“Notes on a conditional form”: quale identità per The 1975?

Alla fine è arrivato: dopo svariati ritardi e cambi di data, Notes on a conditional form, il quarto album in studio di The 1975, è finalmente nelle nostre cuffie. Forse, proprio in relazione a una genesi complessa e spalmata su un arco di tempo molto più lungo del previsto, ci possiamo spiegare la sua natura assolutamente eterogenea.

Ben ventidue tracce dipingono la “situazione artistica” in cui si trovano i quattro ragazzi inglesi: dopo i primi due album, molto inquadrati in un sound fortemente personale (afferente all’indie-rock/pop), questo disco (e quello precedente, A brief inquiry into online relationships) hanno un’identità frammentata. Notes, infatti, contiene un’ampia varietà di generi musicali, anche molto distanti tra loro, i quali vengono accostati con nonchalance (anche nello stesso brano): reminiscenze dei primissimi The 1975 (quelli di Chocolate, per intenderci) riemergono in canzoni come Then because she goes e Me and you together song, accanto a pezzi elettronici molto sperimentali come Yeah I know e Shiny Collarbone. Appare poi l’R’n’B in Nothing Revealed / Everything denied, mentre gli anni ’80 fanno capolino nella fresca If you’re too shy (Let me know); non mancano tracce acustiche come Playing on my mind, in forte contrasto con il punk-rock di People. Come in passato, anche qui troviamo pezzi interamente strumentali, di cui la migliore espressione è probabilmente Having No Head. I testi sono, come sempre, dotati di grande introspezione, nonché della capacità di guardare con occhio (assai) critico alla società moderna.

Se, dunque, musica e testi sono di indubbia qualità, l’insieme risulta però incoerente: la band dimostra certamente una grande versatilità, ma, allo stesso tempo, si avverte la mancanza di una direzione dal punto di vista identitario. Inoltre, nessuna delle canzoni è veramente memorabile: alcune sembrano “già sentite”, altre invece fanno trasparire un’iniziale buona idea compiuta solo a metà.