No, non parlerò dell’adattamento cinematografico di Orgoglio e Pregiudizio del 2005, bensì di uno dei film che ha più segnato la mia infanzia e a cui ritorno volentieri per le mie serate di comfort: sto parlando di Matilda 6 mitica, film del 1996 tratto dal romanzo Matilde di Roald Dahl.
Matilda, che ricordi!
Tralasciando la felice trasposizione del nome Matilde in Matilda, che ha sempre suscitato nella me-bambina un’inspiegabile e del tutto ingiustificata ilarità, sono vari i motivi per cui questo film rappresenta a tutti gli effetti un comfort movie.
In primo luogo, l’incredibile somiglianza tra la me-bambina e l’attrice protagonista Mara Wilson: frangetta dritta, occhi vispi, una grande passione per la lettura e la risposta sempre pronta. Con l’unica differenza che lei ha iniziato a recitare a quattro anni ottenendo grande successo, io a venticinque sono qui a scrivere di lei. Ma a ognuno le sue, come dico sempre io.
Inoltre, la difficile e tormentata storia d’amore tra me e i romanzi di Roald Dahl: ricordo un pomeriggio in libreria con mamma, che ha voluto a tutti i costi regalarmi uno dei suoi racconti per l’infanzia, Il GGG. Inizialmente l’ho odiato, ci ho messo mesi per leggerlo e non l’ho neanche mai concluso. Questo prima di diventare più grande e riscoprirlo, assieme ad altre storie senza tempo, come La fabbrica del cioccolato o I Gremlins, che sono in seguito diventate le mie preferite.
Infine, non che interessi a qualcuno, ma la me-bambina ha sempre regalato grandi sprazzi di genialità, come l’essere stata convinta per anni che il titolo originale del film fosse “Matilda semitica”…ma questa è un’altra storia e forse è meglio non parlarne.
Matilda, che traumi!
Per essere un romanzo per bambini, la storia presenta dei tratti piuttosto dark, quasi sadici e surreali: Matilda è una bambina di sei anni straordinariamente intelligente che però vive in una famiglia disfunzionale del tutto disinteressata a lei e che a tratti ricorda un po’ i Dursley di Harry Potter. Come spiega il narratore all’inizio del film: “All’età di due anni Matilda aveva imparato quello che in genere si impara solo dopo i trent’anni: badare a sé stessa”.
L’atmosfera, infatti, è quella tipica dei romanzi di Roald Dahl, fiabeschi ma anche cinicamente realistici: la protagonista oggi verrebbe definita un’outsider, in netto contrasto sia con la sua famiglia sia con i suoi coetanei, perché troppo matura per entrambi e soprattutto dotata di una spiccata sensibilità, intesa come capacità di “sentire” il mondo in maniera diversa.
Non a caso, questa sua particolarità nel film viene spiegata con l’uso della magia: Matilda sviluppa poteri di telecinesi, grazie ai quali riesce ad affrontare i suoi nemici, in particolar modo la terribile preside Trinciabue, interpretata da Pam Ferris (la stessa che qualche anno dopo avrebbe rivestito i panni di Marge Dursley, l’odiosa zia adottiva di Harry Potter ne Il Prigioniero di Azkaban…quella che viene gonfiata come un pallone, per intenderci).
Un nome, una garanzia: la preside è infatti solita infliggere punizioni corporali ai suoi alunni. Come dimenticare “lo strozzatoio”, una sorta di stretto armadio a muro dotato di chiodi appuntiti in cui rinchiudere i bambini, o la famosa scena in cui uno studente, punito per la sua ingordigia, viene costretto a mandar giù kili di torta al cioccolato fino alla nausea.
“Adesso basta fare la brava bambina!”
La regia di Danny DeVito, che interpreta anche il padre della protagonista assieme a sua moglie, che interpreta la madre, vuole muovere una critica alla società moderna (in particolar modo quella stereotipata americana), sempre più zombieficata, demenziale, che ripone la propria coscienza nel televisore e nei talk show.
I genitori di Matilda, infatti, oltre ad essere superficiali e privi di valori fondamentali, costruiscono tutta la loro fortuna sulla truffa a danno degli altri e tentano di imporre questo tipo di educazione anche ai figli. Ma Matilda non ci sta: “adesso basta fare la brava bambina!”, annuncia in una celebre citazione del film.
Questo perché, oltre che da grande ironia, Matilda è caratterizzata anche da un rivoluzionario spirito di ribellione, incitata dai suoi amati libri: “e così la giovane mente di Matilda continuava a fiorire, nutrita dalle voci di quegli scrittori che avevano mandato in giro i loro libri per il mondo, come navi attraverso il mare. Da questi libri veniva a Matilda un messaggio di speranza e di conforto: tu non sei sola”.
Sia nel libro di Dahl che nel film c’è, infatti, un grande senso pedagogico: le fiabe che legge sono per la protagonista esempi di vita, la aiutano a comprendere da quale parte schierarsi, a dare un nome alle proprie emozioni e a saperle gestire, a non aver paura davanti alle sfide e perché no, anche a ribellarsi con intelligenza a schemi imposti dalla società adulta.
Tutte le sfumature di Matilda 6 mitica!
In un costante scontro di valori tra due mondi (quello adulto e quello bambino), Matilda ha la capacità di non lasciarsi influenzare dagli adulti di cui non reputa importante l’opinione e che non stima, si crea un posto sicuro, sia fisico (la biblioteca) che immaginario (la magia è infatti l’elemento più fiabesco del film) e intorno a questo costruisce il suo personale mondo (fondamentale, infatti, è l’inquadratura ad altezza bambino, che aiuta lo spettatore a comprendere il punto di vista della narrazione).
Nonostante nel film esista una chiara distinzione tra “ciò che è giusto” e “ciò che è sbagliato”, il messaggio finale non scade in un banale scontro tra bene e male. L’intelligenza di Matilda sta proprio nel riuscire a cogliere tutte le sfumature: “tutti nasciamo, ma non tutti nasciamo uguali. Crescendo alcuni diventano macellai, fornai o fabbri ferrai, altri diventano bravi solo a fare uova in gelatina. Resta comunque il fatto che ogni essere umano è unico nel suo genere, nel bene e nel male”.
È partendo, infatti, da una grande fiducia negli altri che la protagonista riesce a lottare per i propri valori. Convinta del fatto suo, Matilda è un personaggio in un certo senso già formato: non dubita mai di sé e non si lascia influenzare né dagli adulti né dagli esempi negativi che incontra lungo il percorso. Trova da sola la sua strada attraverso l’intelligenza e la creatività, non ha paura e svolge le sue azioni con l’ingenuità di qualsiasi altra bambina della sua età, fiduciosa di poter cambiare il Mondo.
Finché c’è Matilda c’è speranza
Non a caso, il ruolo dell’insegnante nel film è quello più importante perché permette alla protagonista inizialmente di accettarsi e in seguito di lavorare sulle proprie potenzialità, piuttosto che concentrarsi sulle mancanze degli altri (nonostante ne avrebbe tutte le ragioni).
È così che, di volta in volta, migliorando sé stessa, Matilda riesce magneticamente a migliorare anche le persone che le sono intorno e a portare al di fuori anche un po’ del suo Mondo immaginario, quello buono e giusto che si è costruita nel tempo.
È tutto qui il motivo del perché sia un comfort movie: guardarlo ci ricorda che ci sarà sempre speranza finché esisterà anche solo una Matilda nel Mondo stanca di “fare la brava bambina”.
Irene Centola