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“Scritto nelle stelle” di Ghemon è la positività di cui abbiamo bisogno ora

“E quindi uscimmo a riveder le stelle”: oltre che un augurio rispetto al momento che tutti stiamo affrontando, la conclusione dell’Inferno dantesco si presta anche a descrivere efficacemente il percorso di Ghemon, che la scorsa settimana ha rilasciato (con un mese di ritardo, proprio a causa della pandemia) Scritto nelle stelle, il suo sesto album in studio. Il disco arriva 1 anno dopo Sanremo (a cui l’artista aveva partecipato con Rose Viola), e 3 anni dopo l’ottimo Mezzanotte, molto incentrato sulla depressione che lo ha colpito nel 2016, e conseguentemente caratterizzato da suoni, testi e atmosfere più cupe.

Ma se là regnava il buio, qui Ghemon accende qualche luce nel suo cielo notturno. Scritto nelle stelle è sicuramente più ottimistico rispetto al passato: grande protagonista del disco è infatti un amore stabile ed appagante, che emerge soprattutto in canzoni come Due Settimane, Inguaribile e romantico e Io e te.

Il rapper continua a sviluppare il tratto distintivo che lo accompagna da sempre (ma in particolare da ORCHIdee), ovvero la fusione delle sue radici hip-hop con il soul, il funk e l’R’n’B in generale, accentuando però maggiormente in questo lavoro il lato “pop”. In Buona Stella troviamo infatti il “solito” Ghemon, ma con una positività inedita; un’altra chicca in questo senso è la breve Un vero miracolo, da ascoltare “a lume di candela”. Nonostante la ricerca delle luci, Ghemon è comunque sempre consapevole delle sue ombre: pezzi come Champagne ma soprattutto K.O. riecheggiano molto Mezzanotte, per tematiche e sonorità.

Insomma: Scritto nelle stelle è un buon disco, musicalmente e liricamente ricercato, caratterizzato da un sound che non si incontra spesso nel panorama italiano, ed è capace di veri e propri momenti di spensieratezza; è vero anche che però non supera il lavoro precedente, perdendo leggermente di incisività.