul Banks, frontman degli Interpol, dal batterista dei The Walkmen Matt Barrick e dal polistrumentista Josh Kaufman, nel ruolo di chitarrista, che ad aprile ha pubblicato e registrato in pieno lockdown il suo disco d’esordio: “Red Western Sky”. Non ascoltavo un EP in loop dal 2012, anno in cui ho comprato due CD-ROM che non avevano nulla in comune: “Ok computer” dei Radiohead e “Quello che non c’è” degli Afterhours. Le sonorità nostalgiche e decadenti mi fanno rivivere completamente l’anno appena trascorso e so bene che non è una cosa gradita da tutti, soprattutto dalla musica che non ha ancora smesso di combattere, ma il fatto che susciti in me delle emozioni così forti mi consente di affermare che questo è il miglior album del 2020.
CATERINA NICOLINI
Samuele Bersani – Cinema Samuele
Quello di Bersani è un lavoro curato nei dettagli, a partire dalla copertina dell’album, un mosaico di immagini del presente e del passato proiettate sulla sagoma dello stesso autore, fino ai testi, tutti frutto della penna abilissima del cantautore riminese che racconta il proprio vissuto e il mondo esterno percepito con gli occhi di un osservatore attento e sensibile. Momenti di vita quotidiana raccontati in modo cinematografico. Ecco perché Cinema Samuele è l’album dell’anno.
FRANCESCA FRANZÈ
Samsara Blues Experiment – End of Forever
Dalle parti dello stoner rock i Samsara Blues Experiment nel corso dell’anno hanno preparato il nuovo album, probabilmente l’ultimo dato che hanno deciso di prendersi una pausa. Il disco, “End of Forever”, ci immerge in un’atmosfera unica. Da ascoltare e riascoltare. Già disponibile su bandcamp uscirà ufficialmente a gennaio 2021.
MARINA FULCO
Phoebe Bridgers – Punisher
Punisher è il disco dell’anno. E non solo perché è solo il secondo disco della ventiseienne californiana che vanta già tantissime collaborazioni di livello. I motivi sono molteplici, ma ne dirò solo un paio; è l’evoluzione, per maturità e cronologia, della sua vena artistica, che aggiunge profondità e sonorità a quanto già fatto. Tutto ha una struttura solida, persino la nostalgia che emanano tutte le note e l’intimità timida che rivela il disco. Questo è l’album che la eregge a paladina dell’emo-folk, anche se a lei probabilmente non frega nulla (e a questa frase aggiungerei questo articolo).
DIANA RUSSO
Yves Tumor – Heaven To a Tortured Mind
“Heaven To a Tortured Mind” è ricco di ispirazioni e di sonorità, dal soul e R&B fino al rock più esagerato, fatto di grandi assoli e suoni enormi. Nei panni, tra gli altri, di un moderno Prince, Yves Tumor riesce a far coesistere alla perfezione tutti gli stili sopracitati. L’album è ben strutturato e le performances vocali di Tumor sono eccezionali. Le sonorità di questo lavoro, partendo da riferimenti ben precisi che si mischiano alla perfezione con i suoni contemporanei, creano quello che speriamo sia come suonerà la musica nel futuro, a prescindere dal genere: concetto superato per Yves Tumor.
ALESSANDRO MONFROGLIO
AC/DC – Power Up
Anche gli AC/DC si sono dati da fare durante questa pandemia.
Il risultato? “Power up”. Il 17esimo album del gruppo musicale australiano è come una meravigliosa medicina in stile hard rock: ci fa ballare e saltellare come bambini. Consigliatissimo per chi ha bisogno di carica, energia e anche un pizzico d’amore in questo periodo.
VERONICA GRASSO
Hayley Williams – Petals for Armor
Lo avevo citato come il mio disco preferito della prima parte dell’anno (nell’articolo che trovate qui) e lo cito nuovamente adesso perché, nonostante abbia ascoltato molti altri dischi, è l’opera che mi ha convinto di più. Si tratta del primo progetto solista della cantante dei Paramore ed è un bellissimo esempio di resilienza e di forza interiore, che ci insegna che è sempre possibile rifiorire dopo la tempesta: un messaggio utile anche per questi tempi incerti. Strutturato in 3 parti, ognuna ha una tematica particolare, e gli argomenti trattati sono appunto la forza interiore, poi il femminismo, l’importanza dell’amicizia e la possibilità di rialzarsi nonostante tutto. Per saperne di più, trovate la recensione qui.
