Cronache di innocenze perdute e dei loro porti di sabbia

Broadchurch è una crime-fiction britannica scritta da Chris Chibnall e trasmessa per la prima volta dall’emittente ITV il 4 Marzo 2013 fino alla prima metà del 2017, con la sua terza stagione conclusiva; un thriller dalla fruibilità essenziale (8 episodi a stagione) capace di garantire quel quid che coinvolge, intriga e soddisfa il binge-watcher che è in noi.        

Il porto di sabbia sciolto dalle onde

E’ una mattina come tante altre per lo sperduto ed anonimo centro marittimo di Broadchurch. Il ritrovamento sulla spiaggia del corpo di un bambino di dodici anni, Danny Latimer, comincia a far più rumore che altrove. Il detective Alec Hardy (un tormentato David Tennant) è il nuovo ispettore di polizia appena trasferitosi, e sembra voler chiudere la faccenda in fretta; viene affiancato dal sergente Elle Miller (Olivia Colman), che cerca non senza fatica di conciliare lavoro e famiglia. 

Di colpo l’idilliaco porto diviene teatro del sospetto e della paura e, tra interessi personali e segreti inconfessabili che non possono essere più taciuti, gli stessi genitori della vittima (i convincenti Jodie Whittaker ed Andrew Buchan) dovranno fare i conti con la loro innocenza perduta.

La voce dei silenzi

Le atmosfere sono debitrici di altri crime-fi ITV (Agatha Christie’s Miss Marple; Midsomer Murders) e delle collaborazioni di Chibnall in progetti come Life on Mars (2006) e Law and Order: UK (2009) e funzionano alla resa di un equilibrio lirico misurato ed efficace

La colonna sonora (scritta dal musicista islandese Olafur Arnalds) è caratterizzata da armonie oniriche, malinconici riflessi stati d’animo con i quali si misurano i personaggi. I silenzi delle antiche colpe divengono voce grazie ad una fotografia suggestiva e consapevole che scandisce ed eleva ogni sequenza a bellezza sublime. Possiamo leggere nei desolati paesaggi catturati dalla macchina da presa i possibili indizi di delitti e castighi privati sempre più chiari eppur mai definiti in toto; oppure riprendere fiato e aprirci ad una prospettiva più ampia prima di tornare alle indagini.      

Buona la prima (ma la terza…annacqua)!

David Tennant e Olivia Colman (generalmente a loro agio in altre vesti) ci sorprendono, superando ampiamente la prova in ruoli e temi scabrosi poco digeribili: tra una stoccata sui blocchi relazionali di Alec e gli sfoghi isterici in solitaria di Miller, assistiamo alla loro crescita, che non ristagna nelle sfumature psicologiche iniziali.

Ciò nonostante, nella terza stagione il coinvolgimento dello spettatore vissuto nella prima parte subisce un brusco contraccolpo con un nuovo caso, scollegato dal precedente. Le diverse forme di violenza sulle donne (a cominciare da uno stupro ad opera di ignoti fino a quelle più radicate nel sottobosco di un becero maschilismo e nella pornografia) sono oggetto di una denuncia dalla innegabile forza narrativa. Purtroppo, Hardy e Miller vengono ridotti ad istanze pretesto per una storia solo indirettamente connessa al dramma della famiglia Latimer, mostrandoci nuovamente la fragile contraddittorietà dell’identità maschile di oggi, frammentata, incapace di dare e ricevere ascolto, sfibrata dalle sue lotte interiori, senza forza morale, degradata a bestialità violenta, fredda e vigliacca. Ma la sensazione è quella di veder cominciare ad allungare il brodo al tutto.

Concludendo, Broadchurch è una serie che ci accusa spietatamente ma al contempo ci sprona nei suoi protagonisti a ritrovare in noi un soffio di innocenza, interrogandoci seriamente sui porti di sabbia del nostro quotidiano. 

Passo e chiudo.   

Guglielmo Ercole De Simone