La critica non è roba da donne: il nuovo studio del Collectif 50/50

Per ogni recensione scritta da una donna ve ne sono due scritte da uomini: è quanto emerso dal report sulla parità di genere nella critica cinematografica. Lo studio è stato condotto da Le Collectif 50/50, l’ente francese che aveva già pubblicato una ricerca sull’uguaglianza di genere all’interno dei festival di cinema, e che ha organizzato la protesta sul tappeto rosso del festival di Cannes nel 2018. Il report dal titolo Parity among film critics in Europe indaga la divisione di genere dei critici cinematografici nei principali stati europei. La ricerca ha analizzato il settore della critica cinematografica, in particolare le recensioni sulle nuove uscite da ottobre 2018 a settembre 2019 in Danimarca, Germania, Italia, Polonia, Spagna e Svezia.

Analizzare i dati di questo report è fondamentale per prendere consapevolezza del divario che ancora esiste tra uomo e donna, in termini di potere, di opportunità e di lavoro. L’industria cinematografica è sicuramente un settore particolare, ma non estraneo a queste dinamiche. La critica è solo uno degli aspetti che lo compongono, ma i dati del report dicono molto di questo ambiente. 

La situazione in Italia

Per quanto riguarda l’Italia, attraverso un’analisi dei film realizzati tra ottobre 2018 e settembre 2019 con dati presi dalle più importanti testate e siti italiani, è emerso che:

  • tra i critici cinematografici solo il 35% sono donne. E, più in generale, solo il 42% dei giornalisti in Italia sono donne. 
  • La professione di critica cinematografica è affidata per lo più a critici occasionali. Infatti, la maggior parte dei giornalisti ha scritto meno di 12 recensioni in 12 mesi. Il numero medio di recensioni per la critica femminile è 13,0 contro il 13,8 per la critica maschile
    Il dato più significativo e interessante è che in Italia su 4037 recensioni scritte nel periodo considerato, il 33% sono state scritte da donne. Anche in Germania, Francia, Danimarca tre recensioni su dieci sono firmate da una donna, mentre in Polonia e Spagna sono rispettivamente il 24% e il 21%. 
  • Le recensioni provengono principalmente da riviste di interesse generale e da pubblicazioni specializzate in cinema e cultura, in cui la critica femminile è ampiamente sottorappresentata. Infatti, le recensioni scritte da donne vengono pubblicate principalmente su riviste femminili. Questo dato non è confortante. Se, per esempio, volessi far pubblicare un mio articolo di cinema, stando a questi risultati, avrei molte più chance se bussassi alla porta di qualche giornale femminile. Se fossi un uomo, invece, troverei molte più porte spalancate. Si tratta di una differenza di opportunità.
  • Il numero di recensioni scritte da critici maschili è significativamente più alto per i generi horror, fantascienza, film d’azione e avventura. Non penso che il dato significhi che le donne non vogliono scrivere recensioni su questi generi cinematografici. O che non siano interessate a tali ambiti. Altrimenti non si spiegherebbe il talento di Kathryn Bigelow, regista da oscar che ha diretto la pellicola di fantascienza, Strange days, oltre a tanti film d’azione e di guerra; se esistesse veramente una distinzione profonda tra generi maschili e femminili, Mary Harron probabilmente non avrebbe mai diretto American Psycho e Patty Jenkins si sarebbe rifiutata di raccontare la storia di una serial killer in Monster. E questi sono solo alcuni degli esempi che si possono ritrovare nella storia del cinema. Se le cose stanno così, dunque, questo divario si potrebbe spiegare solo con una qualche forma di pregiudizio culturale, che sarebbe meglio guarire immediatamente con la visione di uno dei film sopra citati.
  • Infine, un altro dato importante per quanto riguarda i film, nell’arco di tempo considerato, è la proporzione tra registi e registe. I film diretti da donne, infatti, sono solo il 12% rispetto al totale. Perchè un numero così inferiore? Il dato italiano riflette ciò che sta avvenendo nel mondo. Negli ultimi vent’anni, infatti, secondo la ricerca di Martha Lauzen dell’università di San Diego, la presenza femminile nei ruoli strategici dell’industria cinematografica è diminuita di due punti. Una sensibile perdita di potere e di opportunità. A Hollywood è molto difficile guadagnare credibilità e successo. Nel nostro Paese le cose non cambiano, eppure, nonostante siano poco valorizzate, le registe italiane esistono e sono importanti. Pensiamo a Lina Wertmüller che ha ricevuto l’Oscar alla carriera l’anno scorso, o alla più giovane Alice Rohrwacher: il suo Lazzaro felice ha vinto il premio Miglior sceneggiatura al Festival di Cannes. Pochi ma significativi esempi del fatto che il talento e la bravura non conoscono differenze di genere.

Conclusioni

Secondo Le Collectif 50/50 “i critici cinematografici sono custodi fondamentali nell’industria cinematografica”. Di tutte le recensioni esaminate nel corso di questa ricerca, in media, solo il 28,5% sono state scritte da donne. Non è un valore molto vicino alla parità e all’uguaglianza. Dietro tutti questi numeri, ci sono tante giornaliste che, nelle interviste condotte da Le Collectif 50/50, hanno dichiarato di aver avuto delle difficoltà in ambito lavorativo a causa del genere. La critica cinematografica è un settore prevalentemente maschile. E nonostante si registri  un miglioramento negli ultimi anni, le donne difficilmente riescono a raggiungere le posizioni più elevate. Inoltre, nel settore della critica, la realtà finanziaria sta diventando preoccupante perché risulta sempre più difficile guadagnarsi da vivere “e come in ogni campo, la ricerca di un pagamento dignitoso è anche una lotta per l’uguaglianza”.

La strada da percorrere è ancora lunga per colmare il divario. Mi sono resa conto, leggendo la ricerca, che mi aspettavo di trovare dati di questo tipo ancora prima di vedere i risultati e i grafici. Forse è proprio questo tipo di rassegnazione l’atteggiamento da cambiare, in ogni settore e per ogni tipo di lavoro. Prendere coscienza, fin da subito, che questo divario esiste e che non è giusto è il primo passo per ottenere l’uguaglianza.

Silvia Taracchini