Il concerto dell’Uno Maggio Libero e Pensante di Taranto è stato interrotto a causa del maltempo.
Dopo qualche ora, gli artisti che non si sono esibiti al Parco Archeologico delle Mura Greche, hanno suonato al chiuso a Spazioporto, un locale di Taranto messosi a disposizione per aiutare il Comitato Cittadini Liberi e Pensanti a salvare il salvabile.
Decisione questa che, per come sono state gestite le cose, ha lasciato l’amaro in bocca a più di qualcuno.
Quella di ieri è stata la 10ma edizione della manifestazione dell’Uno Maggio Libero e Pensante di Taranto, organizzato dal Comitato dei Lavoratori Liberi e Pensanti di Taranto per portare l’attenzione sul caso Ilva e su tutta la macchina politica e sociale che ruota attorno alla fabbrica tarantina.
La lotta per il diritto alla vita, al lavoro, alla possibilità per la città di avere un futuro, però, non si esaurisce solo il Primo Maggio. Va avanti da anni, mentre la gente continua a morire.
Valentina Petrini durante il suo intervento li ha chiamati “i nostri caduti in guerra”.
Perché è vero, chiunque vive a Taranto o nelle province della città ha almeno uno zio pensionato Ilva, ed un parente morto di tumore o di lavoro.
Io ne ho 3, di cui uno con mezzo piede amputato ed uno con diverse allergie ed un tumore al colon sconfitto.
E sono molto fortunata, perché i miei parenti sono ancora vivi.
Bambini morti di leucemia, affetti da malattie neurologiche, nostri coetanei morti di tumore che non hanno fatto in tempo a laurearsi.
E tutti quanti noi, ogni volta che facciamo degli accertamenti e dei controlli, viviamo con la paura costante di sentirci dire “lei ha un tumore”, perché siamo convinti che quel giorno arriverà.
(foto prima edizione Uno Maggio Taranto – 2013)
C’è chi per provare a restituire dignità e rispetto per il diritto alla vita della città, ha deciso di mettere a repentaglio la sua di vita, di lottare, farsi portavoce e affrontare battaglie legali.
Settimana scorsa c’è stato il consiglio Europeo a Bruxelles, dove è stato discusso il bilancio sulla gestione dei fondi del PNRR.
Quello stesso giorno però, al parlamento Europeo, l’Eurodeputata Rosa d’Amato ha organizzato un’audizione con l’associazione Giustizia Per Taranto, chiedendo conto delle decisioni prese durante i consigli UE degli anni passati sul caso Taranto, e sul perché non abbiano incitato l’Italia ad adottare delle misure per risolvere il problema essendo stata condannata a violare l’art.8 e 13 della convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Ma nessuno dei media nazionali più noti ne ha parlato.
Ecco, Valentina Petrini ha sottolineato anche questo:
“è anche colpa di noi giornalisti che spesso restiamo in silenzio”.
Il palco dell’Uno Maggio Taranto è particolare perché dà voce a tutte le ingiustizie e realtà che non vengono ascoltate. Nel corso di questi 10 anni hanno avuto modo di esprimersi realtà come Amnesty International, Il movimento No Tav, No Tap, No Muos e Priolo di Augusta (Sicilia) che vive la stessa situazione di Taranto, se non peggiore tra minerali di fabbrica e ceneri dell’Etna.
Le mamme dei bambini morti di tumore, Ilaria Cucchi, Lega Braccianti, ieri stesso Luisa Impastato, Valentina Pitzalis per le donne vittime di violenza, SOS Mediterranee, l’associazione Dis-Educational per raccontare ed auspicare ad una maggiore inclusività della città di Taranto.
Tutto questo rivendicato con il supporto della musica da ben dice anni, solo grazie all’autofinanziamento.
Tuttavia, trovarsi a gestire una situazione così grande ed un maltempo improponibile è stata anche la prima volta per gli organizzatori e per la città stessa (che ormai si è abituata all’evento facendone anche motivo di vanto).
Si sapeva del maltempo già da qualche giorno, ma evidentemente spostare il concerto ad un’altra data era impossibile.
Non solo per gli artisti Big come si pensa banalmente, ma anche per tutti i lavoratori e per i costi.
Tenere in piedi quelle strutture anche solo per altri 6 giorni avrebbe avuto un costo esorbitante; e per una realtà che si autofinanzia è infattibile.
Si, sottolineare questo aspetto ha dell’assurdo.
Il concerto è cominciato intorno alle 15, con 3 ore di ritardo rispetto alla scaletta proprio a causa del maltempo.
