“Appunisci a parlèsia”? Questa era una delle tipiche frasi per capire se si stava interagendo con una persona che provenisse da quel determinato ceto sociale e che quindi sapesse parlare l’antica lingua segreta dei musicisti napoletani.
La Parlesia, questa sorta di slogan o sotto-dialetto della lingua napoletana, nasce nel ‘700 ed era utilizzato dalle categorie “più basse” della società, per poter comunicare in segreto e soprattutto per non essere capiti dalle gerarchie più alte.
Inizialmente, infatti, era principalmente utilizzato dalceto sociale considerato “il più basso”, fatto da borseggiatori, scaricatori di porto e pescivendoli, ma con il passare degli anni sbarca nel mondo dell’arte e della musica, conquistando una grande importanza proprio in questo settore.
Ma andiamo a capire insieme perché questa lingua arriva anche tra musicisti.
Possiamo dire che quella del musicista, in tempi remoti, non era vista come una professione approvata ed apprezzata come invece lo è oggi, anzi, i musicisti erano una sorta di popolazione nomade, sempre in giro a suonare per guadagnare pochi spiccioli, per poi andare nelle osterie e lasciarsi conquistare dai piaceri più sfrenati della vita. Gli argomenti discussi con la Parlèsia erano, come si suol dire, “terra terra” e i principali temi trattati erano principalmente di musica, soldi e bisogni di vario genere. Inoltre molti termini avevano e hanno significati differenti a seconda del loro utilizzo.
Andiamo a scoprire alcuni dei termini che appartengono a questo singolare vocabolario.
“Appunisce” che significa significa “capire” era uno dei verbi più utilizzati, quindi “appunisci a parlèsia” (capisci la parlesia) era, come abbiamo detto all’inizio, un modo per riconoscersi e comprendere se il destinatario parlasse la stessa lingua, “acchiarì” che significa “ubriacarsi” o ancora parole come “tabbacchèsia” o “fumenzia” che significano “sigaretta”, “bbane” per intendere i “soldi”, “perette” per intendere il “mandolino”, sono solo alcuni dei termini che appartengono al vocabolario della Parlesia. Un vocabolario unico e tutto da scoprire e grazie a Pino Daniele, James Senese, Napoli Centrale e tutti massimi esponenti del Blues napoletano, la Parlesia giunge a noi, non più come mezzo segreto per riconoscersi in un ambiente ostile, ma piuttosto come un prodotto culturale, un simbolo di una Napoli in musica ed un grande motivo d’orgoglio per i musicisti che tengono alta la memoria di un’antica tradizione.
Daniela Paparone