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Spotify vs pandemia: cosa succede al music business?

Avevamo già intuito che il coronavirus avrebbe avuto degli effetti devastanti sul settore dello spettacolo, sin da quando il premier Conte, il 9 marzo, ha annunciato il lock-down dell’intero Paese: ciò ha significato infatti posporre concerti, instore e talvolta nuove uscite discografiche. Quello che però non ci aspettavamo era un calo negli ascolti del colosso della musica in streaming: Spotify.

Come riportato da Quartz, la top 200 di Spotify ha subito, il 17 marzo, un crollo di ascolti del 23%, rispetto ai dati registrati il 3 marzo. Ciò riguarda però solo questo specifico gruppo di brani, dunque gli ascolti complessivi potrebbero anche essere stabili (ma non ci è dato saperlo, poiché Spotify non rende pubblici tutti i dati relativi allo streaming). Inoltre, una situazione simile si registrerebbe anche in Spagna, Francia, Regno Unito e USA.

Ma com’è possibile? Verrebbe infatti da pensare che, avendo più tempo a disposizione, le persone ne dedichino di più all’ascolto di musica rispetto alla normalità.

La spiegazione risiederebbe nella riduzione al minimo delle occasioni in cui abitualmente si ascoltava musica: il tragitto casa-lavoro, lo sport all’aperto, le uscite del venerdì e sabato sera sono solo alcuni esempi. Pare infatti che le persone preferiscano altro in questi giorni di isolamento forzato, come ad esempio serie tv e film fruibili sulle piattaforme di home video.

Questo rappresenta, chiaramente, un disastro non tanto per Spotify, che continua a ricevere le somme degli abbonamenti mensili (che rappresentano il 90% delle entrate totali) e che avrebbe una contrazione dei ricavi relativa solo agli account free (che si sostentano grazie alla pubblicità), ma per gli artisti, già costretti a non potersi esibire. Il compenso per ogni ascolto, le cosiddette “royalties”, va infatti dai 4 ai 7 centesimi di euro; non si tratta, com’è evidente, di cifre importanti, e la diminuzione del numero di streaming va a inficiare ulteriormente il guadagno degli artisti, in particolare quelli meno famosi e/o emergenti.