I primi ad aprire sono stati i Terraross, ormai pionieri di questo palco non solo per il loro nome che rievoca appunto le condizioni di questa terra martoriata dal rosso dei minerali, ma anche perché alcuni di loro sono ex operai Ilva. Non sono saliti sul palco ma sono stati giù, sotto la pioggia insieme alla folla.
Il secondo è stato Fido Guido, tarantino doc, che esprime il suo dissenso per “la fabbrica delle nuvole” da più di vent’anni con il suo pezzo Fume Scure.
Dopo di lui, Kento.
Con il suo rap militante, ha portato sul palco dell’Uno Maggio Taranto insieme a Dj Fuzzten e 1989, storie della Calabria, storie di ingiustizia che si consumano all’interno delle Carceri Italiane, storie di AntiFascismo che hanno disturbato qualcuno dopo averle ascoltate.
Altro tarantino doc a salire sul palco dell’Uno Maggio Taranto è stato Renzo Rubino con la Sbanda.
30 musicisti con cui l’artista ha voluto rievocare la storia musicale della città.
Subito dopo, Mezzo Sangue e gli Omini.
La pioggia ed il fango continuavano ad incalzare, nonostante fossimo tutti super coperti, con doppi impermeabili e stivali di gomma, il vento non ci ha dato scampo.
Nell’area media cominciava a diventare pericoloso anche per chi aveva attrezzature e stava montando e smontando audio e video sui propri pc.
Nel frattempo che sul palco si alternavano musicisti e realtà politiche, gli organizzatori cercavano soluzioni alternative per mandare avanti il concerto. Si è parlato di spostare il concerto dalle 18 alle 20 al Teatro Fusco e dalle 20 in poi a Spazioporto.
Alla fine si è protratto al Parco Archeologico delle Mura Greche fino alle 20 circa, quando Michele Riondino, ringraziando tutti i partecipanti che dalla mattina erano lì a riempirsi di pioggia e fango, ha annunciato che l’ultimo ad esibirsi sarebbe stato Gemitaiz.
Durante la diretta su Antenna Sud (media partner dell’evento) lo stesso Riondino ha dichiarato (senza ufficialità) che stavano provando a realizzare qualcosa a Spazioporto.
Ciò che è successo dopo è che la gente si è spostata tutta lì, dove ha atteso 3 ore sotto altra pioggia per poter vedere gli artisti che ancora non si erano esibiti.
Come Niccolò Fabi, Samuele Bersani, Willie Peyote, La Rappresentante di Lista, i Marlene Kuntz, Ron.
L’unico problema è che la capienza massima era di 300 persone e che l’ingresso costava 20€, contributo che andava al Comitato pagabile solo in contanti.
Questo ha innescato un vero e proprio malcontento generale, c’è chi si è sentito escluso perché non poteva pagare quella quota dopo aver già dato il contributo nel parco; chi avrebbe preferito sapere prima del limite d’accesso e capire se andar via; chi non ha gradito l’ingresso a pagamento “alla faccia dei liberi e pensanti”; chi era il 300esimo e non è potuto entrare, ed al suo posto dice di aver visto entrare gente con amici al seguito.
Insomma, una vera e propria crisi reputazionale da affrontare.
Guardandola così sicuramente non fa una bella scena come storia, ma provando ad analizzare i fatti forse si riesce a lenire questo amaro che ci è rimasto in bocca.
Si tratta di un evento autofinanziato, gli eventi autofinanziati non hanno mai dei soldi in anticipo per poter coprire i costi. Si fa una preghiera (per chi crede) e si spera sempre di rientrare nelle spese, cercando di rimetterci di tasca propria il meno possibile.
Avrebbero potuto comunicare l’ufficialità dello spostamento a Spazioporto anche sui social, specificando il limite di capienza e la quota, prima che si scoprisse sul posto e che la gente rimanesse scontenta.
È anche vero, però, che Spazioporto è un locale privato, con dei suoi costi personali e che ha deciso di mettere a disposizione le proprie risorse per la causa chiedendo un contributo da utilizzare per coprire le spese che, con o senza pioggia, il comitato deve sostenere.
I palchi non si montano e smontano da soli, soprattutto il primo maggio.
E poi pensateci un attimo, pagare con la carta per finire sul conto corrente di Spazioporto che deve poi pagare le tasse su queste entrate che in realtà non ha incassato, insomma, non è proprio bello dopo che sta già mettendo a disposizione il locale stesso.
