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MATA di M.I.A.

La rapper è tornata e non è più così cattiva.

In tutta sincerità, non ricordo esattamente il momento in cui conobbi la musica di M.I.A. Però mi viene in mente di quando ero una bambina e guardavo i video musicali che passavano su MTV. Ricordo benissimo quello di Paper Planes, brano uscito nel 2008, utilizzato anche per la colonna sonora del film The Millionaire. All’epoca ero molto piccola e probabilmente quella musica ancora non riuscivo a comprenderla. Era così diversa dalla musica pop che passava alla radio e altamente differente da quella che ascoltavano allo stereo le mie sorelle. Oramai ero abituata a Nelly Furtado, a Janet Jackson, alle Spice Girls, Madonna; una ragazza che faceva musica tutta sua era quasi inaccettabile. Col passare degli anni persi un po’ di interesse verso di lei, stavo crescendo e volevo ascoltare la musica che ascoltavano tutti. Volevo, sostanzialmente, evitare di farmi piacere qualcosa che, almeno in Italia, non piaceva a nessuno. Ma qualche anno fa ebbi la rivelazione definitiva. 

Era una giornata soleggiata, fuori c’era un buon profumo di fiori e una lieve brezza primaverile. Ero in camera mia seduta alla solita scrivania; a quel tempo ancora non usavo Spotify, ma adoravo scorrere nelle playlist di YouTube. Avevo cliccato su un catalogo di musica anni 2000: la giusta medicina per noi poveri vecchi nostalgici a cui piace ascoltare del trash vero come l’album di Paris Hilton, incoronato dalla sottoscritta come un capolavoro indiscusso del cringe. All’improvviso cliccai su quel famoso video di Paper Planes e mi ritornò in mente che quella canzone l’avevo già ascoltata mille volte. Decisi allora di approfondire la mia conoscenza di M.I.A.

Biografia

Per poter parlare della musica di M.I.A. non si può non fare riferimento alla sua vita. Mathangi “Maya” Arulpragasam, classe 1975, di origini srilankesi, definita oggi anche come una delle rapper femminili migliore di tutti i tempi. Nata a Hounslow, un quartiere metropolitano di Londra, a sei anni ritorna in Sri Lanka con la famiglia ma, a causa della guerra civile in corso e le enormi ristrettezze economiche, fa ritorno a Londra. Nella lontana Inghilterra Maya vince una borsa di studio al Central Saint Martins College of Art and Design di Londra, dove studierà belle arti e tecnica video. Col passare del tempo, gli Elastica, gruppo alternative rock, le commissionano la produzione della copertina del loro nuovo album e un video documentario che riprendi il loro tour americano. Durante il viaggio Maya ha la fortuna di maneggiare il Roland MC-505. Noi tutti ringraziamo questo momento dato che, grazie a questo incontro, il mondo ci ha donato una delle artiste migliori del ventunesimo secolo.

Da Arular a AIM

Come definirei la musica di M.I.A.? Personale. Eccentrica. Senza nessun tipo di controllo; selvaggia, avanguardistica. Arular fu il primo album ad uscire, nel lontano 2005, preceduto dal singolo Galang. Il successo fu immediato e gli applausi della critica non si fecero aspettare. Questo mixaggio perfetto di suoni assolutamente imprecisi, campionamenti folli e grezzi metteva insieme un’elettronica che il mondo ancora non era pronto ad accogliere. Caratteristiche che poi vennero riprese anche nell’album Kala uscito nel 2006. A questo punto lo stile di M.I.A. è assolutamente inconfondibile. Le sue origini srilankesi influenzeranno tantissimo la scrittura dei suoi testi – aggressivi e molto politici- e le melodie dei suoi brani che, il più delle volte, prendono a campionamento suoni derivanti dalla cultura indiana e dello Sri Lanka. A seguire ci saranno gli album Maya, Matangi e AIM, pubblicato nel 2016. 

