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L’Europa in bilico. Cosa succede sul confine orientale?

Destabilizzare le popolazioni. Come per il conflitto armeno-azero di qualche anno fa, anche nel caso ucraino è questo l’obiettivo della Russia. Mentre i suoi media sostengono pericolose campagne di disinformazione e spingono al limite le minacce cibernetiche, la Bielorussa accetta di continuare a tenere armati i soldati al confine e a proseguire le esercitazioni militari sul suo territorio. Intanto, nelle regioni del Donbass si comincia a sparare davvero. Persino le scuole non vengono risparmiate dalla strategia di tensione portata avanti dalla Russia a scapito della popolazione ucraina.

L’Ucraina è un Paese che lotta per formare una propria identità nazionale: nonostante la sua cultura, la sua lingua e le sue tradizioni esistano da centinaia di anni, la sua situazione interna ha portato le persone a essere polarizzate o da un lato o dall’altro della politica europea. Sebbene siano stati firmati diversi trattati per il cessate il fuoco, questi vengono periodicamente infranti.

E l’Occidente?

Le reazioni, a Occidente, adesso sono un po’ meno diplomatiche: l’Unione Europea si dice pronta a una missione di addestramento militare in Ucraina finanziata dall’European Peace Facility, uno strumento volto a consolidare la capacità dell’Unione di prevenire i conflitti, costruire la pace e rafforzare la sicurezza internazionale, e si impegna inoltre a supportare economicamente l’Ucraina con un pacchetto da 1,2 miliardi di euro di assistenza finanziaria. Intanto il confine orientale dell’Europa appare sempre più deciso a difendere i vicini ucraini dalla minaccia russa, nonostante il loro rapporto non sia  propriamente ‘di buon vicinato’.

La scorsa settimana a Bruxelles si sono riuniti i Ministri della Difesa dei Paesi NATO per presentare un piano per la creazione di nuovi gruppi multinazionali di combattimento nell’Europa orientale, in risposta ai movimenti delle truppe russe al confine con l’Ucraina. La NATO ha al momento una presenza costante ma non permanente negli stati dell’Europa dell’Est.

Qual è la soluzione per la NATO?

La proposta sul tavolo delle discussioni è stata quindi quella di creare sul territorio della Romania – che oltre ad essere membro della NATO è anche uno degli Stati più ‘giovani’ dell’Unione Europea, essendo entrata a farne parte solo quindici anni fa – un gruppo difensivo permanente di 1.000 soldati romeni guidati da un gruppo francese di 300 soldati. Il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha parlato di ricreare in territorio carpatico la missione Lynx del 2017 in Estonia: con questo proposito verranno inviati in Romania 12 carri armati Lecrerc, 21 veicoli blindati, 8 corazzati, equipaggiamento ausiliario e materiale per le riparazioni. Proprio come fece, seppur in diverse proporzioni, in Estonia.

La Romania ospita, inoltre, il sistema missilistico di difesa Aegis Ashore, conosciuto come lo scudo antimissile, presso la base militare di Deveselu, a circa 180 chilometri da Bucarest. Questa ex-base dell’Unione sovietica nel 2016 è stata messa a disposizione dalla Romania a USA e NATO e al suo interno gli Stati Uniti gestiscono i 44 missili lì presenti a scopo meramente difensivo.

Lo scudo antimissile era originariamente destinato a proteggere l’Europa da missili di corto e medio raggio che dal Medio Oriente avrebbero potuto colpire i paesi membri dell’Alleanza atlantica, ma la sua riattivazione scatenò la reazione aggressiva di Putin, che vedeva nella base militare a gestione statunitense una minaccia per la Russia.

La base di Deveselu torna alla ribalta

Lo scorso gennaio, tra l’altro, il Ministero della difesa della Federazione Russa aveva annunciato al ministro romeno della difesa, Bogdan Aurescu, di voler effettuare un’ispezione alla base di Deveselu: volontà accolta da Aurescu, che ha dichiarato di non aver nulla da nascondere e di augurarsi, anzi, altrettanta trasparenza da parte della Russia nel caso si prospettasse la volontà di un’ispezione presso le basi militari russe al confine con i territori NATO.

Il ministro Aurescu ha dichiarato, il mese scorso, di essere pronto a difendere l’Ucraina dalla minaccia russa e di rispettare i suoi doveri nel quadro dell’Alleanza Atlantica. Ma proprio Aurescu non gode di ottima fama in Ucraina a causa di alcune dispute territoriali che hanno visto contrapporsi, in un passato neanche troppo lontano, i due paesi dell’Est. La questione riguardava l’appartenenza del tratto di mare che circonda un’isola del Mar Nero a 40 km dalle coste dei due paesi e sui cui fondali si trovano ricchi giacimenti di idrocarburi. La disputa arrivò addirittura alla Corte Internazionale di giustizia dell’Aia, che assegnò alla Romania gran parte dei chilometri di costa contesi.

Romania vs Ucraina?

Tuttavia, Romania ed Ucraina hanno molte più cose in comune che motivi per cui litigare. Proprio ai loro confini, poi, esistono altre situazioni in cui le ingerenze russe hanno spesso ostacolato l’avvicinarsi alle istituzioni europee e l’appartenenza alle alleanze occidentali, come nel caso della Repubblica di Moldavia. I moldavi sono fortemente legati alla Romania, sia storicamente che culturalmente ed economicamente. Lo scorso dicembre, proprio la presidente moldava Maia Sandu ha lanciato un chiaro messaggio alla Russia, sostenendo la forte volontà del Paese di entrare nell’UE.

La situazione sul fronte orientale è insomma più complessa di quel che sembri. Ma la speranza condivisa è quella che la crisi si risolva per vie diplomatiche, senza conflitti e spargimenti di sangue. Per il momento l’Europa rimane ancora in bilico.