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Cannabis in UE: legalizzare o no?

di Francesco Saverio Della Monica

Ad #EYE18 nella conference room 1.3 del Parlamento europeo di Strasburgo si è parlato anche di marijuana.

Eravamo in centonovanta, disposti lungo tutti e cinque i livelli della platea, ben incuffiati e pronti ad ascoltare l’opinione di medici e studiosi esperti riguardo l’argomento cannabis.

Quant’è pericolosa per la salute degli utilizzatori? Il suo uso ricreativo è da ritenersi illegale o può essere tollerato dalla società? La sua legalizzazione può sconfiggere il crimine organizzato?

Il primo intervento è stato di una mente brillante, quella di Redwan Maatoug, medico psichiatra dell’ospedale di Parigi. Ci ha parlato, fra le tante cose, di come l’assunzione di cannabinoidi influenzi il cervello umano e come sia rischioso per gli adolescenti fumare erba, dato che la loro struttura neuronale è ancora in fase di sviluppo e “semplicemente” rischia di bloccarsi. L’utilizzo di marijuana per fini medico-terapeutici invece, è una terapia largamente sostenuta ed anzi preferita, in alcuni casi, a cure farmaceutiche. 

Kenzi Riboulet Zemouli, avvocato e ricercatore della FAAAT (Foundation for an Alternative Approach to Addiction and Substance Dependence), ci ha descritto l’effetto che un’assunzione prolungata di cannabis può produrre. “E’ come una porta chiusa che non ti permette di entrare nella società, di esserne coinvolto davvero e ti riduce ad osservatore […] ma questo effetto lo produce anche l’alcool o in parte il tabacco, quindi non conta l’effetto ma conta domandarsi se la società, con la legalizzazione, sia in grado di assorbire questo effetto senza che si deteriori ulteriormente il suo tessuto”. 

Nel giro finale di domande ha preso la parola un ragazzo: “Ci sono persone che scontano pene per uso e detenzione d’erba, non spaccio, e queste pene hanno compromesso le loro vite. Se siamo tutti cittadini europei, perché un tedesco riceve un trattamento diverso da quello che riceve uno spagnolo? Per la legge di uno stato si è un cittadino normale, per un altro si è un tossicodipente”. Silenzio in sala, non era chiaro a chi il ragazzo avesse rivolto la domanda o se avesse solo colto l’occasione per dire quello che pensava. Poi il ragazzo riprende, “Non vedete alcuna sfumatura di discriminazione?” Mentre concludeva la frase, il nostro applauso era già partito. 

Al ragazzo belga, viene risposto che il problema è l’assenza di armonizzazione europea. Il macrotema della cannabis è regolato in modo frammentato, questo lascia spazio di applicazione alle leggi statali e quindi a disparità di trattamento. Inoltre l’Europa con tutti suoi organi non ha ancora un’unità, una forza tale da imporre ai paesi membri un unico punto di vista (ammesso l’abbia).

Non ci resta che aspettare, continuando a partecipare al dibattito anche fuori da queste aule,  augurandoci di trovare un futuro in cui non sottostaremo più a leggi che già oggi ci sembrano superate. Coloro che salvaguardano le nostre vite regolamentandole, dovrebbero prioritariamente rispettare il nostro diritto di libera scelta.