GIULIA GALLO
Idles – Ultramono
Gli Idles hanno tre pregi che raramente convivono insieme: sono incensati dalla critica, sono amati dal pubblico (anche qui da noi) e sono ancora vivi. “Ultramono”, il loro terzo album riesce – di nuovo – nella magia di consegnarci un album post-punk che non sa minimamente di passato, con melodie graffianti e testi anche di più. “Ne touche pas moi”, brano che parla di consenso, su tutti ne è la prova. E poi sono anche belli da vedere, sia nei live che nelle loro versioni cartoon.
ALESSANDRO MENGHINI
Sault – Untitled (Black Is)
Per il groove che sprona e consola, per l’ottima black music, per come ha documentato puntualmente la battaglia in corso dei Black Lives Matter.
NICOLA CARRATTA
Fontaines DC – Hero’s Death
A distanza ravvicinata dall’acclamatissimo “Dogrel”, tornano in pompa magna i Fontaines DC con “Hero’s Death”, secondo lavoro di studio prodotto dalla Partisan. Le influenze e lo stile sono inconfondibili e coerenti con quella che è l’immagine del quintetto di Dublino, a cambiare sono le tematiche. Mentre in “Dogrel” la protagonista assoluta era Dublino, in “Hero’s Death” troviamo una visione sfrontata e matura della giovinezza. Si distaccano dalla loro città natale (certo, non nell’accento palpabile nel cantato di Chatten), quell’amore imperfetto, quasi monotono, che comunque va inseguito, bramato, vissuto. Nell’ultimo anno, sono diventati gli artisti di punta di una Dublino in pieno fermento artistico (a pregnant city), entrando a far parte del panorama indipendente. Attraverso i testi di Grian Chatten viene espressa la paura di un mondo che da un momento all’altro potrebbe inglobarti cambiandoti radicalmente (e quanti artisti conosciamo che potrebbero comprendere questo malessere). Un disco destinato a essere ricordato e già amato dalla critica e dal pubblico.
SILVIA FRATTINI
Ernia – Gemelli
“Gemelli” è come un manoscritto sul quale sono segnate tantissime lezioni di vita, la cui stesura è stata realizzata da Ernia nel pieno della sua maturazione umana prima che artistica. E’ un disco puro a livello esperienziale, corroborato dal vissuto e dal liricismo di uno dei migliori rapper italiani in circolazione. L’insegnamento più profondo è che ognuno di noi deve imparare a convivere con il binomio interiore di Gemelli, riuscendo a capire quando manifestare una parte mettendo a tacere l’altra e viceversa, ed è cosi che Ernia compie il suo passaggio da ragazzo a uomo.
BEATRICE GIORDO
The Weeknd – After Hours
“After Hours”, l’ultimo lavoro di Abel Makkonen Tesfaye, in arte The Weeknd. L’artista ci catapulta nella sua sfera privata: attraverso i testi racconta la rottura con la modella Bella Hadid, senza filtri. La ferita di un amore finito, la fuga nell’alcol, nella droga e nelle avventure di una notte. Ritroviamo le sonorità che hanno identificato la discografia precedente: un suono anni ’80 mischiata al R&B e Synthpop. Ascoltando l’album è come se il cantante ci prendesse per mano e ci portasse nel suo subconscio o ci invitasse in un bar davanti ad un bicchiere di whisky come due vecchi amici, narrandoci il suo dolore, i suoi peggiori incubi e incertezze sul futuro. Un progetto discografico cupo con sonorità elettro pop. Una prova audace e sincera dove ognuno può riconoscere le proprie fragilità e sentirsi meno solo nell’affrontare momenti difficili.
SARA PAGANO
Bring me the Horizon – Post Human: Survival horror
“Post Human: Survival horror” è l’ultimo disco dei Bring me the Horizon e si allontana ancora una volta dai lavori precedenti. Album registrato e prodotto interamente nella quarantena che ripropone un’elettronica dirompente con una componente metalcore che ritorna in auge. Quello che mi ha colpito di più? I cori bulgari all’inizio di Parasite Eve che conferiscono quella giusta solennità a questo brano distruttivo.
GIOVANNI CASSONE