Il 17 aprile 2020, nel bel mezzo di una pandemia globale, Fiona Apple rilascia il suo album “Fetch The Bolt Cutters”, dopo una pausa musicale di otto anni e oggi, a un anno di distanza, riflettiamo sull’impatto che questo classico contemporaneo ha avuto. “The Idler Wheel…”, rilasciato nel 2012, ha lasciato la critica a bocca aperta, e “Fetch The Bolt Cutters” non è stato da meno con la valutazione più alta di 10/10 conferita dal celebre magazine musicale Pitchfork in quasi 10 anni e un punteggio di 98/100 su Metacritic basato su 18 recensioni.
Dopo il successo iniziale nei suoi anni da teenager col primo album “Tidal” e la battaglia combattuta contro l’etichetta discografica Sony, la quale nel 2005 aveva bloccato l’uscita dell’album “Extraordinary Machine” poiché non abbastanza mainstream, Fiona decide di scrivere degli album solo quando si sente ispirata e ne sente la necessità, prendendosi così delle pause lunghe quasi un decennio per scriverne uno, com’è successo con “Fetch The Bolt Cutters”. Questo album è stato quasi interamente scritto e registrato nella casa di Fiona a Los Angeles, infatti la sua natura è fortemente percussiva: la casa è diventata un membro della band di Fiona. Questo aspetto conferisce all’album una nota sperimentale di grande valore, creando un’atmosfera musicale intensa e d’impatto.
“I Want You To Love Me” è la canzone che apre l’album, e non ci potrebbe essere un’apertura migliore. Questa strana ballata è composta da melodie ricercate, eleganti e rigorosamente imprevedibili che sono il marchio di fabbrica di Fiona Apple, ma già da qui capiamo che, in confronto a “The Idler Wheel…”, questo disco contiene una sorta di dissonanza costante che rende le parole cantate da Fiona ancora più poetiche, come un vortice che risucchia l’ascoltatore in un turbinìo disperato e lento, ma anche meraviglioso. L’opera prosegue con “Shameika”, un punto altissimo dell’album dove un piano leggiadro accompagna dei forti ritmi, creando così questa canzone che parla di solidarietà femminile seppure nel microuniverso dell’infanzia di Fiona. “Under The Table” contiene una delle affermazioni più eclatanti della forza di Fiona Apple con la frase “Kick me unnder the table all you want / I won’t shut up”, raccontando così la propria irriverenza con una canzone che arde di rabbia, ma che è anche cosparsa di una fine ironia. In “Relay” il fattore sperimentale è dato dalle digressioni stilistiche ispirate a un jazz molto personale fatto dall’artista, che rendono la traccia una delle più interessanti dell’album.
Tematicamente quest’album non è di meno rispetto alla controparte sonora, ma questo ormai non ci sorprende più quando parliamo di Fiona Apple. In “Fetch The Bolt Cutters” l’artista compie una presa di libertà che negli album precedenti è sempre stata una cosa sottointesa, scontata, ma che in quest’opera diventa un fil rouge ancora più evidente. “For Her” è una delle tracce più forti dell’album, dove accenna all’abuso sessuale subito quando la cantante aveva 12 anni. Definire quest’opera un manifesto del movimento #MeToo, pur non rispecchiandone appieno l’essenza, conferisce all’album una solennità inusuale, piena di rabbia e risentimento, ma anche di consapevolezza. “Cosmonauts” è l’unica traccia dell’opera che parla d’amore, ma nonostante il romanticismo dobbiamo tenere a mente che stiamo parlando di Fiona Apple, che l’amore quasi lo disdegna, e infatti in questa canzone lo stare insieme è visto come una prigione spaziale nella quale si è costretti a vivere insieme per sempre, ma gli innamorati se lo fanno andare bene. “Ladies” è un’altra traccia molto importante poiché tratta delle relazioni che Fiona ha fatto sempre fatica a creare con le altre donne, poiché messe tutte le una contro le altre dalla società patriarcale.
In conclusione, non ci troviamo davanti a un semplice album. “Fetch The Bolt Cutters” prende ogni limite artistico per il collo e lo straccia via come se nulla fosse, perché è questo che succede quando Fiona Apple fa musica. Questo album non è solo un’opera artistica di alto livello tecnico, ma è anche una vera e propria dichiarazione di libertà da parte dell’artista: libertà di parlare, libertà di essere, ma soprattutto libertà di sbagliare. Quest’opera è un esempio forviante di cosa vuol dire essere intrappolati nella condizione umana, declinato dagli occhi di Fiona Apple. Dopo un anno dall’uscita di questo album, non ci sono aspetti giusti o aspetti sbagliati in ciò che racconta, non ci sono parole o suoni di troppo, non ci sono parti inopportune, perché è semplicemente ciò che vive.
Sidri Hasanlliu