Quando mi è stato chiesto di scrivere qualcosa sul FRU sono subito corsa a vedere le foto del rullino del mio telefono di maggio 2018, e mi sono dimenticata di tutto il resto. Sono stata risucchiata dal ricordo di quei giorni frenetici, dell’ansia e delle risate, di tutte le birrette e le sigarette fumate in giro per Cagliari.
Ricordo bene l’imbarazzo di quando sono arrivata e sono subito stata sommersa dal caos colorato che è la gente di RadUni. Ricordo la sensazione d’inadeguatezza tipica dell’ultima arrivata ma ricordo anche come nessuno mi abbia mai fatta sentire fuori posto, di come sono stata aiutata ad uscire dalla mia comfort zone e che tutti, vecchi e nuovi, hanno contribuito mettendo un mattoncino nella mia esperienza radiofonica e non solo.
Perché al FRU si impara ai panel e alle conferenze, ma anche cantando a squarciagola negli autobus e ballando a pochi metri dal mare in un cerchio fatto di persone tanto diverse tra di loro, che vengono da qualsiasi parte d’Italia, ma che sono tanto unite da una forte passione, la radio. Per non parlare delle conversazioni fino alla mattina presto dove ragazzi di vent’anni si confrontavano per ore sui metodi diversi delle loro radio dandosi consigli spassionati.
Sono cresciuta tanto in quei pochi giorni, e tutte le nuove esperienze le ho portate con me e messe a servizio della mia radio. Ed è solo colpa del FRU 2018 se a chiunque mi chieda:
“Sto pensando di andare al FRU, che dici?”
rispondo come un’invasata:
“Vai. Fallo. Buttati senza pensarci due volte perché non te ne pentirai mai e nessun’altra esperienza potrà mai darti un bagaglio tanto vasto quanto il festival delle radio universitarie.”
Un solo FRU è bastato per farmi capire quanto davvero ami stare dietro al microfono e quanto sia bello quello che facciamo a prescindere da dove ci condurrà la vita quando saremo grandi.
Beatrice Giordo
Sono speaker e social manager per RadioEco da qualche tempo ormai. Sono stata al FRU del 2018 a Cagliari e non vedo l’ora di collezionarne molti altri.