No Borders, alla scoperta dei 27 / Belgio

Con un’estensione massima di soli 318 km (da Ostenda ad Arlon), un’origine tutt’altro che avvincente e le enormi difficoltà nel far convivere comunità che parlano tre lingue diverse, Il Belgio o Regno del Belgio, è riuscito a ritagliarsi un posto di rilievo in Europa.

“Poche cose, ma fatte bene”questo il leitmotiv che accompagna il made in belgium. Per esempio una produzione che vanta oltre 1500 marchi e 700 stili, la birra belga è tra le più amate e bevute al mondo. Per la cura e la tradizione che c’è dietro ogni singola bottiglia, dal 2017, è entrata ufficialmente a far parte del Patrimonio Unesco.

Oltre a dare del filo da torcere alla Germania sul versante alcolico, Il Belgio è diventato il paese dei fumetti per antonomasia. Qui è possibile trovare la maggiore concentrazione di disegnatori al mondo, degni eredi della tradizione di autori quali Hergé (Tintin), Peyo (I Puffi), Edgar P. Jacobs (Blake e Mortimer), Vandersteen (Bob e Bobette).

Ma più di ogni altra cosa il Belgio, conosciuto anche come “il cuore dell’Europa”. Si è sempre contraddistinto per l’ampliamento e l’approfondimento della costruzione europea e non a caso i principali esponenti politic del Paese hanno svolto un ruolo chiave nella creazione dell’Unione.

Negli ultimi anni un’ondata nazionalista ha travolto un po’ tutta Europa,compreso il Belgio che ha messo per questo a rischio il suo titolo di Stato europeo per antonomasia. Basta dare un’occhiata alle dinamiche interne per rendersi conto delle problematiche complesse che dominano il paese e che affondano le radici direttamente alla sua nascita.

Come nasce il Belgio?

Come gran parte degli stati del Medio Oriente e dell’Africa, il Belgio è uno stato costruito a tavolino dalle grandi potenze europee.

Trattato spesso come poco più di una colonia e passato alla storia come il famoso “Stato cuscinetto” utile a tenere sotto controllo l’espansionismo francese.

Con i territori che oggi formano Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo, venne creato il Regno Unito d’Olanda, diviso a metà tra gli olandesi protestanti del nord, e i francofoni e olandesi cattolici del sud. Intorno al 1830, dopo i moti rivoluzionari, la parte cattolica del Paese fu divisa dalle altre, senza tenere conto delle divisioni sociali e linguistiche che sono sopravvissute, e si sono inasprite, nel corso dei secoli.

Divisi e suddivisi, ma uniti

Oggi il Belgio è uno Stato federale unico nel suo genere. È organizzato infatti su tre livelli politici: Governo federale, Regioni e Comunità linguistiche.

Le Regioni formate da Fiandre, Vallonia e Bruxelles-Capitale, sono dotate di propri parlamenti che legiferano in campo economico e politico, di trasporti, urbanistica e promozione culturale e commerciale all’estero.

Le Comunità esercitano poteri in materia di istruzione, cultura e solidarietà sociale e corrispondono ai tre gruppi linguistici presenti sul territorio: il fiammingo (denominazione locale della lingua olandese) il francese e il tedesco.

Una delle cause che contribuisce oggi alla frammentazione interna del paese è il concetto dell’’’equipollenza delle norme”: il governo federale non ha diritto di sovrastare o contraddire i decreti varati dalle regioni confederate.

È così che ci si può trovare a rispettare norme diverse da un chilometro all’altro del Paese. Data l’assenza di formazioni politiche nazionali, il Parlamento federale è caratterizzato da una grande frammentazione interna e, di conseguenza, le maggioranze parlamentari si reggono su coalizioni spesso molto eterogenee.

Un quadro, questo, che ha portato il Belgio ad aggiudicarsi i record di periodi senza governo che ammontano a oltre 600 giorni.

Un tentativo di porre fine a questa situazione di stallo è dato dall’attuale coalizione di sette partiti guidata dal primo ministro Alexander de Croo. Denominata “Vivaldi” per la presenza di quattro orientamenti politici come le Quattro Stagioni comprende i Liberali, i Socialisti, i Verdi e i Democratici Cristiani.

Multiculturalità, limite o risorsa?

Se da un lato la multiculturalità del Belgio è un problema per la stabilità e coesione nazionale, dall’altro questa caratteristica lo ha reso un paese ospitale e capace di politiche di integrazione efficaci. La posizione centrale in Europa, il plurilinguismo, la libertà politica, sociale e religiosa hanno contribuito al carattere cosmopolita del Paese che è servito da rifugio a intellettuali, esponenti politici e meta di importanti flussi migratori, gettando le basi per una società multiculturale basata sulla tolleranza.

Secondo le ultime stime il numero di residenti di origine straniera supererebbe il milione di unità: la comunità più numerosa sarebbe quella marocchina (356 000 rappresentanti), seguita da quella italiana (253 000), turca (167 000), francese (88 600) e olandese (42 000).

Un belga su cinque ha origini non belghe, e due milioni di belgi hanno immigrati tra i propri antenati. Un esempio di come il multiculturalismo assume un valore aggiunto e non un peso lo si ritrova nella nazionale calcistica che unisce appassionatamente fiamminghi, francofoni, germanofoni sotto la stessa curva ed è il risultato della vera punta di diamante di questo Stato: l’integrazione.

Infatti, a rappresentare il Belgio in squadra si nota da sempre una maggioranza figli e nipoti di immigrati da tutta Europa ed Africa come Vincenzino Scifo, Yannick Carrasco, Romelu Lukaku rispettivamente di origini italiane, spagnole/portoghesi, congolesi.

A soddisfare la curiosità di chi si chiede che lingua parla una nazionale trilingue, ci pensa l’attaccante Lukaku che in una nota intervista conferma: “non c’è nessuna problematica o dominanza linguistica all’interno della squadra. Spesso inizio una frase in francese e la finisco in fiammingo, non manca qualcosa in spagnolo, portoghese o lingala, dipende con chi sono, ma io vengo dal Belgio. Veniamo tutti dal Belgio. È questo il bello di questo paese, giusto?”.

A dispetto delle diplomazie lo sport in questo caso è riuscito ad essere un veicolo di integrazione e coesione sociale, dimostrando come il Belgio sia ancora un esempio di accoglienza e avanguardia di questioni sociali e civili.

Paola Maio