Il Lumen Festival porta a Vicenza il meglio della musica italiana dal 1999, grazie al lavoro dell’associazione culturale ParRock. Dal 2013 è diventato un vero e proprio festival, che è cresciuto sempre di più fino a diventare un appuntamento non solo fisso in città, ma anche immancabile. Giunge quest’anno alla sua ottava edizione a due anni da quella del 2019, che aveva visto calcare il palco ad artisti del calibro di Myss Keta, Bassi Maestro, Any Other e altri. L’attesa è stata lunga e l’estate 2020 senza il festival più bello e interessante del Triveneto è stata buia (più di quanto già non lo fosse stata).
Quest’anno l’anima del festival si è sdoppiata. Dal 23 al 25 luglio si è tenuto il Lumen Boutique Festival nella bellissima cornice di Villa San Giuseppe Angaran di Bassano del Grappa. Una tre giorni di musica raffinata e in intimità, yoga all’aperto, brunch e i consueti mercatini handmade. Questo giovedì, invece, al via al Lumen Music Festival, che durerà fino all’8 agosto, in una nuova location: lo Spark a Torri di Quartesolo (in provincia di Vicenza). In questi quattro giorni si esibiranno Psicologi, Will, Fast Animals and Slow Kids, Leon Faun, Mecna, Post Nebbia, Irbis37, Margherita Vicario, Bnkr44, Antartica e molti altri.
Personalmente ho un rapporto molto “stretto” con il Lumen Festival, mi porto dietro un sacco di bellissimi ricordi legati ad esso. Si può dire che è stato un luogo di prime volte e bellissimi concerti. Dal 2017 cerco sempre di farci un salto, almeno una sera ad edizione, perché merita davvero tanto e perché la qualità degli artisti che offre è sempre altissima. Proprio in quell’anno, quando si svolse ai Giardini Salvi, ho visto esibirsi gli Ex-Otago, ed è stato il primo concerto che io abbia mai visto da sola (una scoperta e una svolta meravigliosa per la mia vita, perché è stato il primo di molti). Ero arrivata anche relativamente tardi, ma sono riuscita con molta calma e pazienza a sgattaiolare avanti fino a raggiungere la seconda fila, approfittandone dopo aver comprato una maglia della band (diventata dopo poco la mia preferita).

Il concerto è stato bellissimo, ma ancora più bello è stato vedere salire Willie Peyote sul palco (che non conoscevo, ma spesso è così che ci si innamora di artisti nuovi) e sentirlo duettare con loro sulle note di “La Nostra Pelle”. Ricordo l’emozione, l’adrenalina, la carica e la bellezza di trovarsi, finalmente, nella propria dimensione, al posto giusto e al momento giusto. Ricordo anche le lacrime al momento della mia canzone preferita (avevo legato a “Quando sono con te” troppi momenti personali), che sono state lacrime di gioia e di liberazione. Il tutto gratis e in centro storico a Vicenza: in poche parole un sogno. Si dice che la prima volta non si scorda mai, il fatto è che tornare al Lumen mi fa rivivere ogni volta quelle stesse emozioni.

Ed è stato emozionante anche, nel 2018, sentire Cimini e la sua band cantare per una manciata di persone (poi quell’estate li avrei sentiti live altre due volte) che erano lì un po’ per lui, un po’ perché apriva il concerto di Ghemon (molto prima di Sanremo). Sempre ai Giardini Salvi, sempre in centro a Vicenza, il tutto contornato da un’organizzazione impeccabile e la classica prima fila dei concerti “indie”. Anche perché, diciamolo: se sei bassa puoi goderti i concerti solo dalla transenna. Ma in quella edizione hanno suonato anche i Coma_Cose (anche loro prima di Sanremo), Belize, Generic Animal e soprattutto Gli Amari. Li ho sentiti quasi per caso, ma sono stati una scoperta sensazionale; un pilastro della musica indipendente italiana.
Nel 2019, invece, il tutto si è spostato in uno spazio più grande, adeguato al pubblico che ormai si è guadagnato il Lumen negli anni, ossia Campo Marzo (per chi non conoscesse Vicenza è un grandissimo spazio vicino la stazione, perfetto per eventi del genere). Portare Myss Keta, Bassi Maestro, North of Loreto e Auroro Borealo negli stessi giorni a Vicenza potrebbe sembrare difficile: e invece no. Sono riuscita solo ad andare al concerto di Myss Keta (di cui purtroppo non ho recuperato delle foto) ed è stata un’esperienza tra il mistico e il fenomenale. Un pubblico talmente vasto e variegato che per un attimo ricordo di aver pensato di essere stata catapultata in un luogo lontanissimo dalla Pianura Padana. Questo è stato anche dovuto all’offerta più ampia del festival, che contestualmente ai live, aveva aumentato gli stand gastronomici, le bancarelle, gli spazi di condivisione e i divanetti per rilassarsi.
Quest’anno sarà tutto diverso: la location (che sarà nel mio paese, ancora non mi pare vero), gli artisti e le loro esibizioni, il fatto di dover stare tutti seduti e che prima di entrare dovremo esibire il green pass. Questo, infatti, è il primo evento in Veneto a richiederlo all’ingresso e vi consiglio di andare a leggere i post informativi in caso siate interessati ad andare ma non sappiate come funziona. Già dalla line-up si prospetta un’edizione pazzesca, nonostante tutto e sinceramente non vedo l’ora di farci un salto. Mi fa strano e mi emoziona poter dire che potrei andarci anche in bicicletta, ma se abitate anche voi in paese e non in città potete capirmi.
Manca qualche giorno e sono felice, perché il Lumen Festival è l’evento (di classe) di cui Vicenza ha bisogno. E finalmente è tornato ed è pronto a spaccare di brutto, come ogni anno.
Articolo e foto di Diana Russo
Grafica copertina di Francesca D’Apuzzo