MATA

Se seguiste Maya sui social media, come Instagram, vi accorgereste di quanto questa donna sia, diciamo, singolare. La maggior parte delle volte non capisco il significato dei suoi post e ci ho impiegato un po’ di tempo prima di capire che sarebbe uscito un nuovo album dopo sette lunghi anni di attesa. L’annuncio dell’uscita del nuovo album, tra l’altro, era stato dato l’anno scorso. E io solo quest’anno, quando è uscito sulle piattaforme di streaming, ho realizzato che non era una bugia. MATA ha visto la sua luce, precisamente, il 14 ottobre di quest’anno e al primo ascolto ne rimasi un po’ perplessa. Rispetto ai suoi precedenti album questo rimane spoglio. Ovviamente il segno di M.I.A. è sempre visibile e il suo stile inconfondibile renderebbe unica qualunque cosa, ma non è solo lo stile ciò che conta. Maya è una cantante molto politica e sinceramente attaccata alle sue origini; si ricordano le sue opere di volontariato e le sue denunce contro la guerra civile nello Sri Lanka, terra da cui proviene. In ogni suo brano non manca certo un collegamento alle ingiustizie del mondo o alla self-consciousness, ma stavolta non è riuscita a sfogarsi completamente. Se ascoltaste i suoi primi album capireste l’enorme differenza di suoni; non sono più grezzi e rudimentali come una volta, non sono più rumori incontrollati e imprecisi, elemento che la contraddistingueva particolarmente. Appaiono puliti, troppo limpidi e, soprattutto, alcuni brani scivolano troppo verso la trap, un genere che non riesce a renderle giustizia data la sua poca originalità. Interessanti, invece, sono l’uso del Bhangra e vocalizzazioni dal Tamil, molto ricorrenti in tutta la sua discografia. L’autrice però appare stanca, come se avesse già detto tutto. È sempre stata una personalità controversa e trasgressiva, esattamente come quando ha mostrato il dito medio al Super Bowl del 2012, ospite sul palco al concerto dell’Halftime di Madonna insieme alla collega Nichi Minaj. È stata odiata da tutta l’America, bandita dagli Stati Uniti e costretta a risarcire ben 16 milioni di dollari alla NFL; le hanno fatto razzismo per anni, deridendola per le sue origini, definendola come ‘personalità scomoda’. Ne hanno parlato nei salotti televisivi americani chiedendosi il perché Madonna avesse scelto proprio M.I.A. come featuring del suo brano Give me all your lovin dato che “non è né bianca né americana”. Ma a lei non l’è mai importato niente del giudizio degli altri; lei faceva musica per sfogarsi, per gioco, per gridare al mondo quanto fosse diversa. Basti sapere che per il nuovo album avrebbero dovuto essere presenti due featuring con Doja Cat e Nichi Minaj. L’autrice ha affermato che ha dovuto aspettare due anni prima di avere le registrazioni delle loro parti e che, quindi, ha deciso all’ultimo di fare uscire l’album senza i loro feat. A Maya non frega niente di niente; lei è fatta così e il mondo della musica deve ancora imparare ad accettarlo. Eppure nell’ultima opera non è riuscita a fare uscire fuori la sua personalità. Indubbiamente, nel nuovo album, ci sono brani geniali come F.I.A.S.O.M. Pr. 1 e F.I.A.S.O.M. Pr 2, o come Time traveller, ma ha perso l’energia che faceva di Mathangi “la ragazza più cattiva del mondo della musica”. Ma in generale, anche se l’album non rende troppo giustizia alla sua originalità, rimane però l’opera più riuscita di questi ultimi anni. 

Mi rendo conto di essere stata molto critica nei suoi confronti, tenendoci particolarmente a lei e alla sua musica. Mi piacerebbe riascoltare una M.I.A. più libera e meno incanalata nelle logiche del mercato musicale. Per quanto, in ogni caso, questo album potrebbe presentarsi come assolutamente geniale per un ragazzino che si approccia per la prima alla sua musica, comprendo anche come molti della mia età o anche più adulti ne siano rimasti parzialmente delusi. Non che sia brutto all’ascolto; al contrario, è superbo ed eccentrico. Ma non abbastanza da poter dire “Maya è davvero tornata”. Comunque, anche dopo le immense critiche ricevute, M.I.A. rimane l’artista più geniale dell’ultimo secolo e la sua musica non invecchierà mai. E quasi neanche ce lo meritiamo.

Se avete la curiosità di approfondire la conoscenza di quest’artista, consiglio la visione del suo documentario M.I.A: la cattiva ragazza della musica, che potete trovare su Amazon Prime al costo di 3,99 euro.

A cura di: Ludovica Sanseverino