Sicuramente con più tempo un altro modo ci sarebbe stato, ma sfido chiunque in tre ore a trovare soluzioni celeri tra permessi ed ansia di dover dare una risposta alla gente in fila sotto l’acqua.
(foto di Vincenzo De marco presa dalla Community Facebook di Uno Maggio Libero e Pensate Taranto)
Qualcuno ha detto che avrebbero potuto far suonare prima i big e poi quelli più local, altri ancora lo hanno paragonato al concertone di Roma, dicendo che sarebbe stato meglio lì con tutta la pioggia.
Il paragone con il Primo Maggio di Roma non esiste e non regge per un semplice motivo: gli Sponsor.
Gli sponsor del Primo Maggio sono società come Eni; Rai; Intesa San Paolo; ecc…
Gli sponsor di Uno Maggio Taranto, sono tutte attività locali che hanno rischiato ed investito insieme al comitato per realizzare l’evento.
Per quanto riguarda i Big invece, Peyote durante l’intervista ha detto che si sarebbe esibito con un’orchestra d’eccezione.
(se volete sapere cosa è successo a Spazioporto, guardate il profilo Instagram di Uno Maggio Taranto)
Ogni big aveva una schiera di musicisti che avrebbe dovuto ruotarsi gli strumenti, come succede spesso.
I musicisti che avrebbero accompagnato i più attesi come Fabi, Bersani, Vasco Brondi, Ron erano in maggioranza i musicisti della Propaganda Orchestra (il programma di Diego Bianchi in onda ogni venerdì su La7).
Ma lo stesso Peyote, la Rappresentante di Lista e Capossela avevano un loro gruppo di strumentisti.
La cosa è davvero molto semplice in realtà, ed a pensarci mi viene da ridere perché alcune volte siamo davvero così scemi noi esseri umani.
A causa della pioggia non era possibile scoprire ed utilizzare alcuni strumenti elettrici necessari per permettere agli artisti di esibirsi.
Motivo per cui è riuscito ad esibirsi chi non necessitava di utilizzare quella tipologia di strumenti.
Una signora ieri sera vicino a Spazioporto mi ha detto: “la mia paura ora, è che con ciò che è successo quest’anno, l’anno prossimo non lo fanno più”.
I momenti come questi sono quelli in cui bisogna dimostrare maggiore supporto, è vero che c’è tanta amarezza, ma anche l’amarezza nelle facce degli organizzatori ieri al parco era un pugno nello stomaco.
Lo dico da libera e pensante, anche se in base ai miei gusti la parte più interessante del concerto l’ho persa con tanta tanta tristezza, sono convinta che abbiano fatto del loro meglio.
Non sono infatti mancate le testimonianze degli artisti stessi che si sono esibiti poi a Spazioporto, la versione di Diodato che preso dalla tristezza del momento ha addirittura detto che potrebbe essere l’ultimo Uno Maggio di Taranto. Alcuni organizzatori all’interno del Comitato hanno dato la loro versione, spiegando che le cose erano ovviamente molto più complesse di quello che sembravano ai nostri occhi di spettatori disagiati.
È stato spiegato come sia stato messo in piedi un nuovo evento da zero, al chiuso, con nuove richieste di permessi, con personale già stanco e provato dalla pioggia che si è dovuto spaccare la città con gli strumenti ed il fango addosso.
Gli artisti suonano gratis, e forse anche questo è sfuggito.
Persone che potevano tranquillamente ignorare la causa di Taranto, che mettono a disposizione la loro popolarità per aiutare la gente, attraverso la loro musica, a porre l’attenzione su quelle realtà che non hanno voce o che sono brutalmente ignorate.
Che non me ne vogliano i musicisti, ma venire all’Uno Maggio Taranto solo per la musica è proprio da str***i.
In quasi 5 anni di Raduni Musica questa è stata la prima volta che sono riuscita ad ottenere il pass come Ufficio Stampa, e mi sono sentita fortunata.
Se non fosse successo ciò che è successo, oggi avrei raccontato solo di quanto è stato bello e figo rotolarsi nel fango, riprendere gli artisti da sotto il palco, ed intervistare la gente.
Invece ho potuto vedere e raccontare come si affronta un momento di crisi durante la gestione di un evento così grande, e di quanto molto spesso sia importante mettere da parte se stessi, il proprio lavoro, e supportare chi sta affrontando un momento difficile anche solo evitando di andare a fare delle domande scomode come “perché non avete deciso di rimandare il concerto sapendo già da giorni che avrebbe piovuto?”
Caterina Alba Nicolini