Franco Battiato è scomparso il 18 maggio. Fare una selezione dei brani del cantautore siciliano è stata un’impresa ardua, tuttavia abbiamo provato a scegliere e raccontare 7 delle sue canzoni più belle
Grafica di copertina di Marina Fulco
Il Re del mondo
(L’era del cinghiale bianco, 1979)
“E sulle biciclette verso casa, la vita ci sfiorò, ma il Re del Mondo ci tiene prigioniero il cuore“. Nella mitologia greca la figura di Minosse, scelta poi nel medioevo da Dante come giudice infernale, rappresentava il Legislatore supremo che aveva il potere di decidere le sorti dell’uomo. Altre culture antiche, come quella dei Celti, avevano usato il nome di Menew, dagli Egizi chiamato anche Mina o Menes. È lui il Re Del Mondo (il titolo è tratto dal libro esoterico di René Guénon), la forza oscura che ci tiene imprigionati. Il ritmo solenne e pinkfloydiano viene però stemperato da una rassegnata e raffinata ironia (“più diventa tutto inutile, più credi che sia vero, e il giono della fine non ti servirà l’inglese“) con cui Battiato si prende gioco dei falsi obiettivi per aprire una strada che invece ha delle vie da percorrere, come ci hanno insegnato i danzatori sufi, per arrivare a una dimensione autentica dell’esistenza, affinchè non sia l’oscuro Re del mondo ad averla vinta (Eulalia Cambria)
Stranizza D’Amuri
(L’era del cinghiale bianco, 1979)
I ricordi sono quelli degli ultimi giorni di scuola e dei sentieri tra le lucertole di giugno sulla Circumetnea, le parole sono in dialetto siciliano. “Man manu ca passunu i jonna, Sta frevi mi trasi ‘nda lI’ossa, ‘Ccu tuttu ca fora c’è ‘a guerra, Mi sentu stranizza d’amuri… I’amuri“. La semplicità di un sentimento nuovo, l’affacciarsi dell’amore. Non ci sono riferimenti filosofici, solo un inno spontaneo alla forza della vita, che si libra in alto, lontana dalla crudeltà della guerra. (Eulalia Cambria)
La stagione dell’amore
(Orizzonti perduti, 1983)
“La stagione dell’amore” è il titolo del primo brano tratto dalla raccolta “Orizzonti perduti” del 1983. Lo stile è molto vicino a quello di una vera e propria ballata con un unico e primario obiettivo: raccontare il trascorrere del tempo e delle stagioni che si inseguono attraverso l’orologio dell’amore e del sentimento. È un invito a cogliere tutte le occasioni della vita con leggerezza, a stupirsi delle piccole cose, a non smettere mai di emozionarsi e a non avere troppi rimpianti sul passato ormai trascorso e quindi irrecuperabile. Così come canta Battiato infatti: “Ancora un altro entusiasmo ti farà pulsare il cuore. Nuove possibilità per conoscersi. E gli orizzonti perduti non si scordano mai“. (Francesca Rodolico)
E ti vengo a cercare
(Fisiognomica, 1988)
Il brano che ho scelto per omaggiare Franco Battiato è “E ti vengo a cercare”. Canzone presente all’interno di “Fisiognomica” del 1988. È uno dei miei brani preferiti perché anche se a primo impatto potrebbe sembrare una canzone d’amore in realtà è molto di più. Personalmente, credo sia una dedica perfetta da fare alla persona amata. Ma Battiato qui ha voluto raccontare il rapporto con il Divino e il bisogno dell’uomo di relazionarsi al prossimo. “E ti vengo a cercare anche solo per vederti o parlare perché ho bisogno della tua presenza per capire meglio la mia essenza“, perché come diceva Aristotele (teorico della fisiognomica, da cui è derivato il nome di questo album), l’uomo dopotutto è un animale sociale. (Sara Pagano)
Zai Saman
(Fisiognomica, 1988)
“Zai Saman” non è la mia canzone preferita di Battiato, non credo di poterne individuare una. Un giorno ho comprato “Fisiognomica”, l’ho fatto partire e mi ha rapita. Scale orientali, parole arabe, e una realtà ancora attuale, dopo più di trent’anni. Perché chi non sarebbe d’accordo con il fatto che “vuoto di senso crolla l’Occidente“? (Diana Russo)
L’ombra della luce
(Come un cammello in una grondaia, 1991)
La realtà delle cose così come la conosciamo empiricamente rappresenta una parte infinitesimale di ciò che è la vera conoscenza del tutto. Perfino i momenti dove ci siamo sentiti connessi con gli altri esseri umani sono solo “l’ombra della luce”. Ma che cosa rappresenta questa fantomatica luce? In realtà non esiste una risposta univoca necessariamente legata ad una specifica religione. Da ogni cultura si possono estrapolare degli elementi utili per elevare il nostro essere a nuovi stati di coscienza. La risposta sta nella ricerca costante e continua di ognuno di noi, per scorgere il significato fuggente di una realtà in continua trasformazione. È come nel Platonico mondo delle idee, la perfezione non fa parte della condizione umana ma si possono scorgere i suoi effetti per risonanza, come quando si lancia un sasso nello stagno e l’ultima delle onde create, magari la più debole arriva a sfiorare il nostro animo imperfetto. Allo stesso modo non mancano anche i riferimenti al libro tibetano dei morti, al periodo di transizione fra la morte e una rinascita che i buddhisti chiamano bardo. L’artista ha scritto questo pezzo dopo sei mesi di meditazione forse proprio per farci scorgere una di quelle onde, quantomeno intermedie, di quelle altissime frequenze. (Alessia Cammarano)
La cura
(L’imboscata, 1996)
Scritta per l’album “L’imboscata” del 1996, “La cura” è uno tra i tanti capolavori di Franco Battiato, scritto insieme al filosofo Manlio Sgalambro. Doppio disco di platino e con oltre 60.000 copie vendute, il brano del cantatautore ioniese, è considerato un testo che ci racconta di una particolare dedizione e una profonda protezione per la persona amata: solo grazie all’amore si può guarire e arrivare alle stelle. Tra le mille interpretazioni, c’è anche chi dice però che la canzone, approdata anche a Sanremo nel 2007, sia una celebrazione dell’uomo e della donna: un amore, questa volta, verso se stessi…. Perché siamo tutti “esseri speciali”. (Veronica Grasso)