Lo Stato Sociale non è nuovo in quel di Siena. Nel 2018 aveva partecipato a “La Notte dei Ricercatori” in un concerto gremito in Piazza del Campo. Con la pandemia in atto, come sappiamo, le conferenze affollate sono proibite ed è per questo che è nata “Stati a Distanza” sulla falsariga della Dad. Iniziativa che lo Stato Sociale ha intrapreso con varie università italiane per presentare il suo nuovo progetto discografico; cinque dischi per ogni componente della band.
Il gruppo bolognese ha incontrato, attraverso la piattaforma digitale, gli studenti. Il primo appuntamento è stato con l’Università Bicocca di Milano e il disco presentato è stato quello di Bebo, Alberto Guidetti. Il secondo appuntamento è avvenuto proprio all’Università di Siena dove è stato introdotto il secondo disco dei cinque, quello di Checco, Francesco Draicchio. Ha moderato l’incontro Tiziano Bonini, Prof. di Sociologia della Comunicazione presso il Dipartimento di Politiche Sociali e Cognitive. A fare da intermediario è stato invece il nipote di Giorgio Gaber, Lorenzo Luporini, di Goigest- società di comunicazione e ufficio stampa.
Il collettivo si è formato durante gli anni universitari. Checcho ha raccontato che sentiva la necessità di vivere la città e i suoi spazi in un determinato modo. A partire dal 2010 hanno creato anche “nuovi spazi” per fare cultura e vivere la socialità attraverso la nascita del “Panenca”, un laboratorio dove si potevano fare assemblee per parlare di politica, cultura ma anche esibirsi in concerti. Lo Stato Sociale, quindi, ha formato un movimento che si è occupato della sua generazione e ha liberato il lato artistico di come loro vedevano Bologna con le varie opportunità che la città poteva offrire.
Il nome della band, ha raccontato Bebo, deriva dal termine sentito durante la materia di economia pubblica a scienze politiche che il musicista frequentava.
L’idea dei cinque dischi solisti è nata per la necessità di esplorare in maniera più articolata le poetiche e le estetiche personali, senza il compromesso del collettivo. La band è consapevole di andare in controtendenza rispetto alle richieste del mondo discografico – una operazione kamikaze, l’hanno chiamata. Per i ragazzi de Lo Stato Sociale non sono importanti i numeri di ascolto ma il fatto che il prodotto da loro creato rimanga per sempre nella loro storia di artisti.
Le sonorità del disco di Checco fanno riferimento al suo contesto culturale di partenza, il rock anni ’90. Per quanto riguarda le tematiche ha ribadito che il suo disco, come quello degli altri, è un prodotto de Lo Stato Sociale: “Dentro il mio disco non c’è solo farina del mio sacco, è un disco che presenta brani che hanno 3 anni e che ho scritto in collaborazione agli altri della band. Ma anche brani più recenti che ho composto durante il lockdown”.
Dentro il lavoro si percepisce l’insofferenza nella vita quotidiana in questo mondo accelerato, dove tutto genera ansia e aspettativa. “C’è una paura folle di rimanere fuori dal meccanismo del capitalismo”, racconta Checco. Il brano “Barca”, dedicato a sua figlia, è metafora di una barca di salvataggio che gli ha fatto capire che non era più il solo al centro dell’Universo ma doveva occuparsi di un’altra vita. Doveva cominciare a guardare anche altri aspetti importanti dell’esistenza, momento che è coinciso esattamente con quello del lockdown.
Carota, Enrico Roberto, invece ha gestito la pandemia scrivendo solo le prime due settimane del periodo forzato in casa. Poi, come molti altri cantanti, ha avuto un blocco. Invece, insieme alla band, ha scritto nuovi pezzi che saranno presentati prossimamente. Lodo, Lodovico Guenzi, ha parlato di Sanremo: “Lo abbiamo fatto trionfalmente e potevamo chiuderla lì come dei novelli Platini”. Però rendendosi conto che la maggior parte del pubblico identificava la band con il suo volto e il suo nome, è voluto tornare a Sanremo decidendo di non cantare e permettere che la platea virtuale conosca gli altri, “che siamo 5 e non 1+ 4”. “Combat Pop” non è nata per Sanremo. È nato prima il titolo che la canzone. È un tentativo di approfondire le dinamiche di conflitto, anche sociale, attraverso qualcosa di popolare che arrivi a tante persone.
Cambiando tematica e affrontando la generale crisi del mondo della cultura, Albi– Alberto Cazzola- ha auspicato che il mondo dello spettacolo possa tornare compatto, unito, e che guardi anche i piccoli componenti e professionisti che ne fanno parte. E se i membri de Lo Stato Sociale fossero chiamati a fare parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo? Albi fornirebbe un reddito base per gli artisti, ma anche per coloro che non riescono a trovare il lavoro che gli piace. Bebo sogna che nasca invece un dipartimento di Musica e Cultura contemporanea e popolare.
Sara Pagano